Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14114 del 08/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 14114 Anno 2015
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA
sul ricorso 28664-2008 proposto da:
RAI

RADIOTELEVISIONE

ITALIANA

S.P.A.

(C.F.

00925091001), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
GIULIO CESARE 21/23, presso lo studio dell’avvocato
CARLO BOURSIER NIUTTA, che la rappresenta e difende
2015
723

unitamente all’avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO,
RUBENS ESPOSITO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

DI

FRAIA

CARLO

C.F.

dfrcr172m23g964z,

già

Data pubblicazione: 08/07/2015

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE TUPINI

133,

presso lo STUDIO BRAGAGLIA & DE ZORDO, rappresentato
e difeso dagli avvocati GIULIO GOMEZ D’AYALA,
EMANUELE ANTONIO NATALE, giusta delega in atti e da
ultimo domiciliato presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

– controricorrente
avverso la sentenza n.

8127/2007

D’APPELLO di NAPOLI, depositata

della CORTE

il 30/11/2007

R.G.N.

224/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/02/2015 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato ARMENTANO ANTONIO per delega
BARBIERI NIUTTA CARLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

SUPREMA DI CASSAZIONE;

Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Napoli, notificato il 17.9.2004, Carlo Di Fraia
convenne in giudizio la Rai, Radio Televisione Italiana, affermando di
aver lavorato alle dipendenze della convenuta, presso il centro di
Produzione di Napoli, dal febbraio 1997 al luglio 2004, inquadrato come
costruttore di IV livello (ottavo livello retributivo); di aver stipulato con
la stessa, unitamente ad altri lavoratori con analoghe qualifiche,

trasmissioni televisive; tali assunzioni erano awenute dapprima ai sensi
dell’art. 1, comma 2, lett.e) della L. n. 230\62, mentre i successivi
contratti erano stati stipulati ai sensi del punto 1 della disciplina sui
contratti a tempo determinato di cui all’ipotesi di accordo 5.4.97 di
rinnovo del c.c.n.l. RAI del 6.4.95 e quindi ai sensi del c.c.n.l. 8.6.00,
ex art. 23 L. n. 56\87.
Lamentava che per nessuno dei programmi per i quali era stato
assunto era configurabile il requisito della specificità e della
temporaneità, né tanto meno quel vincolo di necessità diretta prescritto
dalla legge; che nel corso dei vari contratti era stato utilizzato per
collaborare alla realizzazione anche di altri programmi; che
relativamente agli ultimi quattro contratti, il termine era stato apposto
sulla base di una ipotesi non consentita dall’art.23 della L. 56\87; che i
vari contratti erano comunque stati stipulati per far fronte a carenze
strutturali di organico; che risultava irrilevante la conciliazione
intervenuta in sede sindacale in data 8.3.02, non contenendo alcuna
volontà abdicativa da parte del lavoratore.
Tutto ciò premesso, chiedeva al giudice adito di dichiarare che tra le
parti si era costituito, ed era ancora in essere, un rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato a far data dalla scadenza del primo
contratto; che aveva diritto a vedersi corrispondere, a decorrere dalla
costituzione in mora la normale retribuzione globale di fatto.
Costituitasi ritualmente in giudizio, la Rai s.p.a. eccepiva la prescrizione
dei crediti relativi al quinquennio antecedente la notifica del ricorso,
nonché l’inammissibilità delle domande essendo stati i contratti a
termine successivi al 1.12.97 conclusi ai sensi degli accordi sindacali
stipulati ex art. 23 L. n. 56\87, sicché l’eventuale rapporto a tempo
indeterminato doveva ritenersi comunque risolto per effetto della

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numerosi contratti (16) a tempo determinato nell’ambito di svariate

volontà novativa manifestata dalle parti nei successivi contratti a tempo
determinato; contestava comunque in fatto ed in diritto tutto quanto
dedotto in ricorso e chiedeva il rigetto della domanda, anche alla luce
della conciliazione dell’8.3.02.
Il Tribunale, ritenuta superflua ogni indagine istruttoria, accoglieva la
domanda così come articolata in ricorso, detraendo dal dovuto al
lavoratore le somme corrispostegli a titolo di indennità contrattuale per

