Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14109 del 08/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 14109 Anno 2015
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: AMOROSO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 28731-2011 proposto da:
MATRONE DONATO C.F. MTRDNT58L07L245G, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI RADIOTELEGRAFISTI

37,

presso il dott. FRANCESCO FERRARI, rappresentato e
difeso dagli avvocati GENNARO NAPOLANO, UGO DELLA
GATTA, giusta delega in atti;

i

– ricorrente –

2015
612

contro

REGIONE CAMPANIA C.F. 80011990639, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA POLI 29, presso L’UFFICIO DI

Data pubblicazione: 08/07/2015

RAPPRESENTANZA DELLA REGIONE CAMPANIA, rappresentata
e difesa dall’avvocato DI LASCIO ALBA, giusta delega
in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 7627/2010 della CORTE

2762/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/02/2015 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
AMOROSO;
udito l’Avvocato GENNARO NAPOLANO per delega DELLA
GATTA UGO;
udito l’Avvocato DI LASCIO ALBA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/12/2010 R.G.N.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con separati ricorsi al Tribunale di Napoli, Matrone Donato, dipendente
della Regione Campania appartenente all’area

‘D” e titolare di posizione

organizzativa di livello A dal 10 giugno 2000 al 3 gennaio 2002, ed altro dipendente
in posizione analoga lamentavano la mancata attribuzione della retribuzione di
risultato nella misura specificata nei singoli atti introduttivi .
A sostegno delle domande esponevano che detta retribuzione doveva

settore, sulla base di un sistema di valutazione messo a punto dal nucleo di
valutazione e che presso l’ente convenuto il sistema di valutazione risultava istituito
con delibera n.8493 della Giunta Regionale del 22 novembre 1998; che
nonostante la proroga dell’incarico, nulla era stato corrisposto a tale titolo.
Sulla base di tali premesse i ricorrenti chiedevano, previo accertamento del
diritto alla percezione della retribuzione di risultato nella misura del 25% della
retribuzione di posizione, la condanna della convenuta al pagamento delle somme
indicate nei singoli ricorsi, oltre accessori di legge. In via subordinata i ricorrenti
domandavano il risarcimento del danno in ragione dell’inadempimento della regione
che non aveva predisposto il procedimento di valutazione dei risultati e quindi non
aveva consentito ai ricorrenti di maturare il presupposto per il riconoscimento della
retribuzione di risultato.
Con sentenza n. 9472 del 11 ottobre 2006 il Tribunale adito rigettava le
domande e compensava le spese di giudizio.
2. Avverso tale decisione, con ricorso depositato in data 3 aprile 2007 hanno
proposto appello i soccombenti.
La Regione Campania non si è costituita.
La corte d’appello di Napoli con sentenza del 18 novembre 2010-3 dicembre
2010 ha rigettato l’appello e per l’effetto ha confermato la sentenza di primo grado.
3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il solo Matrone Donato
con cinque motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata.
Il ricorrente ha anche depositato memoria contestando peraltro la ritualità
della costituzione della Regione intimata per il mancato tempestivo deposito del
controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è articolato in cinque motivi.
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essere corrisposta previa valutazione dei risultati da parte dei rispettivi dirigenti di

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 6, 9 e 10 del C.C.N.L. 31 marzo 1999 per il comparto regioni ed enti locali
e degli artt. 11 e 12 del contratto collettivo integrativo 27 marzo 2000; oltre al vizio
di motivazione. Deduce in particolare il ricorrente che la sentenza della corte
d’appello si sofferma sulla necessità della valutazione dei risultati, che era mancata,
ed invece ignora del tutto le circostanze, pur dedotte dall’appellante, dell’imputabilità
alla regione della corrispondente omissione con conseguente obbligo di risarcimento

