Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14111 del 11/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 11/06/2010, (ud. 23/03/2010, dep. 11/06/2010), n.14111

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7947-2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

G.M.S., G.I., G.E.,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DELLA SCROFA 57, presso lo

studio dell’avvocato PIZZONIA GIUSEPPE, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ROMAGNOLI DARIO, giusta delega a margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 8/2005 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 24/01/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/03/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE STEFANO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato RUSSO CORVACE, per delega

dell’Avvocato PIZZONIA, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

in subordine rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 9380 in data 21-10-1999, il Tribunale di Milano definiva una causa civile, promossa da FIN.GE.M. Finanziaria Generale Marcegaglia s.p.a. nella quale detta società esercitava la azione di responsabilità nei confronti di amministratori, sindaci e revisori della società FERFIN s.p.a..

Nella causa erano anche convenuti F.G.I., E., M.S. ed G.I., quali eredi di G.R..

Il Tribunale, nella sentenza citata, dichiarava il difetto di legittimazione passiva di tali soggetti, in quanto rinuncianti alla eredità, e, in ordine ad G.I., dava atto che lo stesso era stato citato in giudizio solo come erede e non anche quale ex amministratore della FERFIN s.p.a..

Compensava le spese di causa tra costoro e l’attrice.

Con avviso di liquidazione notificato in data 7 marzo 2000, L’Ufficio del Registro per gli atti giudiziari e per le ammende di Milano richiedeva il pagamento della imposta proporzionale di registro relativa alla sentenza, tra gli altri, ad G.E., M. S. ed I..

Questi con separati atti impugnavano l’avviso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, chiedendone l’annullamento.

La Commissione riuniva i ricorsi e li respingeva, sul rilievo che i predetti soggetti dovevano considerarsi parti in causa, e pertanto erano tenuti in via solidale al pagamento della imposta, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 57.

Appellavano i contribuenti e la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con la sentenza n. 8/28/05, in data 21-1-05, depositata il 24-1-05, accoglieva il gravame, assumendo che gli appellanti, in quanto dichiarati carenti di legittimazione passiva rispetto alla pretesa azionata nei loro confronti, non potevano considerarsi parti nel rapporto controverso e pertanto non erano tenuti al pagamento della imposta.

Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione il Ministero della Economia e delle Finanze e la Agenzia delle Entrate, con due motivi.

Resistono i contribuenti, con separati controricorsi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, va rilevata la inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero della Economia e della Finanze: nel caso di specie al giudizio innanzi la Commissione Regionale ha partecipato l’ufficio periferico di Milano della Agenzia delle Entrate, successore a titolo particolare del Ministero, ed il contraddittorio è stato accettato dal contribuente senza sollevare alcuna eccezione sulla mancata partecipazione del Ministero, che così risulta, come costantemente ha rilevato la giurisprudenza di questa Corte, (ex plurimis v. Cass. n. 3557/2005) estromesso implicitamente dal giudizio, con la conseguenza che la legittimazione a proporre ricorso per cassazione sussisteva unicamente in capo alla Agenzia. Le spese relative a detto ricorso devono essere compensate tra le parti, per la obbiettiva incertezza esistente all’epoca della successione tra i citati enti.

Con il primo motivo di ricorso la Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 57 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Espone che ai sensi dell’art. 57, comma 1, del cit. testo unico delle disposizioni in materia di imposta di registro la parti in causa sono solidalmente obbligate al pagamento della imposta gravante sulla sentenza pronunciata dal giudice.

Sostiene che l’ampia dizione usata dal legislatore non consente di operare discriminazioni, a fini fiscali, tra i soggetti che hanno partecipato al processo e nei cui confronti la decisione del giudice fa stato. Ad avviso dell’Ufficio, devono pertanto considerarsi parti nel senso di cui sopra anche i soggetti che, pur non diretti destinatari della domanda giudiziale, non siano estranei alle questioni decise ed abbiano partecipato al giudizio con piena possibilità di far valere i propri interessi in causa. Richiama in proposito un precedente giurisprudenziale di questa Corte (sent. n. 2108 del 2005) in materia di tariffa relativa alla imposta di registro, secondo cui in ordine alla imposta “sono solidalmente responsabili le parti in causa, non avendo rilevanza alcuna il fatto che si tratti di parte attrice o convenuta o che sia risultata soccombente o vittoriosa nel giudizio”.

Osserva infine che la statuizione di carenza di legittimazione passiva era stata pronunciata dal Tribunale a seguito di un esame di merito della posizione processuale dei convenuti, in ordine ai quali erano state formulate domande di condanna, e ciò con particolare riferimento alla posizione di G.I..

Conclude quindi per la sussistenza della obbligazione solidale contestata, salvo il diritto di rivalsa degli obbligati nei confronti di chi è tenuto effettivamente al pagamento.

Con il secondo motivo, deduce omessa o carente motivazione su punti decisivi della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Sostiene che la CTR ha motivato la esclusione della responsabilità solidale dei contribuenti in ordine alla imposta sul solo rilievo della dichiarata carenza di legittimazione passiva, omettendo di considerare che vi era stata tra la attrice e gli attuali intimati controversia di merito, nella quale la attrice aveva formulato domanda di condanna nei loro confronti, ed in particolare verso G.I. quale ex amministratore della FERFIN s.p.a.; che il Tribunale aveva respinto la richiesta di detti convenuti di condanna della attrice alla rifusione delle spese processuali a loro favore.