Avverso tale sentenza, la Rai s.p.a. proponeva appello; resisteva il
lavoratore, proponendo appello incidentale.
Con sentenza depositata il 30 novembre 2007, la Corte di appello di
Napoli, rigettava l’appello principale ed accoglieva l’incidentale; per
l’effetto disponeva la correzione della data di deposito del ricorso
introduttivo indicata nella sentenza impugnata.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la RAI s.p.a., affidato
a tre motivi. Resiste il Di Fraia con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo la Rai s.p.a. denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1 e 2 L. n. 230\62; 1230 e seguenti, 1321,
1322, 1325, 1362 e seguenti, 1372, 1418, 1419, 1422, 2113, 2118 e
2697 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.). Omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della
controversia (art. 360, comma 1, n.5 c.p.c.).
1.1-Deduce in primo luogo che in data 8.3.02 la società ed il Di Fraia
stipularono un verbale di conciliazione in sede sindacale (riprodotto in
ricorso) con cui il lavoratore dichiarava di

“non avere altro da

pretendere dalla RAI per alcuna ragione, causa o titolo aventi
comunque relazione con l’attività tutta dallo stesso a qualsiasi titolo
svolta a favore della 1W fino alla data di sottoscrizione del presente
verbale, nonché con la cessazione di tale attività”; in esso si prevedeva

infine che “Con la sottoscrizione del presente verbale le parti si danno
atto della totale definizione di ogni questione inerente gli intercorsi
rapporti di lavoro a tutti gli effetti derivanti da disposizioni di legge, di
contratti ed accordi collettivi, nonché da patti indivkluali di lavord’.

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lavoro temporaneo del 35%.

Lamenta che la Corte di merito ritenne ininfluente tale transazione
quanto ai primi due contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi della
L. n. 230\62, ritenendoli poi illegittimi sulla base di una interpretazione
restrittiva di tale legge. Ciò semplicemente sulla base di quanto
dichiarato in premessa del verbale di conciliazione (ove si legge che il
Di Fraia “è stato impegnato dalla Rai, in qualità di costruttore, con vari
contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, stipulati ai sensi

Si duole che in tal modo, dichiarati illegittimi i primi contratti stipulati
ex lege n. 230\62, tutti i successivi, e la medesima transazione
stipulata tra le parti in sede sindacale, ed avente natura novativa,
sarebbero stati travolti da tale accertamento, ponendo così nel nulla
validi e liberi atti negoziali pattuiti successivamente, e da valutare
comunque, ex artt. 1362 e seguenti c.c., quale indicativo
comportamento successivo delle parti.
Formula il seguente, articolato, quesito di diritto: “La transazione, alla
stregua di tutti i contratti, va interpretata, innanzitutto, indagando
quale sia stata la comune intenzione delle parti, rilevando, a tal fine, il
comportamento complessivo di queste anche posteriore alla
conclusione del contratto – e, comunque, tenendo conto del contenuto
complessivo dell’atto e non del mero tenore letterale di singole parti di
esso, posto che le clausole del contratto si interpretano le une per
mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna di esse il senso che risulta dal
complesso dell’atto stesso.
“Pertanto, la transazione intervenuta fra le parti nella quale si concilia
avanzata dal lavoratore,
relativa all’attività tutta dallo stesso a qualsiasi titolo svolta a favore
della Rai fino alla data di sottoscrizione del presente verbale>,

si

riferisce a tutti i rapporti di lavoro antecedenti alla stipula della stessa
senza che, in senso contrario, possa deporre il mero dato letterale della
sola premessa dell’atto stesso, che fa riferimento ai soli contratti
stipulati ai sensi dell’art. 23 della legge n.56\87″.
“Infatti, posto che la premessa dell’atto transattivo va necessariamente
interpretata alla luce della ben più rilevante parte dispositiva dell’atto

e ciò alla stregua del criterio ermeneutico che impone l’interpretazione
delle clausole contrattuali l’una per mezzo delle altre al fine di ricavarne

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dell’art. 23 L. n.56\87, l’ultimo dei quali dal 5.12.01 al 21.12.01″).

