Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14115 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. III, 27/06/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 27/06/2011), n.14115

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14077-2009 proposto da:

N.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avvocato SEPE MARIO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO DI (OMISSIS), (OMISSIS), in

persona dell’Amministratore pro tempore Geom. R.A.,

considerato domiciliato “ex lege” in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIANFRANCESCHI MARCO giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

C.A., + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

nonchè da:

VITTORIA ASSICURAZIONI S.P.A. (OMISSIS), in persona

dell’Amministratore Delegato Rag. G.R., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio

dell’avvocato MARCELLI GIORGIO, che la rappresenta e difende giusta

delega in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

C.A., + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

avverso la sentenza n. 476/2008 della CORTE D’APPELLO di GENOVA –

SECONDA SEZIONE CIVILE, emessa il 18/3/2008, depositata il 18/4/2008,

R.G.N. 77/98 + 80/98;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito l’Avvocato GIORGIO MARCELLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

FEDELI Massimo che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. N.G. – in relazione a controversia per il risarcimento dei danni causati alla propria ditta individuale dall’allagamento da liquami fuoriusciti dalla colonna di scarico del Condominio – propone ricorso per cassazione (notificato il 3.6.2009), sulla base di due motivi, avverso la sentenza della Corte di Appello di Perugia depositata il 18 aprile 2008, che, per quanto rileva in questa sede, a. ha condannato il Condominio a pagargli il controvalore in Euro di L. 236.573.510, oltre IVA 19% su L. 143.000.000e L. 17.382.310 oltre ad IVA, oltre interessi legali; b.

ha dichiarato la Vittoria Assicurazioni tenuta a manlevare il Condominio nella misura dell’88% dal pagamento delle predette somme al N..

2.1. Col primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e chiede alla Corte “se la rivalutazione monetaria dell’importo liquidato per equivalente ai sensi dell’art. 2058 c.c. nelle obbligazioni risarcitorie da fatto illecito comportante responsabilità extracontrattuale debba considerarsi compreso nella richiesta generica di risarcimento di tutti i danni derivanti dal fatto stesso in ogni stato e grado del processo, per il periodo compreso tra la data della produzione del danno e la data della sua liquidazione, come effetto della natura del credito di valore di per sè sottratto al rischio da svalutazione poichè il suo importo in moneta deve essere determinato, al momento della liquidazione, in corrispondenza ad un valore economico reale”.

2.2. In via subordinata, con il secondo motivo, deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2058 e 1223 c.c. e chiede alla Corte “”se la rivalutazione monetaria dell’importo liquidato per equivalente ai sensi dell’art. 2058 c.c. nelle obbligazioni risarcitorie da fatto illecito comportante responsabilità extracontrattuale debba essere accordata anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo, per il periodo compreso tra la data della produzione del danno e la data della sua liquidazione, come effetto della natura del credito di valore di per sè sottratto al rischio da svalutazione poichè il suo importo in moneta deve essere determinato, al momento della liquidazione, in corrispondenza ad un valore economico reale”.

2.3. Con controricorso consegnato per la notifica il 10 – 22 luglio 2009, la Vittoria Assicurazioni resiste al predetto ricorso, deducendone l’inammissibilità e propone ricorso incidentale sulla base dei due seguenti motivi :

2.3.1. Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, 4 e 5 e chiede alla Corte “se sia conforme a diritto che il giudice di merito, una volta accertata l’operatività della garanzia contrattualmente prestata dall’assicuratore ed ove il contratto stipulato tra le parti risulti regolarmente depositato e/o acquisito agli atti della causa, sia tenuto d’ufficio a verificare anche i limiti massimali della garanzia, costituenti ex lege un elemento essenziale del contratto e nel disporre la liquidazione del danno in accoglimento della domanda di manleva, sia tenuto a non valicare i limiti predetti in difetto di specifica domanda, anche sotto il profilo di eventuale e supposta mala gestio da parte dell’assicurato;

2.3.2. Violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 2042 c.c., nonchè artt. 287 e 288 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, e chiede alla Corte “se sia conforme a diritto che il giudice dell’appello, Pur in difetto di specifica impugnazione, e pur mostrando di avere effettivamente verificato che il giudice di primo grado, nel liquidare il danno a favore della parte che ne ha fatto domanda, abbia posto per due volte a carico della parte soccombente la medesima partita di danno, non provveda d’ufficio, con la sentenza che definisce il giudizio di appello, a modificare siffatta liquidazione, consentendo in tal modo alla parte danneggiata di conseguire un arricchimento senza causa”.

