Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14115 del 04/06/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 14115 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: CARRATO ALDO

SENTENZA

— domanda
riconvenzionale di
usucapione

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 21598/11) proposto da:
DE MATTEIS FEDERICA (C.F.: DMT FRC 57P67 H4345), rappresentata e difesa, in forza
di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Giovanni Conti ed elettivamente domiciliata
presso il suo studio, in Roma, via F. Valesio, n. 1 (corna da comunicazione di
trasferimento in atti);

– ricorrente –

contro
MASCIARELLI MARIA LUDOVICA (C.F.: MSC MLD 44A42 E811D), rappresentata e
difesa, in virtù di procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv.ti Paolo Panariti e
Potito Maria Pasquarella ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Roma,
via Celimontana, n. 38;

– contro ricorrente —

Avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila n. 188/2011, depositata il 2 febbraio
2011 (e non notificata);

Data pubblicazione: 04/06/2013

udita la relazione della causa svolta nell’udienza camerale del 9 aprile 2013 dal
Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
uditi gli Avv.ti Giovanni Conti, per la ricorrente, e Alessandro Ardizzi (per delega)
nell’interesse della controricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

declaratoria di assorbimento dei residui motivi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 5 novembre 2001 la signora Masciarelli Maria Ludovica
conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Sulmona, la signora De Matteis Federica e,
sulla premessa di aver acquistato, dalla s.r.l. C.E.R. il 7 novembre 1981, un locale sito in
Roccaraso, adibito a negozio, sul presupposto che la De Matteis lo deteneva “sine titulo”,
chiedeva che la stessa convenuta venisse condannata al rilascio di detto immobile ed a
pagarle un indennizzo commisurato al periodo di abusiva occupazione. Si costituiva in
giudizio la De Matteis, la quale resisteva alla domanda, deducendo di aver acquistato
l’immobile dalla stessa società antecedentemente nel 1979 (senza che, però, per
l’opposizione dell’alienante, fosse stato possibile stipulare l’atto scritto di trasferimento) e
proponendo, comunque, domanda riconvenzionale per il riconoscimento dell’accertamento
dell’intervenuto acquisto della proprietà del bene a titolo di usucapione, avendolo
posseduto per oltre venti anni. Il Tribunale adito, con sentenza n. 188 del 2005, accoglieva
la richiamata domanda riconvenzionale, rigettando, di conseguenza, quella principale,
adottando le correlate statuizioni con riferimento all’ordine di trascrizione e alla regolazione
delle spese processuali.
Interposto appello da parte della Masciarelli e nella costituzione dell’appellata, la Corte di
appello di L’Aquila, con sentenza n. 188 del 2011, accoglieva il gravame e, per l’effetto,
condannava la De Matteis al rilascio, in favore dell’appellante, del bene dedotto in
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Lucio Capasso, che ha concluso per l’accoglimento dei primi tre motivi del ricorso, con

controversia, con la ulteriore condanna della stessa al pagamento della somma di euro
25.000,00, oltre interessi legali dalla pronuncia al saldo e alla rifusione delle spese del
doppio grado di giudizio. A sostegno dell’adottata decisione, la Corte abruzzese rilevava
che la De Matteis si sarebbe dovuta considerare una mera detentrice dell’immobile in
questione poiché aveva ricevuto la sua disponibilità materiale sulla base di una mera