il senso complessivo – la comune intenzione delle parti, per come
emerge dal complesso dell’atto, è quella di definire ogni rapporto
intercorso prima della sottoscrizione del verbale onde eliminare per il
futuro ogni possibile controversia dedotta o deducibile in relazione al
periodo pregresso. A confermare la comune intenzione delle parti di
comprendere nella ‘res transacta’ tutti i contratti precedenti alla
transazione, vale altresì il comportamento successivo delle stesse,

conciliazione, pacificamente eseguiti dalle parti, lungo un apprezzabile
lasso di tempo, prima che sia intervenuta l’impugnazione”.
“L’efficacia novativa della transazione intervenuta fra le parti risulta
dalla situazione di oggettiva incompatibilità tra i due contratti
precedenti e l’eventuale rapporto a tempo indeterminato da essi
derivante e quelli inoppugnabilmente a termine costituenti oggetto
della res transacta nonché il contratto a termine a stipularsi,
costituente posta di scambio dell’accordo transattivo. In tal caso, l’
“animus novandi” deve essere desunto per implicito dai detti fatti
concludenti”.
1.1.1- La prima parte del motivo è inammissibile. Deve infatti
evidenziarsi che, applicandosi nella specie l’art. 366 bis c.p.c. (essendo
stata la sentenza impugnata depositata nel periodo dal 2 marzo 2006 al
3 luglio 2009), “la decisione della Corte di cassazione deve essere
limitata all’oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente formulati,
rispetto ai quali il motivo costituisce l’illustrazione”, Cass. sez.un. 9
marzo 2009 n. 5624, Cass.7 marzo 2012 n. 3530.
A tal riguardo questa Corte ha già ritenuto che: “Il quesito di diritto che
il ricorrente ha l’onere di formulare ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc.
civ. deve essere proposto in modo tale che la Corte possa rispondervi
semplicemente con un sì o con un no. Ne consegue che è inammissibile
il quesito formulato in termini tali da richiedere una previa attività
interpretativa della Corte, come accade nell’ipotesi in cui sia proposto
un quesito multiplo, la cui formulazione imponga alla Corte di sostituirsi
al ricorrente mediante una preventiva opera di semplificazione, per poi
procedere alle singole risposte che potrebbero essere tra loro
diversificate” (ex abis, Cass. n. 1906 del 29/01/2008; Cass. n. 5471 del
29/02/2008).

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consistito nella stipula di una serie di altri contratti a termine, dopo la

In ogni caso il quesito formulato non risulta idoneo a far comprendere
senza equivoci la violazione denunciata ed a richiedere alla Corte di
affermare un principio di diritto contrario a quello posto a base della
decisione impugnata.
1.1.2- Anche a voler prescindere dall’inammissibilità del quesito, il
motivo risulterebbe comunque infondato.
Ed invero deve considerarsi che in via teorica nulla impedisce che, pur

febbraio 1997), ma di cui non sia stata dichiarata la nullità, venga
successivamente convenuto un accordo inerente altri ed ulteriori
contratti a termine, successivamente stipulati, senza riverberarsi
necessariamente questo sui contratti a termine precedenti.
Occorre poi osservare che la Corte di merito, con motivazione congrua
ed esente da vizi logici, ha ritenuto che la transazione in esame si
riferiva espressamente ai contratti a termine stipulati ex art.23 L. n.
56\87 (e dunque non ai primi due contratti pacificamente stipulati tra le
parti), e ciò non solo in base alla premessa secondo cui il Di Fraia “è
stato impegnato dalla RAI, in qualità di costruttore, con vari contratti di
lavoro subordinato a tempo determinato stipulati ai sensi dell’art. 23 L.
n. 56\87”, ma altresì dal prosieguo della premessa, ove si affermava
che “le parti intendono definitivamente risolvere la vertenza tra esse
insorta ed avente ad oggetto il preteso riconoscimento di una diversa
natura del rapporto con ogni conseguenza economica e normativa”, ed
ancora che: “tra le parti sono intercorse intese in ordine ad una nuova
utilizzazione del Sig.Di Fraia ed alla definizione in via transattiva di ogni
questione inerente ai precorsi rapporti di lavoro, onde prevenire
l’insorgere di liti ed eliminare definitivamente ogni possibile
controversia”. Stante l’assenza di qualsiasi riferimento, tanto meno
specifico (comunque necessario per determinare altrimenti l’oggetto
della transazione) ai contratti stipulati ai sensi della L. n. 230\62, la
sentenza impugnata ha correttamente escluso l’esistenza di una
effettiva volontà abdicativa da parte del lavoratore in ordine a tali
contratti a termine, rimarcando correttamente l’oggettiva impossibilità
di estendere il testo di tale conciliazione ad un periodo non compreso e
ad un oggetto non indicato dalle parti.