3. I ricorsi vanno riuniti, essendo stati proposti avverso la medesima sentenza.

3.1. Le due censure mosse con il ricorso principale, aventi ad oggetto la medesima questione dell’asserita omessa rivalutazione del risarcimento, possono trattarsi congiuntamente. Esse si rivelano inammissibili. Infatti, deve essere ribadita, nella fattispecie l’applicazione del principio secondo il quale la regola per cui la rivalutazione monetaria costituisce una componente essenziale del credito di “valore”, che deve essere liquidata anche d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del giudizio, senza necessità di specifica domanda del creditore, va coordinata con le norme che concernono la formazione del giudicato; ne consegue che, ove la sentenza di primo grado abbia negato, esplicitamente o implicitamente, il diritto alla rivalutazione, è indispensabile, onde impedire che il giudicato precluda al giudice di secondo grado l’esercizio del potere ufficioso, l’impugnazione sul punto ad opera della parte soccombente, non potendosi considerare sufficiente, a tal fine, il gravame proposto dalla controparte, atteso che i poteri del giudice del gravame sono correlati esclusivamente all’ambito dell’impugnazione secondo il principio tantum devolutum quantum appellatimi e stante la vigenza del divieto di reformatio in peius della sentenza in danno dell’unico impugnante (vedi, tra le numerose decisioni conformi: Cass. 23 luglio 2010, n. 17353; 26 marzo 2010 n. 7395; 15 luglio 2009 n. 16484; 20 gennaio 2005, n. 1112; 10 febbraio 2000, n. 1496; 6 aprile 1999, n. 3330; S.U. 13 febbraio 1997 n. 1322;

15 gennaio 1996 n. 275). Orbene, nel caso in esame, la stessa prospettazione della questione si basa sulla mancata deduzione della richiesta di adeguamento monetario in appello; nè la trattazione dei motivi ed i relativi quesiti mettono in grado la Corte d’individuare quale fosse stato l’effettivo parametro temporale adottato nella liquidazione del danno dal giudice di merito (in sostanza, quello di primo grado, perchè la Corte territoriale si è limitata a ridurre l’importo del lucro cessante). Proprio con riguardo alla rivalutazione ed ai fini dell’ammissibilità dei motivi di ricorso, questa Corte ha affermato che, poichè l’interesse processuale all’impugnazione deve essere concreto e non teorico e va provato dal ricorrente, questi deve necessariamente indicare quale rivalutazione avrebbe dovuto essere correttamente effettuata, solo così potendo dimostrare che quella operata dal giudice sia quantitativamente inferiore e, quindi, far risaltare il suo interesse alla censura (argomento desumibile da Cass. n. 376 del 2005, in motivazione).

3.2. Data l’inammissibilità del ricorso principale, si rivela inammissibile anche quello incidentale, tardivamente proposto (consegnato per la notifica a mezzo posta il 10 – 22 luglio 2009) , rispetto al termine lungo (scaduto il 3 giugno 2009) per l’impugnazione della sentenza d’appello (depositata il 18 aprile 2008). Si deve ribadire, al riguardo, che l’unica conseguenza sfavorevole dell’impugnazione cosiddetta “tardiva” è che essa perde efficacia se quella principale viene, come nella specie, dichiarata inammissibile (da ultimo, Cass. n. 15483/08; conf. Cass. n. 7827/90).

3.3. Pertanto, i ricorsi vanno dichiarati entrambi inammissibili.

Tenuto conto della reciproca soccombenza, le spese del presente giudizio vanno compensate integralmente tra le parti.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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