idoneamente l’intervenuta “interversio possessionis”, ragion per cui difettava il
presupposto essenziale per la configurazione della domanda di usucapione (invece
accolta in primo grado), che, pertanto, era da rigettare, con il conseguente accoglimento
del’appello della Masciarelli che aveva comprovato il suo diritto di proprietà sull’immobile.
Avverso la suddetta sentenza della Corte di appello di L’Aquila ha proposto ricorso per
cassazione la De Matteis Federica, riferito a tredici motivi, in ordine al quale si è costituita
in questa fase con controricorso l’intimata Masciarelli Maria Ludovica. Il difensore della
ricorrente ha anche depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c. .
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto la falsa applicazione dell’art. 1351 c.c. (ai
sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.) nonché l’erronea e contraddittoria applicazione del diritto
vivente di cui alla sentenza delle Sezioni unite n. 7930 del 2008. In particolare, con tale
doglianza, la difesa della De Matteis ha sostenuto che la sentenza impugnata non avrebbe
potuto applicare al negozio nullo le regole di un contratto valido e di diversa natura (quale
quello preliminare ad effetti anticipati, di cui alla citata sentenza delle Sezioni unite),
ricorrendo illogicamente all’argomento in base al quale, se non si può parlare di possesso
in caso di valido preliminare, a maggior ragione non si può ipotizzarlo nel caso in cui non
sia stato nemmeno concluso un contratto (come nella specie).
2. Con il secondo motivo la ricorrente ha denunciato la violazione dell’art. 1158 c.c. in
relazione all’art. 1350 c.c., nonché l’omessa motivazione in ordine alla ritenuta
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convenzione verbale (come tale nulla), senza che la stessa avesse dimostrato

insussistenza del possesso in capo alla stessa. Nello specifico, la difesa della De Matteis
non aveva motivato — incorrendo, altresì, nella violazione delle indicate norme codicistiche
— su quali elementi autorizzassero le analogie con il contratto preliminare ad effetti
obbligatori ed escludessero l’indagine sull’esistenza, nella fattispecie, di un contratto
definitivo ad effetti reali, poiché, in virtù di tale accertamento, dipendeva la richiesta

nullo per difetto di forma.
3. Con il terzo motivo la ricorrente ha prospettato la violazione dell’art. 1158 c.c., la falsa
applicazione dell’art. 1164 c.c. in relazione agli art.. 1326 e 1376 c.c., nonché la falsa
applicazione degli artt. 1803 e 1813 c.c., in uno al vizio di omessa motivazione, sul
presupposto che se si fosse accertato che la convenzione intervenuta tra la stessa De
Matteis e la s.r.l. C.E.R., seguita dalla consegna del bene e dal saldo del prezzo,
costituivano, in astratto, un contratto di compravendita ad effetti traslativi, non sarebbe
occorsa la prova dell’interversione del possesso da parte della medesima ricorrente.
4. Con il quarto motivo la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per violazione e
falsa applicazione degli artt. 1362 e 2735 c.c. in relazione agli artt. 1021 e 1158, nonché
per omessa e contraddittoria motivazione, avuto riguardo all’esclusione della
configurazione del possesso in capo ad essa anche se qualificata come “usuaria” del
locale (per come dichiarato con confessione stragiudiziale dall’alienante nel successivo
contratto di compravendita stipulato con la Masciarelli: cfr. art. 5 rogito notarile), avendo la
Corte territoriale illegittimamente ritenuto che tale termine fosse stato utilizzato
impropriamente per porre richiamo alla situazione di abusiva occupazione in cui versava la
De Matteis.
5. Con il quinto motivo la ricorrente ha dedotto la violazione degli artt. 1141, 1144, 1158,
2697, 2728 c.c., nonché dell’art. 116 c.p.c., congiuntamente al vizio di omessa
motivazione, con riferimento alla circostanza che la Corte non aveva valutato che il
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verifica dell’esistenza di un possesso idoneo all’usucapione pur in presenza di un contratto

godimento prolungato per un notevole tempo non è ordinariamente compatibile con la
mera tolleranza (che, peraltro, avrebbe dovuto provare la Masciarelli) e non aveva tenuto
conto, ai fini del computo del ventennio necessario per l’usucapione, del periodo intercorso
tra il gennaio 1979 (allorquando era avvenuta la consegna delle chiavi in favore della
ricorrente) e la stipula del rogito intervenuto tra la CER e la Masciarelli nel novembre 1981,

