Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14116 del 24/05/2021

Cassazione civile sez. II, 24/05/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 24/05/2021), n.14116

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 22698/2019 R.G. proposto da:

B.Y., c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliato, con

indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Napoli, alla via G. Porzio,

Centro Direzionale, is. G1, sc. “C”, presso lo studio dell’avvocato

Clementina Di Rosa, che lo rappresenta e difende in virtù di

procura speciale in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, c.f. (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

domicilia per legge.

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Salerno dei 11/14.6.2019;

udita la relazione nella Camera di consiglio del 14 gennaio 2021 del

consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. B.Y., cittadino della Costa d’Avorio, di religione musulmana, formulava istanza di protezione internazionale.

Esponeva che aveva lasciato il suo paese d’origine onde sottrarsi alle minacce, alle violenze, alle discriminazioni cui era esposto in quanto omosessuale; che d’altra parte i comportamenti omosessuali possono acquisire in Costa d’Avorio rilevanza penale.

2. La competente Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale rigettava l’istanza.

3. Con decreto in data 11/14.6.2019 il Tribunale di Salerno respingeva il ricorso proposto da B.Y. avverso il provvedimento della commissione.

4. Avverso tale decreto ha proposto ricorso B.Y.; ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.

Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente ai soli fini dell’eventuale partecipazione alla pubblica udienza.

5. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5,6,7,8 e 14.

Deduce che ha riferito con dichiarazioni dettagliate la sua tragica e dolorosa vicenda.

Deduce che ha errato il tribunale a negargli lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria.

Deduce in Costa d’Avorio esiste una situazione di indiscriminata violenza, come risulta dal portale del Ministero degli Esteri “(OMISSIS)”, dal rapporto di “Amnesty International” del 2017/2018 e dal “World Report 2018” di “Human Rights Watch”.

6. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Deduce che ha errato il tribunale a negargli la protezione umanitaria.

Deduce in particolare che, qualora rimpatriato, verserebbe in condizioni di elevata vulnerabilità, soggettiva ed oggettiva, in considerazione della sua giovane età, dell’assenza di legami sociali, dell’insicurezza sociale e della sistematica violazione dei diritti umani che si registra nel suo paese d’origine, delle violenze sofferte nei paesi di transito.

7. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1 bis; l’omessa istruttoria ex officio.

Deduce che il tribunale, onde acclarare la situazione sociopolitica attualmente esistente in Costa d’Avorio, si è ingiustificatamente astenuto dall’esercizio dei poteri istruttori officiosi e ha fatto leva su fonti non aggiornate.

Deduce che, così come risulta dal portale del Ministero degli Esteri “(OMISSIS)”, dal rapporto di “Amnesty International” del 2016/2017 e dal “World Report 2018” di “Human Rights Watch”, la situazione sociopolitica in Costa d’Avorio è allo stato caratterizzata da forte instabilità, da una grave emergenza socio-sanitara e da violenza diffusa e generalizzata riconducibile all’azione di gruppi terroristici di matrice islamica.

8. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Deduce che il tribunale ha del tutto omesso l’esame di una serie di circostanze – ossia della sua giovane età, dell’assenza di legami sociali e della diffusa insicurezza che si registra nel suo paese d’origine, del percorso di integrazione in atto nel tessuto socioeconomico italiano – idonee a dar conto che verserebbe, qualora rimpatriato, in condizioni di particolare vulnerabilità, soggettiva ed oggettiva.

9. I rilievi, che la delibazione dei motivi di ricorso postula, tendono, per ampia parte, a sovrapporsi e a riproporsi; il che suggerisce la disamina simultanea degli esperiti mezzi di impugnazione, mezzi che, in ogni caso, sono da rigettare.

10. In verità il tribunale non ha dubitato delle dichiarazioni rese da B.Y. in ordine alla sua omosessualità. E però ha posto in risalto che non si era acquisito alcun riscontro di atti di persecuzione ai suoi danni.

In ogni caso il tribunale ha specificato che in Costa d’Avorio si registra la presenza di numerosi credi religiosi e che la Costituzione garantisce la laicità dello Stato; che conseguentemente era da escludere il pericolo di persecuzioni ovvero di trattamenti inumani e degradanti (“la Costa d’Avorio è considerata un rifugio relativamente sicuro per gli omosessuali nella regione dell’Africa occidentale”: così decreto impugnato, pag. 9).