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a seguito di contratti a termine nulli (il primo dei quali stipulato nel

1.2- La ricorrente lamenta poi che la sentenza impugnata escluse
essersi verificata nella specie una risoluzione del rapporto per mutuo
consenso, ritenendo erroneamente rilevante solo l’intervallo di tempo
intercorso tra i primi due contratti, mentre avrebbe dovuto valutare il
notevole lasso di tempo intercorso tra il primo contratto e
l’impugnazione dello stesso (oltre sette anni), considerando poi i
comportamenti concludenti successivi, in primis la conciliazione in sede

termine stipulati e la percezione senza riserve delle spettanze di fine
rapporto, oltre al dedotto svolgimento di altra attività lavorativa, per cui
la società aveva eccepito l’aliunde perceptum, chiedendo l’esibizione in
giudizio dei modelli 740 e\o 101.
La Corte di merito, dunque, prosegue la ricorrente, avrebbe dovuto
ritenere che i primi due contratti, anche ove ritenuti illegittimi, si erano
tuttavia risolti per mutuo consenso per le significative riferite
circostanze successive.
Formula il seguente quesito di diritto: “Il rapporto a tempo determinato
il cui termine sia illegittimo è suscettibile di risoluzione per mutuo
consenso anche per fatti concludenti. Pertanto, ai fini della risoluzione
del contratto di lavoro a tempo indeterminato, derivante dalla
conversione di un rapporto a termine dichiarato nullo, assume rilievo
precipuo, quale fatto concludente, l’apprezzabile lasso di tempo
decorso dalla data di cessazione del rapporto convertito alla data in cui
il lavoratore abbia manifestato la volontà di impugnare il termine per
farne valere la nullità. Qualora il decorso del tempo sia accompagnato
anche da altre circostanze oggettive – quali la stipulazione dell’accordo
transattivo dell’8.3.2002, la stipula di altri contratti a termine, peraltro
alla stregua della diversa normativa collettiva di cui al c.c.n.l. del 2000,
la sottoscrizione per accettazione della lettera di cessazione anticipata
sia del contratto del 3.2.97 che di quelli del 10.2.98, 29,9.981 8.1.2001
e 22.12.2003, la percezione senza riserve delle spettanze di fine
rapporto – la volontà risolutiva del rapporto per fatti concludenti è
vieppiù confermata”.
Indicava i fatti controversi in relazione al quale la motivazione era stata
omessa ed era comunque contraddittoria ed insufficiente nei seguenti:
“1) L’atto transattivo intervenuto fra le parti in data 8.3.2002

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sindacale dell’8.3.02 menzionata, nonché i successivi contratti a

comprende nel suo oggetto il periodo temporale in cui sono intervenuti
i primi due contratti a termine del 3.2.97 e del 24.11.97, stante la
volontà delle parti di disporre, con effetto novativo, attraverso le
reciproche rinunzie e concessioni, di tutta la vicenda lavorativa
pregressa, a prescindere dal mero e unico riferimento letterale,
contenuto nella premessa, ai contratti stipulati ai sensi dell’art. 23 della
legge 56/87”. 2) “Ai fini della valutazione del lasso di tempo