successivamente decorso per 19 anni, 11 mesi e 23 giorni.
6. Con il sesto motivo la ricorrente ha denunciato (ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.) il vizio di
omessa motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio riguardante
l’avvenuto accertamento della circostanza che la stessa aveva interamente saldato il
prezzo del locale al momento del trasferimento attuato nel 1979 ancorché senza
l’adozione della forma scritta.
7. Con il settimo motivo la ricorrente ha dedotto la falsa applicazione dell’art. 1164 c.c. in
relazione all’art. 1142 c.c., nonché l’omessa motivazione sulla necessità di atti di
interversione del possesso nei confronti della Masciarelli, successiva acquirente
dell’immobile dedotto in giudizio.
8. Con l’ottavo motivo la De Matteis ha prospettato la violazione dell’art. 1140 c.c.
congiuntamente alla contraddittorietà della motivazione, in ordine alta circostanza che la
sentenza impugnata aveva definito atti di esercizio del possesso quelli della stessa
ricorrente, escludendo, però, che essi fossero sufficienti a palesare la sua intenzione di
sostituire l’ “animus detinendi” con l'”animus possidendi”.
9. Con il nono motivo la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per insufficiente
motivazione in ordine alla mancata valutazione delle complessive risultanze probatorie
(con particolare riguardo all’esercizio del possesso sull’immobile, da parte della stessa, fin
dal 1979).

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pari ad anni due e mesi dieci, che si sarebbe dovuto cumulare con il lasso temporale

10. Con il decimo motivo la ricorrente ha dedotto la violazione del principio “res inter alios
acta”, in uno alla falsa applicazione dell’art. 1372 c.c. ed al vizio di omessa e
contraddittoria motivazione, avuto riguardo alla conferita rilevanza degli avvisi di
convocazione inviati dall’amministratore del condominio alla Masciarelli.
11. Con i tre ultimi motivi la De Matteis ha prospettato tre ulteriori vizi motivazionali

12. Deve essere preliminarmente respinta l’eccezione di assunta nullità ed inammissibilità
del controricorso formulata nell’interesse della ricorrente nella memoria difensiva
depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., sul presupposto della prospettata invalidità della
notifica di tale atto in relazione all’art. 11 della legge n. 53 del 1994 e della risultante
appartenenza della pag. 4 del medesimo controricorso ad altro atto estraneo al giudizio in
questione. In proposito, il collegio evidenzia che quest’ultima circostanza non incide
decisivamente sulla comprensibilità dell’atto difensivo e non è idoneo, quindi, a
determinare una lesione del diritto di difesa della controparte, mentre, con riferimento alla
supposta nullità della notificazione, il difensore della Masciarelli ha dimostrato, attraverso il
deposito (eseguito ritualmente ai sensi dell’art. 372 c.p.c.) di copia dell’originale del
controricorso e dell’originale della busta postale di notifica, di aver osservato gli
adempimenti prescritti dalla suddetta legge 21 gennaio 1994, n. 53.
13. Ciò posto, rileva il collegio che i primi tre motivi, esaminabili insieme al quinto, siccome
strettamente tra loro connessi sul piano logico-giuridico, sono fondati e devono, pertanto,
essere accolti nel termini che seguono.
In primo luogo occorre porre in risalto che appare del tutto inconferente l’applicazione,
operata dalla Corte territoriale, ad un contratto traslativo nullo per difetto di forma delle
regole disciplinanti un valido contratto preliminare improprio con effetti anticipati, oggetto
della decisione adottata dalle Sezioni unite di questa Corte con la richiamata sentenza n.
7930 del 2008, dal momento che, nella fattispecie dedotta in giudizio, si versava —
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attinenti all’apprezzamento di una serie di altre emergenze probatorie.

pacificamente – nel caso di un contratto di vendita di un immobile nullo perché non
concluso in forma scritta, malgrado fosse intervenuto il pagamento del prezzo. Pertanto, la
Corte abruzzese non avrebbe potuto estendere ad un negozio nullo di compravendita la
disciplina di un contratto valido e di diversa natura, ricorrendo all’argomento (valorizzato “a
fortiori”) in base al quale, se si fosse dovuto considerare mero detentore colui che