11. Evidentemente, in questi termini, il tribunale ha atteso ad un apprezzamento “di fatto” in toto esente, nel solco della previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed alla luce dell’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, da qualsivoglia forma di “anomalia motivazionale”.

In maniera ineccepibile e congrua, dunque, il tribunale ha denegato il riconoscimento e dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2014, art. 14, ex lett. a) e b).

Inoltre non vi era ragione alcuna chè il tribunale si avvalesse dei suoi poteri di cooperazione istruttoria.

12. Vero è, certo, che anche i c.d. soggetti non statuali possono considerarsi responsabili della persecuzione o del danno grave, ove lo Stato, i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, comprese le organizzazioni internazionali, non possano o non vogliano fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi (cfr. Cass. (ord.) 1.4.2019, n. 9043).

E tuttavia, seppur in tema di protezione umanitaria, il tribunale ha puntualizzato che il ricorrente non aveva riferito di episodi di violenza o minaccia ai suoi danni.

13. In tema di protezione sussidiaria, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), implica – analogamente – un apprezzamento “di fatto” rimesso al giudice del merito, censurabile in cassazione nei limiti consentiti dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. 21.11.2018, n. 30105; Cass. (ord.) 12.12.2018, n. 32064).

14. In questi termini, del pari nel solco dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed alla luce dell’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite, si osserva quanto segue.

Da un canto, similmente, nessuna “anomalia” inficia le motivazioni alla stregua delle quali il tribunale ha disconosciuto la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. c).

Il tribunale, in particolare, ha evidenziato che il report “E.A.S.O.”, risalente al marzo 2019, dava atto al più di episodi di criminalità comune e di attacchi terroristici del tutto sporadici, non già, pur nella regione di provenienza del ricorrente, di situazioni di violenza indiscriminata; che del resto dopo la crisi degli anni 2010/2011 era stata avviata in Costa d’Avorio un’oculata politica di pacificazione sociale.

D’altro canto, il ricorrente non adduce, così come avrebbe dovuto, a supporto delle sue prospettazioni fonti di informazione recenti, specifiche e puntuali sulla situazione sociopolitica attualmente esistente nella regione di sua provenienza della Costa d’Avorio (cfr. Cass. 18.2.2020, n. 4037, secondo cui, in tema di protezione internazionale, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate).

Si tenga conto che le informazioni (“Country of Origin Information”) pertinenti e aggiornate al momento della decisione (ovvero ad epoca ad essa prossima), da richiedersi agli enti a ciò preposti, non possono desumersi dal sito ministeriale “(OMISSIS)”, il cui scopo e funzione non coincidono, se non in parte, con quelli perseguiti nei procedimenti in materia di protezione internazionale (cfr. Cass. (ord.) 12.5.2020, n. 8819; Cass. (ord.) 24.9.2012, n. 16202).

15. Vero è senza dubbio che, in tema di concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, la condizione di “vulnerabilità” del richiedente deve essere verificata caso per caso, all’esito di una valutazione individuale della sua vita privata in Italia, comparata con la situazione personale vissuta prima della partenza ed alla quale si troverebbe esposto in caso di rimpatrio, non potendosi tipizzare le categorie soggettive meritevoli di tale tutela che è invece atipica e residuale, nel senso che copre tutte quelle situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento dello status di “rifugiato” o della protezione sussidiaria, tuttavia non possa disporsi l’espulsione (cfr. Cass. 15.5.2019, n. 13079; cfr. Cass. 23.2.2018, n. 4455).

16. Nondimeno, su tale scorta, non può che rappresentarsi quanto segue.

Per un verso, il tribunale ha posto in risalto che non si aveva riscontro di peculiari situazioni di vulnerabilità cui il ricorrente sarebbe stato esposto in ipotesi di rimpatrio (cfr. decreto impugnato, pag. 11).

Per altro verso, le ragioni di censura che propriamente il secondo ed il quarto motivo di impugnazione veicolano, sollecitano, al più, questa Corte a far luogo ad una diversa “lettura” delle risultanze di causa.

E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).

17. Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente, ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione. Di fatto dunque non ha svolto alcuna difesa. Nessuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio va pertanto assunta.

18. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2021

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