risoluzione del rapporto a tempo indeterminato, derivante dalla
conversione del rapporto a termine del 3.2.97 in cui il termine è stato
dichiarato nullo, assume rilievo il periodo temporale fra la data di
cessazione di tale contratto dichiarato nullo, cioè il 30.5.97, e la data in
cui il lavoratore ha manifestato per la prima volta la volontà di
impugnare il termine apposto al detto contratto, ciò che è awenuto
con la notifica del ricorso introduttivo del giudizio il 17.9.04. Al
contrario, nel caso di specie, non assume alcun rilievo il periodo di
tempo – considerato dalla Corte d’Appello di Napoli – trascorso tra la
cessazione del primo contratto e la stipulazione del successivo.
Assumono altresì rilievo, ai fini della risoluzione per mutuo consenso, le
circostanze della stipulazione dell’accordo tra nsattivo dell’8.3.2002,
della stipula di altri contratti a termine, peraltro alla stregua della
diversa normativa collettiva di cui al c.c.n.l. del 2000, della
sottoscrizione per accettazione della lettera di cessazione anticipata sia
del contratto del 3.2.97 che di quelli del 10.2,98,29.9.98,8.1.2001 e
22.12.2003, della percezione senza riserve delle spettanze di fine
rapporto”.
1.2.1-Tale seconda parte del primo motivo, inerente la risoluzione del
contratto per mutuo consenso, è parimenti infondata.
Deve in primo luogo osservarsi che secondo l’incontestato
accertamento della Corte di merito (pag.16 sentenza impugnata) fu la
società a dedurre il rilievo del periodo di tempo trascorso tra la
cessazione dei singoli contratti e la stipulazione del successivo. La
ricorrente non produce l’atto di gravame necessario per verificare la
fondatezza dell’attuale censura così come proposta.
In ogni caso, secondo il pacifico orientamento di questa Corte (cfr., ex
plurimis, Cass. 11 marzo 2011 n. 5887, da ultimo Cass. n.1780\14), ai

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apprezzabile quale fatto concludente di mutuo consenso per la

fini della configurabilità della risoluzione del rapporto di lavoro per
mutuo consenso (costituente una eccezione in senso stretto, Cass. 7
maggio 2009 n. 10526, il cui onere della prova grava evidentemente
sull’eccepiente, Cass. 1°febbraio 2010 n. 2279), non è di per sé
sufficiente la mera inerzia del lavoratore dopo la cessazione del
rapporto, o il semplice ritardo nell’esercizio dei suoi diritti, essendo
piuttosto necessario che sia fornita la prova di altre significative

definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo (Cass. 15 novembre
2010 n. 23057).
La Corte di merito ha ritenuto che la società non aveva allegato alcun
elemento idoneo a rawisare nella fattispecie l’ipotesi di cui agli
artt.1230 e seguenti c.c., avendo incontestatamente escluso che dal
tenore dei contratti stipulati potesse desumersi l’esistenza di una
volontà novativa, difettando questi di qualsivoglia accenno all’intento,
dedotto dalla RAI, di risolvere il rapporto a tempo indeterminato e
costituire un nuovo rapporto a termine. Né una volontà risolutoria
poteva rinvenirsi nella mera concordata anticipazione della risoluzione
di taluno dei contratti a termine, seguita dalla stipula di ulteriori e
plurimi contratti di lavoro.
In ogni caso deve rimarcarsi che la detta volontà risolutoria non
potrebbe desumersi dalla conciliazione dell’8.3.02, riferita ai successivi
contratti a termine stipulati ex art. 23 L. n. 56\87, anche perché con
essa fu convenuta una ulteriore assunzione del lavoratore, cui ne
seguirono molte altre (sei, dal marzo 2002 al dicembre 2003).
Deve infine precisarsi che il decorso del tempo non può che
apprezzarsi dalla data di cessazione di fatto dell’intero rapporto (pur
costituito da plurimi contratti a termine) e non già dal primo contratto,
solo successivamente dichiarato invalido in sede giudiziaria, e la
notificazione del relativo ricorso, owero dalla prima manifestazione di
volontà diretta a far valere la sussistenza di un rapporto di lavoro a
tempo indeterminato.
2.-Con il secondo motivo la Rai s.p.a. denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1, comma 2, lett.e) e 3 L. n. 230\62 (art. 360,
comma 1, n. 3, c.p.c.). Omessa, insufficiente e contraddittoria