vendita, si sarebbe dovuto escludere, a maggior ragione, che potesse essere qualificato
possessore colui che riceva la consegna di un bene della stessa natura sulla base di una
mera convenzione verbale, affetta da nullità assoluta (per violazione dell’ad .1351 c.c.),
che non avrebbe potuto produrre neppure gli effetti obbligatori propri di un contratto
preliminare.
Così argomentando (e riconducendo la situazione riconoscibile in capo alla ricorrente a
quella di una mera detentrice), la Corte di secondo grado — così come idoneamente
prospettato con il secondo ed il terzo motivo del ricorso della De Matteis — ha trascurato il
rilevante principio secondo cui il possesso può trovare la sua fonte anche in un atto nullo,
poiché la circostanza che la “traditio” venga eseguita in virtù di un contratto che, pur
invalido, risulta comunque diretto a trasferire la proprietà del bene, costituisce elemento
idoneo a poter far ritenere che il rapporto instauratosi tra l'”accipiens” e la “res tradita” sia
sorretto dall'”animus rem sibi habendi” (cfr. Cass. n. 815 del 1999 e Cass. n. 14395 del
2004), valorizzandosi anche l’operatività della presunzione prevista dall’art. 1141, comma
1, c.c., che riconosce — ove non sia offerta una prova contraria sull’inizio dell’esercizio
della relazione di fatto a titolo di detenzione — l’applicabilità, per l’appunto, della
presunzione della sussistenza del possesso in capo a colui che esercita il potere di fatto
sul bene.
In tal senso, perciò, la Corte aquilana ha disatteso l’orientamento costante della
giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n. 15755 del 2001; Cass. n. 15145 del 2004 e, da
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consegua la consegna di un bene immobile in virtù di un valido contratto preliminare di

ultimo, Cass. n. 14092 del 2010), alla stregua del quale chi agisce in giudizio per essere
dichiarato proprietario di un bene, affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di
tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e, quindi, non solo del
“corpus”, ma anche dell'”animus”; quest’ultimo elemento, tuttavia, può eventualmente
essere desunto in via presuntiva dal primo, se vi è stato svolgimento di attività

dimostrare il contrario, provando che la disponibilità del bene è stata conseguita dall’attore
mediante un titolo che gli conferiva un diritto di carattere soltanto personale. Pertanto, per
stabilire se in conseguenza di una convenzione (anche se nulla per difetto di
requisiti di forma) con la quale un soggetto riceve da un altro il godimento di un
immobile si abbia possesso idoneo all’usucapione, ovvero mera detenzione,
occorre fare riferimento all’elemento psicologico del soggetto stesso ed a tal fine
stabilire se la convenzione sia un contratto ad effetti reali o ad effetti obbligatori, in
quanto solo nel primo caso il contratto è idoneo a determinare l’animus possidendi
nell’indicato soggetto.
Di conseguenza, la Corte territoriale è incorsa nelle violazioni di legge denunciate con i
primi tre motivi avendo escluso la configurabilità di un possesso idoneo all’usucapione
ogni volta che il rapporto sottostante riconducibile ad una convenzione nulla sia affetto da
invalidità, obliterando la considerazione essenziale che il possesso si connota come una
situazione di fatto che prescinde dall’esistenza del titolo ovvero dalla ragione giustificativa
del diritto, estendendo, peraltro inappropriatamente, al caso sottoposto al suo esame il
principio stabilito con la sentenza n. 7930 del 2008 delle Sezioni unite, relativo alla diversa
fattispecie in cui ci si trova in presenza di un contratto preliminare provvisto della forma
scritta (a fronte del quale il promissario acquirente non aveva saldato il prezzo) e con la
contestuale manifestazione del consenso alla consegna anticipata del bene rispetto al
momento della stipula del contratto definitivo. Inoltre, il giudice di appello ha omesso di
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corrispondenti all’esercizio del diritto di proprietà, sicché è allora il convenuto a dover

motivare sull’animus che sorreggeva il rapporto di fatto fra la De Matteis ed il locale per il
cui trasferimento aveva corrisposto il prezzo e ricevuto la disponibilità, oltre che
sull’eventuale superamento della richiamata presunzione contemplata dal primo comma
dell’art. 1141 c.c. .
In sostanza, in linea con la giurisprudenza richiamata dalla ricorrente, deve affermarsi che