Fatti che, ad avviso dell’Ufficio, erano atti a stabilire la qualifica di parti processuali ai fini dell’imposta in capo ai contribuenti medesimi. Negli atti di controricorso, di analogo contenuto, gli intimati eccepiscono in primo luogo la sopravvenuta carenza di interesse ad agire in capo all’Ufficio, in quanto la intera imposta gravante sulla sentenza era stata già corrisposta da una delle parti in giudizio.

Nel merito contestano la fondatezza delle argomentazioni dell’Ufficio.

La eccezione di inammissibilità del ricorso non può trovare accoglimento in quanto il documento allegato al controricorso, costituito dalla trascrizione di un messaggio di posta elettronica, privo di sottoscrizione autentica o autenticata, in assenza di riconoscimento da parte della Agenzia, non è prova idonea dell’effettivo pagamento del debito fiscale. Il primo motivo di ricorso della Agenzia non è fondato. Questa Corte ha già dato una soluzione al problema della interpretazione da darsi alla espressione “parti in causa” di cui al citato art. 57 cit. testo unico in materia di imposta di Registro, tenute in quanto tali al pagamento in via solidale della imposta oltre ai soggetti “nel cui interesse fu richiesta la registrazione” per la ipotesi di litisconsorzio facoltativo. Si è quindi affermato che ” in caso di imposta di registro, l’obbligazione solidale posta a carico delle parti in causa, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 57 per il pagamento della imposta dovuta in relazione ad una sentenza emessa in presenza di una pluralità di parti in caso di litisconsorzio facoltativo, non grava indiscriminatamente su tutti i soggetti che hanno preso parte al procedimento unico. In caso di litisconsorzio facoltativo, infatti pur nella identità delle questioni, permane la autonomia dei rispettivi titoli, dei rapporti giuridici e delle singole “causae petendi” con la conseguenza che le cause, per loro natura scinditeli, restano distinte. E poichè la imposta non colpisce la sentenza in quanto tale, ma il rapporto in essa racchiuso, quale indice di capacità contributiva, il presupposto della solidarietà non può essere individuato nella mera situazione processuale del soggetto che, pur avendo partecipato al giudizio, sia rimasto totalmente estraneo al rapporto considerato dalla sentenza” (Cass. n. 16917 del 2007; n. 16891 del 2009).

E’ stato anche osservato che, in caso di soggetto che abbia partecipato al giudizio, rimanendo estraneo al rapporto considerato nella sentenza, “l’interesse di cui tale soggetto è portatore potrebbe risultare non proporzionato alla imposizione che verrebbe a cadere su di lui, in contrasto con l’art. 53 Cost. il quale pur non escludendo la previsione di un vincolo solidale a carico di soggetti non direttamente partecipi dell’atto assunto a presupposto della obbligazione tributaria, esige che la solidarietà si ricolleghi a rapporti giuridico-economici idonei alla configurazione di unitarie situazioni tali da giustificare razionalmente il vincolo obbligatorio e la sua causa” (Cass. n. 11149 del 2006).

Rimane quindi assodato in detta materia il seguente principio di diritto: “non sono parti in causa solidalmente obbligate al pagamento della imposta di registro i soggetti che non siano parti del rapporto sostanziale oggetto del giudizio” (Cass. n. 14305 del 2009).

Alla stregua dei citati principi, non è dubbio che gli attuali intimati siano estranei al rapporto controverso in causa. Infatti detto rapporto intercorreva tra la FIN.GE.M. s.p.a. e gli amministratori, sindaci e revisori della FERFIN s.p.a. nei cui confronti la attrice FIN.GE.M. s.p.a. aveva proposto azione di responsabilità. Tra questi soggetti era compreso G.R., padre degli attuali intimati, deceduto, nei confronti dei quali l’azione era sta esperita sul presupposto della successione ereditaria dei figli nei rapporti attivi e passivi del de cuius.

Accertato in corso di causa che tali soggetti avevano validamente rinunciato alla eredità paterna, veniva a meno in radice il titolo che giustificava la loro partecipazione al giudizio, ed il Tribunale, con sentenza avente valore dichiarativo, ne ha dato atto.

Ne consegue che nulla gli attuali intimati hanno a che fare con la azione di responsabilità oggetto del giudizio, e di conseguenza non vige nei loro confronti la obbligazione solidale al pagamento della imposta su tale rapporto gravante, nonostante la loro (necessitata) partecipazione al processo.

Deve infine rilevarsi che la citazione del precedente giurisprudenziale citato a sostegno dalla Agenzia (Cass. n. 2108 del 2005) non è in termini, atteso che, per quanto attinente ad un “obiter dictum” appare chiaro dalla lettura del testo che le parti ritenute obbligate al pagamento della imposta (attrice e convenuta, soccombente e vittoriosa) ai sensi del citato art. 57, erano parti anche del rapporto dedotto in giudizio, e non meri partecipanti al processo.

Il secondo motivo rimane assorbito,quantunque palesemente infondato in quanto ciò che conta ai fini della applicazione della imposta è l’esito del giudizio, e non la attività processuale esperita per giungervi.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

In relazione alla recente formazione e consolidamento della giurisprudenza di legittimità in materia, si compensano le spese di questa fase di legittimità.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero, e compensa le relativa spese. Rigetta il ricorso della Agenzia e compensa tra le parti le spese di questa fase di legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2010

 

 

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