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione
della medesima disciplina contrattuale anche in riferimento all’art. 36 Cost.. Il
ricorrente insiste nel sostenere che la retribuzione di risultato era obbligatoria.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ancora violazione e falsa
applicazione della citata normativa contrattuale oltre che vizio di motivazione. La
corte d’appello non ha tenuto conto del fatto che il nuovo incarico dirigenziale del
2002 stava anche a significare che il presupposto della valutazione positiva
dell’attività precedente era implicitamente verificato. In particolare con il nuovo
incarico l’amministrazione regionale riconosceva la sussistenza di tutti i requisiti
prescritti nel documento di concertazione per la scelta dei dirigenti da nominare.
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 437 c.p.c. per
non aver tenuto conto di un documento prodotto in udienza e ritenuto inammissibile.
In particolare il ricorrente lamenta che erroneamente la corte d’appello ha ritenuto
che il richiamo contenuto nell’appello al documento di concertazione costituisse una
deduzione nuova e quindi inammissibile ai sensi dell’art. 437 c.p.c..
Con il quinto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art. 434 c.p.c. deducendo l’inammissibilità dell’appello per mancanza di
specificità dei motivi. In realtà la domanda risarcitoria proposta in via subordinata
non poteva considerarsi generica.
2. Il ricorso — i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente — è
infondato.
3. Preliminarmente va ribadito che ai sensi del primo comma dell’art 370 cod.
proc. civ., la parte contro cui è diretto il ricorso per cassazione, la quale non
abbia depositato il controricorso ma solo la procura al difensore, non può presentare
memorie, ma può partecipare alla discussione orale (Cass. 30 settembre 2011 n.
20029) con il conseguente rilievo in sede di regolamento delle spese del giudizio di
cassazione.
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del danno.

4. Quanto al merito innanzitutto c’è da considerare che i motivi di ricorso,
soprattutto il primo, hanno carattere misto nel senso che non distinguono tra la
violazione della contratto collettivo di comparto 31 marzo 1999 (artt. 6, 9 e 10) e la
violazione del contratto collettivo decentrato integrativo per il personale della giunta
della regione Campania del 27 marzo 2000 (artt. 11 e 12). La prima censura è da
ricondurre alla violazione della normativa contrattuale collettiva di livello nazionale
che il n. 3 dell’art. 360 c.p.c. ora affianca alla violazione di legge sicché il ricorrente

del contratto collettivo di comparto. Invece la seconda censura, riferendosi ad un
contratto collettivo integrativo, non ricade nella richiamata previsione del n. 3
dell’art. 360 e quindi, non essendo possibile dedurre direttamente l'(asserito) errore
nell’interpretazione della norma collettiva, il motivo del ricorrente si sarebbe dovuto
focalizzare – in via indiretta – nella violazione dei canoni legali di interpretazione del
contratto ex art. 1362 c.c. e ss..
Il ricorrente, non operando questa distinzione che implica una diversa portata
del sindacato di legittimità di questa Corte, rivolge indistintamente le sue censure alla
sentenza impugnata con riferimento sia alla normativa collettiva di livello nazionale
sia a quella di carattere integrativo venendo così meno al canone di specificità dei
motivi del ricorso.
5. Comunque corretta è la valutazione della corte d’appello nella
interpretazione della normativa di comparto (artt. 6, 8 e 9 c.c.n.l. del comparto
regioni e autonomie locali sulla revisione del sistema di classificazione professionale
31 marzo 1999, cui deve aggiungersi il successivo art. 10).
In particolare, con riferimento ai dipendenti assegnatari di posizioni
organizzative richiedenti l’assunzione diretta di elevata responsabilità di prodotto e
di risultato (art. 8), veniva disciplinato il trattamento economico accessorio (art. 10)
con la previsione, oltre alla retribuzione di posizione, che era quindi legata allo
svolgimento delle mansioni afferenti alla posizione organizzativa assegnata, di un
emolumento ulteriore qualificato come “retribuzione di risultato” legato alla positiva
valutazione dei risultati delle attività svolte dai dipendenti cui siano stati attribuiti gli
incarichi di posizioni organizzative, valutazione da effettuarsi sulla base di criteri e
procedure predeterminati dall’ente e quindi nella specie dalla Regione (art. 9, comma
4, in combinato disposto con l’art. 6).
Quindi, secondo la normativa contrattuale collettiva di comparto, la
retribuzione di risultato presupponeva necessariamente non già solo lo svolgimento,
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avrebbe dovuto dedurre direttamente l’interpretazione delle richiamate disposizioni

