Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14107 del 07/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/07/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 07/07/2020), n.14107

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17801-2018 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ROSSINI

26, presso lo STUDIO LEGALE GAGLIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIACOMO TARTAGLIONE;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati NICOLA

VALENTE, CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MANUELA MASSA;

– controricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1772/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 06/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO

CARLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 1772 pubblicata il 6.6.17 la Corte d’appello di Napoli, in accoglimento dell’appello dell’Inps e in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda proposta da M.G. volta al conseguimento dell’assegno mensile di assistenza (L. n. 118 del 1971, art. 13);

2. la Corte territoriale, rinnovata la consulenza medico legale e condiviso l’esito della stessa, ha ritenuto accertata una invalidità complessiva nella misura del 67% all’epoca della domanda amministrativa e del 74% alla data del gennaio 2016;

3. avverso tale sentenza M.G. ha proposto ricorso per cassazione con un unico motivo, cui ha resistito l’Inps con controricorso; il Ministero dell’economia e delle finanze è rimasto intimato;

4. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. con l’unico motivo di ricorso la M. ha dedotto violazione o falsa applicazione del D.M. 5 febbraio 1992; difetto di motivazione o motivazione apparente in ordine alla valutazione della consulenza tecnica d’ufficio; nullità della c.t.u.;

6. ha contestato la valutazione espressa dal c.t.u. nominato in appello quanto alla misura di invalidità correlata alle singole patologie ed eseguita in base alle tabelle di cui al D.M. 5 febbraio 1992, e poi nella considerazione globale, richiamando letteratura medico legale e certificazioni mediche, esiti di esami strumentali, il verbale della Commissione di prima istanza del 27.2.2006; ha censurato l’adesione acritica e immotivata della Corte di merito alle conclusioni del c.t.u. nominato in appello, anzichè a quelle del consulente d’ufficio del Tribunale;

7. il ricorso presenta plurimi profili di inammissibilità;

8. quanto al vizio di violazione di legge, deve rilevarsi come la ricorrente, pur prospettando l’omessa applicazione delle tabelle allegate al citato decreto ministeriale, censuri nella sostanza la valutazione compiuta dal consulente d’ufficio sulle singole patologie e sulle percentuali di invalidità a ciascuna di esse correlate nonchè la valutazione complessiva eseguita; la censura si colloca come tale al di fuori dell’ambito di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

9. il ricorso non rispetta gli oneri di specificazione ed allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e all’art. art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, in quanto richiama le letteratura medico legale e numerosa documentazione medica ed amministrativa che omette di trascrivere (se non in minima parte), di localizzare negli atti processuali e di allegare al ricorso (cfr. Cass., n. 26174 del 2014; Cass., n. 2966 del 2011);

10. non sussiste il denunciato difetto di motivazione, ai sensi del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis; le Sezioni Unite di questa Corte (sentenze nn. 8053, 8054 del 2014) hanno precisato che, a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio di motivazione si restringe a quello di violazione di legge e, cioè, dell’art. 132 c.p.c., che impone al giudice di indicare nella sentenza “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”, secondo quello che è stato definito il “minimo costituzionale” della motivazione; nel caso di specie non si è in presenza di un vizio così radicale da comportare, con riferimento a quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione, dal momento che la motivazione non solo è formalmente esistente come parte del documento, ma le argomentazioni sono svolte in modo assolutamente coerente, sì da consentire di individuare con chiarezza la “giustificazione del decisum”;

11. per le considerazioni svolte il ricorso va dichiarato inammissibile;

12. le spese del giudizio di legittimità nei confronti dell’Inps sono regolate secondo il criterio di soccombenza e liquidate come in dispositivo; non luogo a provvedere sulle spese nei confronti del Ministero rimasto intimato;

13. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti dell’Inps che liquida in Euro 2.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2020

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