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circostanze denotanti una chiara e certa volontà delle parti di porre

motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia
(art. 360, comma 1, n.5 c.p.c.).
Formula il seguente quesito di diritto: “L’art. 1, 2° comma, lett. e),
della legge n. 230/1962, così come modificato dalla legge n. 266/1977,
deve essere interpretato nel senso che esso consente l’apposizione del
termine al contratto di lavoro ogni qual volta ricorrano i requisiti della
specificità oggettivo del programma e della temporaneità delle esigenze

soggettiva, inteso come , con la conseguenza che il datore
di lavoro non è tenuto o provare l’esistenza di quest’ultimo. Pertanto, ai
fini della legittimità dell’apposizione del termine ai contratti di lavoro
stipulati dalla Rai per la produzione di programmi e spettacoli ex art. 1,
lettera e) L.n. 230/62, è sufficiente l’assunzione a termine di personale,
di qualsiasi professionalità, purché correlata ad un programma
“determinato”, “nominato” ed “individuato”; non vi è necessità, invece,
che il programma o lo spettacolo siano dotati di caratteri tali da porsi in
una posizione peculiare, autonoma e differenziata rispetto alla normale
produzione dell’ente televisivo. Pertanto la specificità non può
significare , ma ben
diversamente il suo reale tenore va inteso come riferimento a
programmi determinati, individuati, specificati”.
2.1.-Il motivo, quale risultante dal quesito di diritto cui la Corte deve
limitare la sua indagine (Cass. sez.un. 9 marzo 2009 n. 5624, Cass.7
marzo 2012 n. 3530), è infondato.
Questa Corte ha più volte osservato che a norma dell’art. 1, secondo
comma, lettera e), della legge 18 aprile 1962 n. 230, come modificato
dalla legge 23 maggio 1977 n. 266 – la cui “ratio” è quella di
consentire, al servizio radiotelevisivo di apprestare, a vantaggio
dell’intera collettività, una maggiore varietà e ricchezza di programmi e
spettacoli facendo ricorso all’apporto di diverse componenti culturali,
artistiche e sociali, al fine di rappresentare, in modo più completo e
dialettico, la realtà che si vuole illustrare – per le assunzioni di
personale riferite a specifici spettacoli o programmi radiofonici o
televisivi, è necessario che il relativo rapporto di lavoro risponda ad una
esigenza di carattere temporaneo che, essendo destinata ad esaurirsi

Il

datoriali e non richiede, invece, il cosiddetto vincolo di specificità

in un certo tempo, non consenta uno stabile inserimento del lavoratore
nell’organizzazione dell’impresa (la trasmissione o lo spettacolo non
devono essere necessariamente straordinari o occasionali, ma di durata
limitata nell’arco di tempo della programmazione complessiva, e quindi
destinati ad esaurirsi, Cass. ord. n. 3308 del 02/03/2012); è inoltre
necessaria la specificità dello spettacolo o del programma, e cioè che
essi, oltre ad essere destinato ad una temporanea necessità (ancorché

dall’appartenenza ad una specie di un certo “genus” e sia,

inoltre,

individuato, determinato e nominato (non essendo tali ultimi requisiti,
pur necessari, sufficienti ad integrare la legittimità del termine); è
necessario altresì che l’assunzione riguardi soggetti il cui apporto
lavorativo si inserisca con vincolo di necessità diretta, anche se
complementare e strumentale, nello specifico spettacolo o programma,
sicché non può considerarsi sufficiente ad integrare l’ipotesi di legittimo
ricorso al contratto a tempo determinato la semplice qualifica tecnica o
artistica del personale, correlata alla produzione di spettacoli o
programmi radiofonici o televisivi, dovendo trattarsi di soggetti il cui
apporto lavorativo sia tale da realizzare un peculiare contributo
professionale, tecnico o artistico, che non sia facilmente fungibile con il
contributo realizzabile dal personale a tempo indeterminato
dell’impresa (su tale ultimo aspetto cfr. in particolare Cass. ord. n.
7222\12). I suddetti principi, inoltre, si applicano anche nel caso di
assunzione a termine per l’effettuazione, nell’ambito di spettacoli o
programmi “contenitore”, di singoli spettacoli o programmi aventi ad
oggetto materie con qualche profilo comune, ed inseribili, pertanto, in
un contesto più ampio e generale quale appunto quello proprio del
“contenitore” (Cass. n. 16184 del 18/08/2004; Cass. n. 1291 del
24/01/2006; Cass. n.24049 del 25/09/2008; Cass. n. 11573 del
26/05/2011; Cass. ord.n. 3308 del 02/03/2012; Cass. n. 4849 del
28/02/2014).
La sentenza impugnata si è attenuta a tali principi, evidenziando la
pluralità di programmi, alcuni dei quali realizzati e trasmessi per molti
anni (con conseguente difetto del requisito della temporaneità
dell’esigenza lavorativa), cui il lavoratore fu adibito; la mancanza di
specificità, nel senso sopra riferito, degli stessi; l’assenza del vincolo di