secondo l’ordinaria diligenza, delle attività in cui consisteva la posizione
organizzativa, per cui era già previsto l’elemento accessorio della retribuzione di
posizione, ma la valutazione del raggiungimento degli obiettivi fissati con
l’attribuzione della posizione direttiva organizzativa. Si tratta quindi di un
emolumento accessorio di natura premiale ed incentivante a carattere speciale in
un’ottica di gestione per obiettivi del personale di livello direttivo. Il dipendente cui
era assegnata una posizione organizzativa non solo era tenuto a svolgere con

prevista, come elemento retributivo accessorio, la retribuzione di posizione), ma
poteva essere chiamato anche a raggiungere determinati obiettivi fissatigli
dall’amministrazione (e perciò era prevista, come elemento retributivo accessorio, la
retribuzione di risultato). Quest’ultimo e non il primo era condizionato al
conseguimento da parte del dipendente dell’obiettivo assegnatogli ossia il
raggiungimento dei risultati posto dalla normativa collettiva citata come condizione
per la spettanza del beneficio retributivo; sicché – può notarsi subito – si è fuori
dall’ambito di protezione della retribuzione proporzionata e sufficiente di cui all’art.
36 Cost..
La valutazione dei risultati era quindi condizione necessaria per l’attribuzione
dell’indennità (peraltro riconosciuta in misura variabile dalla contrattazione di
comparto tra un minimo ed un massimo ed invece in misura fissa, del 20 %, dalla
contrattazione decentrata integrativa).
Immune da vizi di violazione dei criteri legali di interpretazione negoziale è
poi la lettura ad opera della corte d’appello dell’art. 11 contratto collettivo decentrato
integrativo del personale non dirigenziale della Giunta regionale campana del 27
marzo 2000 (per il periodo 1.1.1998 – 31.12.2001) che si limita a dare attuazione alla
disciplina collettiva di livello nazionale con la previsione in particolare della misura
della retribuzione di risultato (20% della retribuzione di posizione) e del metodo di
valutazione dei risultati dell’attività del dipendente, richiamandosi il sistema di
valutazione messo a punto dal Nucleo di Valutazione costituito con delibera di G.R.
n.8493 del 22.11.98.
Questa disciplina integrativa non modificava la natura (premiale) ed i
presupposti (raggiungimento degli obiettivi cui si accompagnava l’assegnazione della
posizione organizzativa) dell’emolumento retributivo in questione. Rimaneva che
occorreva che un obiettivo fosse stato assegnato al dipendente e che questo obiettivo
fosse stato raggiunto, Le modalità di verifica del conseguimento del risultato
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diligenza le sue mansioni (e in ragione proprio della specialità delle mansioni era

attenevano alla regolamentazione del processo valutativo in un’ottica di trasparenza,
perseguita dalle parti sociali in sede di contrattazione decentrata, della gestione del
personale. Ma non introducevano certo una condizione meramente potestativa per cui
se l’Amministrazione in concreto non avesse reso operativo il Nucleo di valutazione
suddetto la attribuzione del beneficio economico della retribuzione di risultato
sarebbe stata sempre preclusa con l’effetto di trasformare un emolumento
incentivante sì, ma regolamentato, in una sorta di discrezionale premio di

Però all’opposto non sganciavano l’insorgenza del diritto a tale trattamento
retributivo accessorio dai presupposti previsti dalla normativa collettiva di comparto
per legarlo solo al pur diligente (come non poteva non essere) svolgimento delle
mansioni assegnate. C’era sempre il binomio obiettivo/risultato talché ben il
dipendente si sarebbe potuto dolere che, assegnatogli un obiettivo e conseguito il
risultato, la regione non gli avesse corrisposto la retribuzione di risultato per il sol
fatto che il previsto Nucleo di Valutazione non era stato operativo. Ma non poteva
rivendicare la retribuzione di risultato senza indicare l’obiettivo assegnatogli e senza
allegare di averlo conseguito.
6. Impinge invece in una tipica valutazione di fatto, non censurabile in sede di
legittimità, l’asserzione della corte d’appello che ha escluso che il rinnovo
dell’incarico dirigenziale nella posizione organizzativa potesse tenere il posto
(indirettamente) della positiva valutazione dei risultati della precedente incarico.
7. Quanto poi alla domanda subordinata di risarcimento del danno, la
valutazione di genericità dell’appello fatta dalla corte d’appello non è adeguatamente
contrastata dal ricorrente con un puntuale motivo di ricorso.
C’è anche da aggiungere che la ragione risarcitoria fatta valere dal ricorrente
non può avere come fondamento solo il mancato approntamento da parte della
Regione del sistema interno di valutazione del risultato assegnato al dipendente, così
come non è automatica la attribuzione della retribuzione di risultato per il solo fatto
che al dipendente fosse assegnata una posizione organizzativa. Il ricorrente avrebbe
dovuto specificare quale era l’obiettivo della sua posizione organizzativa – ossia il
“risultato” perseguito dall’Amministrazione – e avrebbe dovuto quanto meno allegare
(e dimostrare in caso di contestazione) che quell’obiettivo era stato raggiunto pure in
mancanza di una valutazione positiva da parte della regione che non si era dotata
della struttura amministrativa per valutare tale risultato. Lo stesso ricorrente del resto
riconosce che la struttura denominata “Sistema di valutazione” avrebbe dovuto
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produzione.

