Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14113 del 04/06/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 14113 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 15670-2007 proposto da:
BONARDO PAOLA BNRPLA42R57H647U,

BONARDO FRANCO

BNRFNC40S16H501B, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIALE G. MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato
SADURNY CLAUDIO, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato GUARNIERI CORRADO;
– ricorrenti –

2013
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nonchè contro

PARROCCHIA SAN MAURIZIO ROCCAFORTE MONDOVI’;
– intimati –

sul ricorso 19206-2007 proposto da:

Data pubblicazione: 04/06/2013

PARROCCHIA S MAURIZIO 84003110040, in persona del
Parroco pro tempore Don GIAMPIERO LOVERA,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.PISANELLI 4,
presso lo studio dell’avvocato GIGLI GIUSEPPE, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato BOVETTI

– controricorrente ricorrente incidentale contro

BONARDO PAOLA BNRPLA42R57H647U,

BONARDO FRANCO

BNRFNC40S16H501B, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIALE G. MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato
SADURNY CLAUDIO, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato GUARNIERI CORRADO;
– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 914/2006 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 29/05/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/04/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO
MAZZACANE;
udito

l’AvvocatoGianna

COLASANTI,

con

delega

depositata in udienza dell’Avvocato SADURNY Cladio,
difensore del ricorrente che si riporta agli atti;
udito l’Avvocato GIGLI Giuseppe, difensore del
resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso
principale, accoglimento incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

GIAN CARLO;

Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, assorbito ricorso

incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione dell’11-1-2001 la Parrocchia di S. Maurizio di Roccaforte Mondovì conveniva
in giudizio dinanzi al Tribunale di Mondovì Franco Bonardo, Paola Bonardo ed Attilio Bonardo,
eredi di Maria Bonardo, deceduta il 12-8-1999 in Mondovì, la quale con testamento pubblico del

San Paolo di Torino — Mondovì”.

La Parrocchia di S. Maurizio assumeva che al momento del decesso della Bonardo esistevano
presso il suddetto Istituto Bancario, intestati alla medesima, un conto corrente di corrispondenza
ed un deposito titoli, cespiti tutti che derivavano da depositi effettuati dalla Bonardo con denaro
risparmiato dopo aver soddisfatto le proprie esigenze di vita; aggiungeva che l’esponente aveva
richiesto la consegna dei “risparmi” agli eredi della “de cuius”, i quali avevano dichiarato la propria
disponibilità a versare unicamente l’importo esistente sul c/c di corrispondenza al momento
dell’apertura della successione maggiorato degli interessi legali maturati e maturandi da quel
momento fino a quello del pagamento; evidenziava che gli eredi della Bonardo avevano infine
versato il suddetto importo, non maggiorato peraltro degli interessi pure riconosciuti dovuti, e non
avevano versato il controvalore degli altri cespiti.

L’attrice chiedeva quindi la condanna dei convenuti al pagamento di tale controvalore e degli
interessi sulla somma (saldo del c/c di corrispondenza) versata prima dell’introduzione della causa.

Costituendosi in giudizio i convenuti contestavano la pretesa attorea concernente i cespiti diversi
dal saldo del c/c di corrispondenza, assumendo che essi non potevano considerarsi come
rientranti nel legato per cui è causa; rilevavano che la domanda attorea non sarebbe stata
comunque accoglibile in via solidale nei confronti degli esponenti, ma soltanto a carico di ciascuno

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15-10-1996 aveva lasciato ad essa attrice i ‘risparmi che sono depositati presso l’Istituto Bancario

di essi nei limiti di cui all’art. 662 secondo comma c.c.; quanto agli interessi, essi rilevavano di
averne già effettuato il pagamento in data 1-3-2001.

