Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14112 del 07/07/2020
Cassazione civile sez. VI, 07/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 07/07/2020), n.14112
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3332-2019 proposto da:
D.G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL
POPOLO 18, presso lo studio dell’avvocato LEONELLO BROCCHI, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (OMISSIS), in persona del
Presidente pro tempore, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E
DELLA RICERCA (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore,
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI GABRIELE D’ANNUNZIO CHIETI-PESCARA, in
persona del Rettore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che
li rappresenta e difende ope legis;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 516/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,
depositata il 12/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO
LUCIA.
Fatto
RILEVATO
CHE:
La Corte d’appello di L’Aquila confermava la sentenza di primo grado che aveva dichiarato prescritto il diritto, fatto valere da D.G.G. nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e Ricerca e dell’Università degli Studi Gabriele D’Annunzio di Chieti-Pescara, di vedersi retribuita secondo la remunerazione prevista dalle Direttive CEE n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 l’attività svolta nel periodo della specializzazione in chirurgia, durata dall’anno accademico 1982/1983 all’anno accademico 1986/1987, oltre al conseguente risarcimento del danno;
rilevava la Corte territoriale che il diritto azionato rientrava nell’area della responsabilità contrattuale ed era soggetto al termine di prescrizione decennale e che detto termine era iniziato a decorrere dal 27/10/1999, data di entrata in vigore della L. n. 370 del 1999, art. 11, che aveva riconosciuto il diritto a una borsa di studio soltanto in favore dei destinatari di sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo, dovendosi da tale norma desumere che lo Stato non avrebbe più emanato ulteriori atti di adempimento della normativa Europea, talchè alla data della notifica del ricorso di primo grado, avvenuta nel 2016, il termine di prescrizione era abbondantemente prescritto;
avverso la sentenza propone ricorso per cassazione D.G.G. sulla base di unico motivo, illustrato mediante memoria;
la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e Ricerca e l’Università degli Studi Gabriele D’Annunzio di Chieti-Pescara resistono con controricorso;
la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
la decisione impugnata risulta conforme ai principi di diritto costantemente affermati da questa Corte (da ultimo Cass. n. 16452 del 19/06/2019), che il ricorso non offre motivi idonei a rivedere;
in particolare, è stato affermato che in caso di omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie (nella specie, le direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, non autoesecutive, in tema di retribuzione della formazione dei medici specializzandi), sorge il diritto degli interessati al risarcimento dei danni che va ricondotto allo schema della responsabilità per inadempimento dell’obbligazione “ex lege” dello Stato, di natura indennitaria;
tale responsabilità – dovendosi considerare il comportamento omissivo dello Stato come antigiuridico anche sul piano dell’ordinamento interno e dovendosi ricondurre ogni obbligazione nell’ambito della ripartizione di cui all’art. 1173 c.c. – va inquadrata nella figura della responsabilità “contrattuale”, in quanto nascente non dal fatto illecito di cui all’art. 2043 c.c., bensì dall’inadempimento di un rapporto obbligatorio preesistente, sicchè il diritto al risarcimento del relativo danno è soggetto all’ordinario termine decennale di prescrizione” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10813 del 17/05/2011, e molte successive conformi, tra le quali Cass. 17066 del 10/07/2013, Cass. n. 6606 del 20/03/2014);
a seguito della tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari – realizzata solo con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257 – è rimasta inalterata la situazione di inadempienza dello Stato italiano in riferimento ai soggetti che avevano maturato i necessari requisiti nel periodo che va dal 10 gennaio 1983 al termine dell’anno accademico 1990-1991; la lacuna è stata parzialmente colmata con la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, che ha riconosciuto il diritto soltanto in favore dei beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo, con la conseguenza che tutti gli aventi diritto ad analoga prestazione, ma tuttavia esclusi dal citato art. 11, hanno avuto da quel momento la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla normativa Europea; nei confronti di costoro, pertanto, la prescrizione decennale della pretesa risarcitoria comincia a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore del menzionato art. 11 (ex plurimis Cass. n. 10813 del 17/05/2011);
il ricorso, sulla base degli argomenti che precedono, i quali esprimono l’orientamento consolidato di questa Corte, va dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1;
le spese seguono la soccombenza;
in considerazione della statuizione di rigetto, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2020