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esso venga ripetuto nel tempo ed in diverse puntate), sia caratterizzato

necessità diretta, sempre nel senso sopra riferito, evidenziando al
riguardo correttamente che esso non può ritenersi implicito nello
svolgimento da parte del lavoratore delle mansioni, anche tecniche,
rientranti nella qualifica attribuitagli, evidenziando peraltro la natura
sostanzialmente esecutiva di esse, inidonea ad esprimere quel
particolare apporto culturale o tecnico richiesto per la realizzazione dei
vari spettacoli o programmi.

meno dei contratti stipulati sotto il vigore della disciplina collettiva
delegata ex art. 23 L. n. 56\87, una volta dichiarati illegittimi i
precedenti, con la conseguente instaurazione di un rapporto di lavoro a
tempo indeterminato (cfr.,ex aliis, Cass. n. 6017\05, Cass. n. 2959\01).
La censura della ricorrente, quale peraltro chiaramente evincibile dal
quesito di diritto formulato, si sostanzia nella negazione di tali
consolidati principi, sicché deve senz’altro rigettarsi.
A ciò aggiungasi che le prove richieste dalla RAI circa i riferiti, necessari
requisiti dei contratti a termine, sono state giudicate generiche dalla
Corte di merito, e su ciò non vi è adeguata specifica doglianza da
parte dell’odierna ricorrente.
3.-Con il terzo motivo la società denuncia la violazione e falsa
applicazione dell’art. 1, comma 2, L. n. 230\62 in relazione al d.lgs. n.
368\01, come modificato dall’art. 21 L. n. 133\08 (ad.360, comma 1,
n. 3 c.p.c.).
Lamenta che successivamente alla sentenza impugnata era entrata in
vigore la L. n. 133\08, che all’art. 21 bis, aveva introdotto un articolo 4
bis al d.lgs n. 368\01, secondo cui “Con riferimento ai soli giudizi in
corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione, e fatte
salve le sentenze passate in giudicato, in caso di violazione delle
disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 4 il datore di lavoro è tenuto
unicamente ad indennizzare il prestatore di lavoro con un’indennità di
importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di sei mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati
nell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966 n. 604 e successive
modificazioni”.
3.1-Il motivo è inammissibile.

13

Ha infine correttamente concluso per l’irrilevanza della legittimità o

In primo luogo per fondarsi su di una norma, l’art. 4 bis citato,
dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte Cost. con sentenza
del 14.7.09 n. 214.
In secondo luogo per riguardare comunque essa i contratti a termine
stipulati in base al d.lgs. n. 368\01 e non già i contratti a termine
stipulati in base alla L. n. 230\62.
4.- Risulta pertanto inammissibile anche la richiesta, contenuta nella

non avendo la questione delle conseguenze economiche derivanti
dall’accertata illegittimità dei contratti a termine formato oggetto di
valida ed ammissibile censura ad opera della ricorrente, posto che nel
giudizio di legittimità costituisce condizione necessaria per poter
applicare lo lus supervemens che abbia introdotto, con efficacia
retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che
esso sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di
ammissibile (e dunque esaminabile) censura nel ricorso, in ragione
della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli
specifici motivi di ricorso (cfr., ex plufimis, Cass. ord. n. 7222\12, Cass.
8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27 febbraio 2004 n. 4070).
5.-11 ricorso deve in definitiva rigettarsi. Le spese di causa seguono la
soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio di legittimità, pari ad €. 100,00 per esborsi,
€.3.500,00 per compensi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12 febbraio 2015
Il Consigliere est.

Il Presidente

memoria redatta dalla società, di applicazione dell’art. 32 L. n. 183\10,

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