Con memoria del 15-6-2001 l’attrice modificava le proprie domande originarie chiedendo
dichiararsi cessata la materia del contendere in relazione alla domanda di pagamento degli

dai convenuti in comparsa di costituzione e risposta, e chiedendo, per il residuo, la condanna di
quest’ultimi, ognuno per la quota di rispettiva competenza, al pagamento della complessiva
somma di lire 153.182.430 quale controvalore dei titoli rinvenuti in un conto deposito titoli già
intestato alla “de cuius”, con gli interessi dal 12-8-1999.

Con sentenza del 17-7-2002 il Tribunale di Mondovì accoglieva la domanda attrice relativa alle
somme investite in fondi comuni depositati nel conto titoli.

Proposto gravame da parte di Franco Bonardo, Paola Bonardo ed Attilio Bonardo cui resisteva la
Parrocchia di S. Maurizio la Corte di Appello di Mondovì con sentenza del 29-5-2006 ha rigettato
l’impugnazione.

Avverso tale sentenza Franco Bonardo e Paola Bonardo hanno proposto un ricorso articolato in
quattro motivi cui la Parrocchia di S. Maurizio di Roccaforte Mondovì ha resistito con controricorso
introducendo anche un ricorso incidentale condizionato affidato ad un unico motivo cui i ricorrenti
principali hanno a loro volta resistito con controricorso; le parti hanno successivamente depositato
delle memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi in quanto proposti contro la medesima
sentenza.
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interessi anche anatocistici, dando atto di aver ricevuto il pagamento di essi nei termini prospettati

Venendo quindi all’esame del ricorso principale, si rileva che con il primo motivo i Bonardo,
denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e vizio di motivazione, censurano la
sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che l’attrice aveva indicato sia il numero delle
quote depositate che il loro controvalore, e che il Tribunale aveva argomentato che erano cadute

ed ha quindi escluso un vizio di ultrapetizione; i ricorrenti principali sostengono l’erroneità di tale
assunto, in quanto il riferimento alle quote nell’atto introduttivo del giudizio era stato operato
esclusivamente per la quantificazione della somma richiesta (che per la Parrocchia di S. Maurizio
avrebbe dovuto essere effettuata con riguardo al controvalore delle quote al giorno dell’apertura
della successione), senza alcuna rivendicazione diretta delle quote medesime.

Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del primo motivo del
ricorso principale la Parrocchia S. Maurizio si richiama alla propria domanda formulata con
l’appello incidentale con la quale aveva chiesto la condanna delle controparti al pagamento delle
somme indicate sub 2-B), a), b), c) dell’atto di citazione, ovvero delle somme corrispondenti al
controvalore delle quote di cui trattasi quale risultante al momento dell’apertura della
successione.

Gli enunciati motivi, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono entrambi
fondati.

Il giudice di appello ha rilevato che l’attrice nel proprio atto di citazione aveva indicato sia il
numero delle quote depositate sia il loro controvalore, e che il Tribunale aveva ritenuto che in
successione erano cadute non le somme relative alle quote, ma le quote stesse, provvedendo
quindi in conformità; la Corte territoriale ha escluso il vizio di ultrapetizione, in quanto il “petitum”
era stato individuato con riferimento anche alle quote.
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in successione non le somme relative alle quote, ma le quote stesse, provvedendo in conformità,

Orbene dall’esame diretto dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado
(consentito a questa Corte dalla natura processuale del vizio denunciato) emerge che la Parrocchia
di San Maurizio di Roccaforte Mondovì aveva chiesto la condanna dei convenuti alla
corresponsione in proprio favore delle somme indicate sub 2—B), a), b), c), con riferimento al

che il richiamo alle quote in tale atto di citazione era giustificato soltanto dall’esigenza di
quantificare in termini monetari le somme di denaro richieste quale controvalore delle quote
stesse all’atto dell’apertura della successione.; sussiste pertanto la violazione del principio di
corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Con il secondo motivo i ricorrenti principali, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art.
2697 c.c., rilevano che la Corte territoriale, nel respingere le censure degli appellanti relative alla
ricostruzione della volontà della testatrice operata dal giudice di primo grado, non ha tenuto conto
dell’onere probatorio posto a carico di colui che, quale legatario, intenda rivendicare una somma
(o un bene) in ordine alla dimostrazione della inclusione di tale somma nell’oggetto del legato.