l’insorgenza del possesso in capo alla stessa, anche alla stregua delle risultanze
probatorie valorizzate dalla stessa Corte di appello (come — v. pag. 6 della sentenza
impugnata – l’avvenuto pagamento nel 1979 del prezzo pattuito per la vendita,
debitamente documentato dai bonifici ritualmente prodotti agli atti, la ricevuta consegna
contestuale del locale destinato, poi, a negozio, la compartecipazione della medesima al
pagamento degli oneri condominiali, l’avvenuto pagamento delle utenze e l’esecuzione di
opere di ordinaria e straordinaria manutenzione sull’immobile), che, invece, non sono state
valutate a tal fine (e, del resto, avrebbe dovuto essere la controparte a dimostrare che la
disponibilità del bene da parte della De Matteis era stata conseguita solo a titolo
personale), ma solo in funzione dell’intervenuta configurazione o meno dell’interversione
del possesso.
Inoltre, in accoglimento anche del quinto motivo formulato nell’interesse della De Matteis,
deve porsi in risalto come la Corte territoriale, nel ritenere apoditticamente che non
sarebbe stato neppure possibile verificare se fosse trascorso il termine ventennale
richiesto dalla legge ai fini dell’acquisto per l’usucapione, abbia omesso di motivare anche
sulla decisiva circostanza sul perché non si fosse dovuto tener conto, in funzione del
computo di detto periodo, anche dell’intervallo temporale decorso tra il gennaio 1979 (in
cui avvenne la consegna delle chiavi e del locale in favore della ricorrente, a fronte del
pagamento del prezzo e senza che avesse rilievo la circostanza che l’alienazione non
fosse stata conclusa per iscritto) ed il novembre 1981, allorquando intervenne la stipula
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l’invalidità della vendita effettuata verbalmente in suo favore non poteva impedire “a priori”

del rogito notarile di compravendita tra la s.r.l. C.E.R. e la Masciarelli (che, poi, ha
intrapreso la causa di rilascio dell’immobile nei confronti della De Matteis con la
notificazione dell’atto di citazione solo in data 26 ottobre 2011) e senza considerare come
l’inerzia nell’esercizio dell’iniziativa giudiziaria da parte della controricorrente per un lasso
temporale così rilevante fosse incompatibile con un atteggiamento di mera tolleranza. Al

che, in materia di acquisto per usucapione di diritti reali immobiliari, poiché l’uso
prolungato nel tempo di un bene non è normalmente compatibile con la mera
tolleranza, essendo quest’ultima configurabile, di regola, nei casi di transitorietà ed
occasionalità, in presenza di un esercizio sistematico e reiterato di un potere di fatto
sulla cosa, spetta a chi lo abbia subito l’onere di dimostrare che lo stesso è stato
dovuto a mera tolleranza.

14. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, devono
trovare congiuntamente accoglimento i primi tre motivi del ricorso ed il quinto (tra loro
strettamente coordinati), con il conseguente assorbimento delle altre censure ed il rinvio
della causa alla Corte di appello di Roma che, nel rivalutare gli elementi (relativi alle
doglianze ritenute fondate) in ordine ai quali la motivazione della Corte aquilana è stata
considerata carente e contraddittoria, si uniformerà all’evidenziato principio di diritto, con
riferimento alle violazioni di legge riscontrate, secondo cui, ai fini dell’usucapione, il
possesso del bene può essere acquisito anche a seguito di atto traslativo della
proprietà che sia nullo, in quanto, anche dopo l’invalido trasferimento della
proprietà, l’ “accipiens ” può possedere il bene ” animo domini “, ed anzi, proprio la
circostanza che la “traditio” sia stata eseguita in virtù di un contratto che, pur
invalido (perché non concluso nella necessaria forma scritta), era comunque volto a
trasferire la proprietà del bene, costituisce elemento idoneo a far ritenere che il

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riguardo si ricorda (cfr., da ultimo, Cass. 3404 del 2009 e Cass. n. 17339 del 2009), infatti,

rapporto di fatto instauratosi tra l’ “accipiens ” e la “res tradita ” fosse sorretto
dall”animus rem sibi habendi “.
Al giudice di rinvio è rimessa anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio

/(

di legittimità.

P.Q.M.

gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le
spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Roma.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte
Suprema di Cassazione, il 9 aprile 2013.

La Corte accoglie il primo, secondo, terzo e quinto motivo del ricorso e dichiara assorbiti

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