Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14117 del 24/05/2021

Cassazione civile sez. II, 24/05/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 24/05/2021), n.14117

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 20908/2019 R.G. proposto da:

T.B., c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma, alla

via Principe Eugenio, n. 15, presso lo studio dell’avvocato Mauro

Michele Picciani, che lo rappresenta e difende in virtù di procura

speciale in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, c.f. 80014130928, in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

domicilia per legge.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 2564/2019;

udita la relazione nella Camera di consiglio del 14 gennaio 2021 del

consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. T.B., cittadino del Senegal, originario della regione della Casamance, formulava istanza di protezione internazionale.

2. La competente Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale respingeva l’istanza.

3. Con ordinanza del 16.1.2018 il Tribunale di Roma rigettava il ricorso proposto da T.B. avverso il provvedimento della commissione.

4. Avverso tale ordinanza T.B. proponeva appello. Non si costituiva il Ministero dell’Interno.

5. Con sentenza n. 2564/2019 la Corte di Roma dichiarava inammissibile il gravame.

Evidenziava la corte che i motivi di gravame risultavano formulati in contrasto con il canone di specificità ex art. 342 c.p.c..

Evidenziava che l’appellante non aveva svolto contestazioni specifiche in ordine alla ritenuta inattendibilità delle sue dichiarazioni, segnatamente, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. a) e b).

Evidenziava, con riferimento alla protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), che dai motivi di gravame non emergeva alcuna ragione per cui le lotte politiche interne al Senegal evocate dall’appellante avessero rilevanza con riferimento a fatti di natura strettamente privata e familiare.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso T.B.; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo, variamente articolato, la cassazione con ogni susseguente statuizione.

Il Ministero dell’Interno ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

7. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 28.7.1951, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 7,14 e 17, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19; l’omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Deduce che ha reso dichiarazioni dettagliate, circostanziate, coerenti e plausibili, non in contrasto con le risultanze delle informazioni sulla situazione del Senegal e suffragate dalla documentazione prodotta.

Deduce che la corte d’appello non ha tenuto conto che la Casamance, regione del Senegal di sua provenienza, è segnata da forte instabilità, da violenze e scontri, dalla “presenza di gruppi di banditi che pongono in essere atti comuni di criminalità finalizzati all’autosostentamento” (così ricorso, pag. 14); che tale situazione di certo si riflette nella sfera privata dei cittadini.

Deduce dunque che la corte avrebbe dovuto senz’altro accordargli la protezione sussidiaria.

8. Il motivo di ricorso è inammissibile.

9. Nella fattispecie non si controverte in ordine al riconoscimento dello status di rifugiato.

Invero il ricorrente ha dato atto dell'”assenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato” (così ricorso, pag. 14).

10. L’esperito mezzo di impugnazione non si correla alle rationes decidendi cui è ancorato il dictum della Corte d’Appello di Roma.

Tanto alla luce del raffronto tra le ragioni di censura analiticamente enunciate e le motivazioni, puntualmente esplicitate, sulla cui scorta la corte di merito ha dichiarato inammissibile il gravame.

Più esattamente il ricorrente non ha censurato, così come avrebbe dovuto, il difetto di specificità dei motivi di appello e, segnatamente, la mancata contestazione delle ragioni addotte dal primo giudice a fondamento del giudizio di non credibilità, che la corte distrettuale ha rilevato (cfr. Cass. (ord.) 10.8.2017, n. 19989, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è necessario che venga contestata specificamente la “ratio decidendi” posta a fondamento della pronuncia impugnata; Cass. 17.7.2007, n. 15952, secondo cui i motivi di ricorso per cassazione devono connotarsi, a pena di inammissibilità, in conformità ai requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata).

11. Non può non evidenziarsi, comunque, che il ricorrente invoca essenzialmente la protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), (“qualora (…) venisse rimpatriato, potrebbe correre il rischio di subire un danno grave alla propria incolumità stante la possibilità che (…) venga sottoposto alla tortura o ad altra forma di trattamento inumano o degradante”: così ricorso, pag. 14).

Del resto, con riferimento alla protezione sussidiaria ex lett. c) dell’art. 14 cit., le fonti di informazione che T.B. menziona (cfr. ricorso, pagg. 12 – 13), riferiscono che, all’esito della tregua, del 2013, tra movimenti indipendentisti e forza governative, sono attivi nella regione della Casamance “diversi piccoli gruppi armati dediti alle rapine e al narcotraffico” ed, al più, che trattasi di un “conflitto a bassa intensità”, sicchè è da escludere l’esistenza di una situazione di generalizzata ed indiscriminata violenza.

In ogni caso, limitatamente alla “sussidiaria” dell’art. 14 cit., ex lett. a) e b), il “giudicato interno” – connesso al difetto di correlazione alla ratio decidendi dell’impugnato dictum della Corte di Roma – in ordine all’inattendibilità delle dichiarazioni di T.B. preclude ogni tipo di ulteriore valutazione (cfr. al riguardo Cass. (ord.) 29.5.2020, n. 10286).

12. Con riferimento alla protezione umanitaria la corte territoriale ha dato atto che, a fronte del riscontro operato dal primo giudice circa l’insussistenza di ragioni di vulnerabilità, il richiedente asilo non aveva formulato in appello argomentazioni idonee a contrastare siffatta valutazione nè rilevava a tal fine il contratto relativo al servizio civile prestato per un solo mese.

In questi termini del tutto ingiustificato è il rilievo finale secondo cui “la Corte, così come il Tribunale, non si è in alcun modo pronunciata in merito alla richiesta protezione umanitaria” (così ricorso, pag. 15).

13. Il ricorrente, giacchè soccombente, va condannato a rimborsare al Ministero dell’Interno le spese del presente giudizio.

La liquidazione segue come da dispositivo.

14. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente, T.B., a rimborsare al Ministero dell’Interno le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2021

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