Con il quarto motivo i ricorrenti principali, denunciando vizio di motivazione, affermano che la
sentenza impugnata, avendo incluso i fondi di investimento nell’oggetto del legato

“de quo”,

svalutando quindi l’espressione “risparmi” contenuta nel testamento, non ha considerato che,
mentre il rapporto di conto corrente bancario, per l’assoluta assenza di rischio insita nel suo
impiego nonché per la sua quasi nulla redditività, è finalizzato a garantire la custodia dei risparmi e
non invece un investimento vero e proprio, l’acquisto di quote di fondi comuni è un vero e proprio
atto di investimento di parte dei propri risparmi in capitale di rischio, con le conseguenti
caratteristiche di alta volatilità e redditività dell’investimento stesso.

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deposito titoli aperto presso l’Istituto San Paolo di Torino Agenzia di Mondovì; è dunque evidente

Inoltre i ricorrenti principali assumono che, avendo Maria Bonardo legato alla controparte “i miei
risparmi che sono depositati presso l’Istituto Bancario San Paolo di Torino — Mondovì”, era
evidente il riferimento alle somme di denaro giacenti sul conto corrente bancario quale saldo a
credito del correntista, e non quindi a somme che, lungi dall’essere depositate, erano invece

mobiliare.

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono infondate.

La Corte territoriale, premesso di condividere l’interpretazione della scheda testamentaria per cui
è causa resa dal Tribunale di Mondovì, ha aggiunto che l’assenza in essa di ogni riferimento ad uno
specifico rapporto bancario doveva essere intesa, alla luce della comune accezione, come
riguardante tutte le attività esistenti presso la banca e riconducibili alla

“de cuius”, che

l’espressione “risparmi depositati’ non implicava una limitazione al conto corrente, atteso che
anche l’utilizzo del denaro in altre forme garantite, quali l’acquisto di titoli che rimanevano in
deposito presso la stessa banca, costituiva una forma di risparmio; in proposito ha evidenziato che
dall’esame della documentazione prodotta nel giudizio di primo grado era emerso che i suddetti
titoli, sia in entrata che in uscita, transitavano sul conto corrente bancario e, pertanto,
costituivano una delle modalità con le quali gestire il risparmio di Maria Bonardo; infine il giudice
di appello ha tratto ulteriore conferma del suo assunto dalla constatazione che le quote dei fondi
per cui è causa erano state acquistate negli anni 1997 e 1998, dopo la formazione del testamento,
con denaro che giaceva sul conto corrente, circostanza che escludeva l’evenienza che la “de cuius”
avesse inteso ridurre l’entità del legato, sostituendo parte del denaro depositato in acquisti di
quote di fondi comuni.

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destinate ad operazioni aleatorie, quali quelle di acquisto di fondi comuni di investimento

Orbene all’esito di tali articolate argomentazioni si deve rilevare che la sentenza impugnata,
nell’interpretare la volontà della testatrice in ordine all’oggetto del legato attribuito alla
Parrocchia di San Maurizio, ha posto in essere un accertamento di fatto sorretto da ampia e logica
motivazione, come tale sindacabile in questa sede solo per violazione delle regole di ermeneutica

