Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1411 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/01/2021, (ud. 22/10/2020, dep. 22/01/2021), n.1411

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18221-2019 proposto da:

A.A.M., T.A.L., AL.CA.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE MAZZINI 121, presso lo

studio dell’avvocato SALVATORE VETERE, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

AI.AN.BA., nella qualità di erede di AI.PI.PA.,

AI.UM., in proprio e nella qualità di tutore della madre

C.A.A., AI.EL.MA., AI.AN.MA.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 88, presso lo

studio dell’avvocato VINCENZO CARIDI, rappresentati e difesi

dall’avvocato SALVATORE MARRA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 621/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 26/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA

GIANNACCARI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– Ai.Pi.Pa. ed altri convennero in giudizio, innanzi al Tribunale di Cosenza, A.A., A.C. e T.A.L. per chiedere accertarsi la nullità dell’atto di compravendita per notar G. del (OMISSIS), con cui A.C. e T.A., qualificandosi proprietari per intervenuta usucapione di alcuni terreni appartenenti agli attori sulla base del titolo, li avevano trasferiti ad A.A.M.;

– i convenuti si costituirono e proposero domanda riconvenzionale di usucapione;

– il Tribunale accolse la domanda principale e rigettò la domanda riconvenzionale, ritenendo che non vi fosse la prova dell’usucapione e, per l’effetto, dichiarò inopponibile agli attori l’atto di vendita in favore di A.A.;

– la Corte d’appello di Catanzaro, nel confermare la decisione di primo grado, osservò che la proprietà degli attori era stata provata con la produzione dei titoli di proprietà mentre i convenuti non avevano fornito la prova del possesso ad usucapionem, che non poteva essere integrato dall’attività di pascolo del bestiame sui terreni, peraltro avvenuto non in modo continuativo ed indisturbato su terreni privi di recinzione;

– per la cassazione della sentenza d’appello hanno proposto ricorso Al.Ca., A.A.M. e T.A.;

– hanno resistito con controricorso Ai.Pi.Pa. e gli altri soggetti indicati in epigrafe;

– il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di manifesta infondatezza del ricorso ed il Presidente ha fissato l’adunanza camerale;

– i controricorrenti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RITENUTO

che:

– con il primo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 1140 e 1158 c.c., in quanto la corte di merito avrebbe erroneamente affermato il possesso dei proprietari dei terreni nonostante i medesimi fossero residenti in (OMISSIS) ed avessero lasciato i fondi incolti e non recintati, limitandosi a pagare le tasse, costituire servitù ed autorizzare il taglio del bosco;

– con il secondo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 1158 e 2697 c.c., in quanto non sarebbe possibile esercitare il possesso senza un contatto materiale con la res;

– i motivi, che per la loro connessione, vanno trattati congiuntamente sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., b.1;

– è onere di chi chiede accertarsi l’intervenuta usucapione dimostrare di aver esercitato sul bene un potere di fatto che si è estrinsecato in un’attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà. Lo stesso deve, infatti, provare non solo il corpus – dimostrando di essere nella disponibilità del bene – ma anche l’animus possidendi per il tempo necessario ad usucapire (Cassazione civile sez. IL 02/10/2018, n. 23849);

– l’aver utilizzato il terreno per la coltivazione o per il pascolo del bestiame, in assenza di un atto apprensivo della proprietà è inidoneo al possesso ad usucapionem, perchè, di per sè, non esprime, in modo inequivocabile, l’intento di possedere, occorrendo, invece, che tale attività materiale, corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà, sia accompagnata da univoci indizi, i quali consentano di presumere che essa è svolta uti dominus;

– l’interversione nel possesso non può avere luogo mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore, dalla quale sia possibile desumere che il detentore abbia iniziato ad esercitare il potere di fatto sulla cosa esclusivamente in nome proprio e non più in nome altrui, e detta manifestazione deve essere rivolta specificamente contro il possessore, in maniera che questi sia posto in grado di rendersi conto dell’avvenuto mutamento e della concreta opposizione al suo possesso (Cassazione civile sez. II, 03/07/2018, n. 17376; Cassazione civile sez. II, 29/07/2013, n. 18215);

– del resto, il proprietario può possedere anche solo animo purchè il possessore abbia la possibilità di ripristinare il contatto materiale con la cosa non appena lo voglia; soltanto qualora questa possibilità sia di fatto preclusa da altri o da una obiettiva mutata situazione dei luoghi, l’elemento intenzionale non è da solo sufficiente per la conservazione del possesso che si perde nel momento stesso in cui è venuta meno l’effettiva disponibilità della cosa (Cassazione civile sez. II, 29/01/2016, n. 1723; Cassazione civile sez. II, 29/07/2013, n. 18215);

– la corte di merito si è adeguata ai principi di diritto affermati da questa Corte in tema di onere della prova del possesso ed ha correttamente ritenuto che il pascolo del bestiame, peraltro su terreni privi di recinzione, fosse inidoneo ad integrare il possesso ad usucapionem, avendo i proprietari, benchè residenti all’estero continuato a possedere solo animo;

– il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile;

– le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto;

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile 2, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

 

 

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