Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14106 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. III, 27/06/2011, (ud. 19/05/2011, dep. 27/06/2011), n.14106

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11834-2009 proposto da:

B.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA AURELIA 353/C, presso lo studio dell’avvocato NAVARRA

MICHELE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PERASSI

GIANCARLO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA REGIONALE ASL (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in

ROMA, C.SO VITTORIO EMANUELE II, presso lo studio dell’avvocato

GIANMARCO GREZ, rappresentato e difeso dall’avvocato GAMBA DARIO TINO

VLADIMIRO giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1187/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

Sezione 3^ Civile, emessa il 04/04/2008, depositata il 05/09/2008;

R.G.N. 1844/2007.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/05/2011 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito l’Avvocato PERASSI GIANCARLO;

udito l’Avvocato CHIELO BIANCHI per delega Avvocato GAMBA DARIO TINO

VLADIMIRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 6.6.2006 B.R. conveniva la Asl n. 10 davanti al Tribunale di Pinerolo, esponendo che in data (OMISSIS) il Servizio Veterinario della stessa Asl aveva effettuato un controllo presso la propria azienda, prelevando un campione di mangime destinato a bovini; che a distanza di sei mesi il Servizio gli aveva comunicato con lettera che il campione era risultato non conforme per la presenza di mangime Ogm; indi tale Servizio aveva effettuato segnalazione alla Procura della Repubblica, dal che si originava un procedimento penale ove veniva ipotizzato nei suoi confronti il reato di cui all’art. 515 c.p.. In tale procedimento il giudice del dibattimento disponeva analisi chimica, che riscontrava la presenza di percentuali di soia di provenienza Ogm inferiori al 4 per mille, prive di significato nutrizionale, dal che ne derivava la propria assoluzione per insussistenza del fatto.

Assumendo che in conseguenza di quanto esposto egli aveva dovuto rinunciare all’allevamento biologico dei bovini, l’attore affermava che i fatti esposti dovevano ritenersi tali da far qualificare gravemente negligente la condotta dei funzionar Asl, che lo avevano denunciato senza procedere a corretti accertamenti e senza considerare le ragioni che egli aveva esposto a propria difesa, cosicchèa richiesta era la condanna della convenuta al risarcimento del danno, stimato in Euro 25.000,00.

L’Asl convenuta si costituiva. Con sentenza del 3/7.8.2007 il Tribunale rigettava la domanda attorea e condannava l’attore alla rifusione delle spese della convenuta, avendo ritenuto provato che l’azienda di B. risultava iscritta all’elenco regionale delle aziende zootecniche aderenti al circuito biologico, il che comportava la preclusione dell’utilizzo, nell’esercizio della sua attività, di prodotti Ogm; che i risultati delle analisi, dunque, imponevano agli accertatori la segnalazione del fatto all’Autorità giudiziaria; che la valutazione delle ragioni dell’allevatore o di situazioni scriminante non competevano agli accertatori ma, appunto, all’Autorità giudiziaria; che l’attore non aveva nemmeno prospettato l’ipotesi di una condotta dolosa dei funzionari; che solo la consapevolezza dell’innocenza del denunciato avrebbe giustificato la domanda di risarcimento.

Avverso la sentenza proponeva appello il B., sostenendo che il primo giudice aveva erroneamente interpretato e qualificato i fatti, e che sussistevano i presupposti per l’accoglimento della propria domanda. Si costituiva l’appellata e la Corte d’Appello di Torino, con la decisione in esame depositata in data 9.4.2008, confermava quanto statuito in primo grado, affermando tra l’altro che “non esiste alcuna prova che l’accertamento e le analisi fossero sbagliate”.

Ricorre per cassazione il B. con un unico articolato motivo avente ad oggetto la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e difetto di motivazione in ordine alla valutazione delle prove processuali; resiste con controricorso la Asl.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso si deduce non aver tenuto conto i giudici di merito dei gravissimi ritardi ed orrori in cui sono incorsi i funzionar della Asl omettendo in proposito un’adeguata motivazione. Il ricorso non merita accoglimento.

Deve innanzitutto rilevarsi che la Corte di merito ha ampiamente e logicamente motivato in ordine alla fondatezza degli addebiti mossi al B. dal servizio veterinario, affermando in particolare che “non esiste nessuna prova che l’accertamento e le analisi iniziali fossero sbagliate, poichè gli accertamenti in sede penale non poterono svolgersi sullo stesso campione, avendo il B. gettato il proprio, ma sul mangime presente in azienda molto tempo dopo, che ben poteva essere altro; che non esisteva alcun elemento contraddittorio che sconsigliava la denuncia, posto che semmai il fatto che non fosse più disponibile il campione di confronto costituiva un fatto oltremodo sospetto; il fatto di aver evidenziato in denuncia la possibilità che non risultasse dai registri alcun acquisto di soia sol perchè era ben possibile che gli acquisti avvenissero in nero costituiva un’ipotesi che ben poteva essere contenuta nella denuncia, e che anche se non lo fosse stata nulla cambiava, posto che chiunque può comprendere che, se si acquista e si usa materiale vietato (cioè soia contaminata), non lo si va certo a scrivere sul registro, nemmeno cambiando la descrizione. Insomma, sussistevano elementi più che sufficienti per denunciare il B.; che la contaminazione fosse accidentale, non lo potevano certo decidere i funzionar del Servizio; inoltre, lo si ripete, è perfettamente vero che il B. rese impossibile la verifica dell’analisi”.

Ogni ulteriore valutazione ed esame di elementi di causa (quali le analisi, i prodotti modificati, il comportamento dei sanitari ecc.) non è ammissibile nella presente sede di legittimità.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che si liquidano in complessivi Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre spese generali ed accessorie come per legge.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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