atto unilaterale non recettizio del negozio “mortis causa”) o per vizi logici e giuridici attinenti alla
motivazione; nella fattispecie, premesso che con le censure in esame non sono state denunciate
violazioni dei sopra richiamati canoni ermeneutici, si osserva che i vizi denunciati delriter”
argomentativo seguito dalla Corte territoriale non appaiono fondati in quanto sostanzialmente
incentrati su di una nozione strettamente tecnica dei fondi di investimento; tale impostazione
invero trascura il dato fondamentale che ai fini dell’interpretazione di una scheda testamentaria
possono legittimamente assumere rilievo, oltre il dato testuale, anche elementi estrinseci, purché
riferibili al testatore, quali ad esempio il suo grado di cultura, atteso che l’interpretazione degli atti
di ultima volontà è caratterizzata, rispetto all’ermeneutica contrattuale, da una più intensa ricerca
della volontà concreta e da un più frequente ricorso alla integrazione con elementi estrinseci
(Cass. 30-7-2004 n. 14548; Cass. 19-1-2005 n. 1079; Cass. 3-12-2010 n. 24637); in tal senso è
pertinente il rilievo attribuito dal giudice di appello al fatto già evidenziato che i detti titoli,
transitando sul conto corrente bancario intestato alla Bonardo, costituivano da parte di
quest’ultima una delle modalità concrete di utilizzazione del denaro risparmiato – che veniva via
via depositato presso tale conto corrente – al fine evidentemente di far incrementare l’entità di
tale liquidità, cosicché tali titoli dovevano logicamente ritenersi ricompresi nell’ambito dei risparmi
oggetto del legato per cui è causa.

Con riferimento poi alla censura sollevata nel secondo motivo di ricorso, è agevole rilevare che la
questione centrale della presente controversia sollevata dalla Parrocchia di San Maurizio con la
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di cui agli artt. 1362 e seguenti c.c. (con la sola eccezione di quelle incompatibili con la natura di

proposta domanda tendente, quale legataria, ad ottenere il legato disposto in suo favore dalla
Bonardo, comportava necessariamente l’interpretazione del testamento pubblico del 15-10-1996
proprio al fine di individuare esattamente l’oggetto ed i limiti di tale legato, e dunque del diritto
fatto valere dall’attrice; pertanto nella attività ermeneutica svolta dal giudice di appello non è

le parti.

Con il terzo motivo i ricorrenti principali, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 1371
c.c., rilevano che il giudice di appello, interpretando la volontà della testatrice nel senso che
quest’ultima avesse inteso legare alla Parrocchia di S. Maurizio le quote dei fondi di investimento
possedute da Maria Bonardo presenti nel conto depositi ad essa intestato presso il suddetto
Istituto Bancario, e non invece esclusivamente i risparmi, e quindi il saldo attivo del conto corrente
bancario, non ha applicato correttamente i criteri legali ermeneutici, ed in particolare quello
previsto dall’art. 1371 c.c. secondo cui, nel caso che una disposizione rimanga ambigua, essa
debba essere interpretata nel senso di renderla meno gravosa per gli onerati.

La censura è inammissibile.

Invero, poiché la questione giuridica prospettata, che implica un accertamento di fatto, non risulta
trattata dalla sentenza impugnata, i ricorrenti principali, al fine di evitare una sanzione di
inammissibilità per novità della censura, avevano l’onere — in realtà non assolto — non solo di
allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di appello, ma anche di indicare in
quale atto del giudizio precedente lo avessero fatto, per dar modo a questa Corte di controllare
“ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.

In definitiva all’esito dell’accoglimento del primo motivo del ricorso principale e del ricorso
incidentale condizionato la sentenza impugnata deve essere cassata, e la causa deve essere
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ravvisabile alcuna violazione delle regole che disciplinano la ripartizione dell’onere probatorio tra

rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Torino per un nuovo esame del punto della
controversia relativo alla determinazione dell’entità delle somme di denaro corrispondenti al
controvalore delle quote dei fondi di investimento intestate a Maria Bonardo presso il suddetto
Istituto Bancario al momento dell’apertura della sua successione nonché alla pronuncia in ordine

P.Q.M.

La Corte

Riunisce i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale, rigetta il
secondo ed il quarto motivo del ricorso principale, dichiara inammissibile il terzo, cassa la sentenza
impugnata in relazione all’accoglimento del primo motivo del ricorso principale e del ricorso
incidentale e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Torino anche per la pronuncia
sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma il 4-4-2013

Il Presidente

alle spese del presente giudizio.

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