consentire ai vari dirigenti di settore di assegnare ai dipendenti con posizioni
organizzative specifici obiettivi dei quali poter valutare a consuntivo il grado di
realizzazione.
Non si tratta quindi di perdita di chance; bensì di verifica giudiziale del
presupposto di un emolumento accessorio della retribuzione di natura premiale – id
est: il conseguimento da parte del dipendente del risultato assegnato dalla Regione in difetto di una verifica amministrativa secondo la previsione contrattuale.

un obiettivo nell’attribuzione della posizione organizzativa e lo avesse conseguito,
senza però che la Regione gli avesse riconosciuto la retribuzione di posizione
adducendo (in tal caso, pretestuosamente e quindi infondatamente) il mancato
approntamento della struttura amministrativa interna (Sistema o Nucleo di
valutazione) al fine di valutare se il risultato era stato in effetti raggiunto, o no.
Ma se il ricorrente non indica quale risultato gli era stato prefissato e men che
mai di offre di fornire la prova del suo conseguimento, non può supplire a questa
carenza facendo asseritamente discendere il danno solo dal fatto che la Regione non
si fosse munita dello strumento amministrativo per valutare (non solo in generale il
diligente svolgimento dell’incarico rivestito, atteso che la capacità e la diligenza del
dipendente afferiscono ai generali obblighi derivanti per il dipendente dal rapporto di
lavoro, bensì anche) specificamente se l’obbiettivo assegnato al singolo dipendente
fosse stato raggiunto, o no. Sicché non ha pregio il rilievo del ricorrente secondo cui
la prova del risultato raggiunto costituirebbe una prova impossibile da darsi a causa
della mancata assegnazione sin dall’origine di obiettivi misurabili.
8. Deve infine aggiungersi, con riferimento al quarto motivo di ricorso, che
la corte d’appello motivatamente non ha ammesso la produzione di un nuovo
documento in appello (l’atto di concertazione del 9 ottobre 2001) perché
inammissibilmente introduttivo di un nuovo tema di indagine, senza che risultasse la
sua decisività quanto alla questione in contestazione tre le parti, ossia la spettanza, o
no, della retribuzione di risultato. Cfr. Cass. 26 luglio 2012, n. 13353, secondo cui
nel rito del lavoro è sì possibile l’ammissione di nuovi documenti, su richiesta di
parte o anche d’ufficio, ma sempre e solo nel caso in cui essi abbiano una speciale
efficacia dimostrativa e siano ritenuti dal giudice indispensabili ai fini della decisione
della causa.

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9. In conclusione la Corte d’appgrahà esattamente interpretato la normativa

contrattuale collettiva di livello nazionale ed ha correttamente fatto uso dei canoni
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Insomma il dipendente avrebbe ragione di dolersi se gli fosse stato assegnato

legali di interpretazione negoziale nella lettura che ha dato della normativa
contrattuale collettiva di livello decentrato.
Il ricorso va quindi rigettato.
Sussistono

giustificati motivi

(in considerazione

dell’evoluzione

giurisprudenziale sulle questioni dibattute e della problematicità delle stesse nel
contesto del progressivo assetto del diritto vivente) per compensare tra le parti le
spese di questo giudizio di cassazione.

La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese di questo giudizio di
cassazione.
Così deciso in Roma il 5 febbraio 2015
Il Consigliere

Il Presidente

PER QUESTI MOTIVI

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