Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14116 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. I, 27/06/2011, (ud. 08/03/2011, dep. 27/06/2011), n.14116

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 27810-2005 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO SOCIETA’ INCOMET;

– intimato –

sul ricorso 30968-2005 proposto da:

FALLIMENTO INCOMET S.R.L. (C.F. (OMISSIS)), in persona del

Curatore rag. V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ANAPO 20, presso l’avvocato RIZZO CARLA, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIANCOTTI STEFANO, giusta procura a margine del

controricorso e ricorso incidentale anche condizionato;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 2143/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 06/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/03/2011 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale; rigetto del primo motivo del ricorso incidentale;

assorbito, in subordine rigetto del secondo motivo del ricorso

incidentale.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Ministero della Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate ricorrono per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli che – confermando la sentenza del Tribunale di Napoli del 10 ottobre 2003 – ha rigettato la domanda, proposta nel giugno 1998 dall’Ufficio Provinciale I.V.A. di Napoli, di ammissione tardiva al passivo del Fallimento della INCOMET s.r.l., dichiarato nel gennaio 1990, di un proprio credito nei confronti della società fallita. La Corte di merito ha ritenuto che la domanda di ammissione al passivo doveva essere presentata dalla Amministrazione Finanziaria sulla base del ruolo e della notifica della cartella di pagamento, che costituiscono il titolo della pretesa tributaria; e che, in mancanza del tempestivo (cioè entro il termine quinquennale di decadenza previsto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 20) espletamento di tali formalità, l’accertamento del credito erariale compiuto nella specie dal giudice tributario, risultante dalla documentazione prodotta (sentenza della Comm. Trib. di primo grado che ha ricettato il ricorso proposto dalla società in bonis avverso gli avvisi di accertamento di maggiori imposte e irrogazione sanzioni per gli anni dal 1977 al 1980 e sentenza della Comm. Trib. di 2^ grado, passata in giudicato nel marzo 1993, che ha rigettato l’appello proposto dal Curatore), non è sufficiente per consentire l’insinuazione della somma al passivo fallimentare. Le Amministrazioni ricorrenti censurano tale statuizione, lamentando che essa violerebbe il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 51 là dove dispone che l’esattore può, non deve, procedere alla esecuzione fiscale contro il fallimento secondo le disposizioni contenute in tale fonte normativa, potendo invece, come gli altri creditori, insinuarsi al passivo; ed in tal caso (oltre a non applicarsi i termini previsti dalla legge per l’esecuzione esattoriale) il suo titolo giustificativo ben potrebbe essere costituito dagli avvisi di accertamento in atti – confermati da sentenza del giudice tributario di secondo grado passata in giudicato -, costituenti peraltro titolo esecutivo per gli interi importi accertati a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 1, lett. c,; senza la necessità, a tal fine, di emettere il. ruolo, come del resto risulterebbe confermato dal disposto del D.M. 28 dicembre 1989, art. 19 come modificato dal D.M. 11 maggio 1990 (che prevede la formazione del ruolo dopo la definitiva ammissione del credito al passivo), emesso in attuazione del D.P.R. n. 43 del 1988, art. 67, comma 2, lett. b) relativo alla riscossione coattiva delle tasse e delle imposte indirette.

La questione controversa è dunque se, nel quadro normativo vigente al momento della presentazione dell’istanza di ammissione, questa dovesse essere o non preceduta dalla iscrizione a ruolo dei crediti erariali azionati e dalla notifica della cartella di pagamento. La questione non è nuova nella giurisprudenza di questa Corte, che ha di regola affermato la necessità della previa iscrizione a ruolo e notifica della cartella al curatore del fallimento, sempre però, a quanto consta, ponendola in collegamento con la giurisdizione esclusiva sulla pretesa tributaria spettante al giudice tributario, e quindi con la finalità (costituente anche la ratio della ammissione con riserva prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 45, comma 2) di consentire al curatore, proponendo impugnazione avverso il ruolo, di sottoporre al giudice competente le proprie eventuali difese avverso quella pretesa, delle quali il giudice fallimentare non può conoscere (cfr. tra le tante Cass. n. 6032/1998; n. 23001/2004).

Nella stessa prospettiva – anche se con diverso approdo – si muove Cass. n. 13027/2004, che ha escluso la necessità della iscrizione a ruolo per l’ammissione al passivo nel caso (previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972. art. 60, comma 6) del credito per omesso versamento della imposta risultante dalla dichiarazione annuale, sul rilievo che la dichiarazione I.V.A., se non seguita dall’emanazione di un atto di rettifica dell’amministrazione finanziaria o dalla correzione della dichiarazione stessa, esaurisce da sola la fattispecie dell’accertamento dell’obbligazione tributaria e, nella ipotesi di inadempimento del contribuente, costituisce titolo per la riscossione della imposta liquidata con la dichiarazione, e quindi documento sufficiente per chiedere ed ottenere l’ammissione al passivo fallimentare. L’analogia di condizione giuridica con la pur diversa fattispecie in esame – nella quale parimenti si è dinanzi ad atti definitivi di accertamento del credito tributario azionato – appare evidente; si che, nella prospettiva indicata, dovrebbe escludersi – coerentemente peraltro con il richiamato disposto della norma regolamentare del D.M. 28 dicembre 1989, art. 19 – che nella specie la iscrizione a ruolo e la notifica della cartella costituissero presupposti indefettibili della ammissione al passivo.

A tale conclusione può tuttavia opporsi la tipicità degli atti procedimentali attraverso i quali l’ente impositore procede alla riscossione dei crediti erariali di natura tributaria, secondo la previsione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 1 che contemplava l’iscrizione delle somme a ruolo quale indispensabile strumento per la riscossione coattiva (dopo la riforma iniziata con il D.Lgs. n. 43 del 1988 anche per la quasi totalità delle imposte indirette, tra le quali l’i.v.a.), riscossione coattiva nel cui ambito deve collocarsi anche la liquidazione e ripartizione dell’attivo del fallimento, con l’attività propedeutica e strumentale al soddisfacimento delle pretese creditorie costituita dalla formazione del passivo. Se, come autorevole dottrina afferma, anche la somma liquidata nell’atto di accertamento definitivo diviene esigibile solo con l’iscrizione a ruolo, tale incombente non può essere omesso dalla amministrazione finanziaria che intenda partecipare alla espropriazione collettiva, ancorchè sulla base di atti definitivi di accertamento del suo credito.

Vi è però da tener presente che, nel caso in esame, ad agire per la riscossione coattiva del credito tributario è stata direttamente l’amministrazione finanziaria titolare del credito, non l’esattore o il concessionario del servizio al quale le norme procedimentali sopra ricordate attribuiscono l’attività di riscossione coattiva del credito stesso. Ove non si ritenesse pregiudizialmente l’inammissibilità dell’azione esecutiva nella specie intrapresa senza l’intervento del concessionario cui è per legge affidata (la rigida tipicità degli atti e delle forme del procedimento di riscossione condurrebbe ad affermarlo, anche d’ufficio in assenza di deduzione di parte circa la questione di legittimazione: cfr. sul punto Cass. n. 13695/2001; n. 6169/2003; n. 11837/2007), e quindi si ritenesse che la previsione di legge dell’espletamento dell’attività di riscossione mediante concessionario non priva il titolare del credito tributario della legittimazione ad agire direttamente, resterebbe pur sempre da verificare la compatibilità di tale assunto con la indispensabilità, anche nel caso di azione diretta, della previa iscrizione del credito a ruolo, che, secondo la definizione data dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 10 (come modificato dal D.Lgs. n. 46 del 1999) e recepita dalla giurisprudenza di questa corte, è l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario.

Poichè la questione come sopra sintetizzata, non risultante specificamente affrontata dalla giurisprudenza di questa corte sotto i profili qui evidenziati, deve considerarsi, pur se in parte correlata a norme non più vigenti, di massima importanza, investendo i modi e le forme della attività di riscossione coattiva dei crediti erariali di natura tributaria in sede concorsuale, si ritiene necessario rimettere gli atti al Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione, perchè valuti l’opportunità dell’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

P.Q.M.

La Corte dispone la rimessione degli atti al Primo Presidente della Corte per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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