Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14106 del 11/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 11/06/2010, (ud. 23/03/2010, dep. 11/06/2010), n.14106

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. SOTGIU Simonetta – rel. Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 32954/2006 proposto da:

A.L., A.A., elettivamente domiciliati in ROMA

CORSO TRIESTE 109, presso lo studio dell’avvocato MONDELLI Donato,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato FOGLIA STEFANO

PIO, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE DOGANE in persona dei Direttole pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4140/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

23/03/2010 dal Consigliere Dott. SIMONETTA SOTGIU;

udito per il ricorrente l’Avvocato MONDELLO, per delega dell’Avvocato

FOGLIA, che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M., in persona dei Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nei confronti di A. e A.L., soci della Alessi s.r.l. sono state emesse dalla Circoscrizione Doganale di Roma (OMISSIS), nel dicembre 1998, distinte ingiunzioni per il pagamento di L. 4.078.843.570 (Euro 2,130.000) di diritti doganali evasi, in solido con l’importatrice Società Thick Head ltd. (priva di stabile organizzazione in (OMISSIS) e rappresentata fiscalmente da F.F.) e con P.F., amministratore unico della Alessi s.r.l., in relazione ad importazione di jeans Levìs 501 ad un prezzo inferiore a quello reale, sdoganati dalla Think Head, ma ceduti subito dopo alla Società Federai jeans s.r.l. (società costituita dagli A.), che a sua volta li aveva venduti alla Alessi s.r.l., i cui soci avevano fornito la provvista necessaria all’acquisto della merce. Le ingiunzioni erano state originate da un procedimento di revisione di bollette doganali (senza diretto controllo della merce, già immessa in commercio), relative all’importazione di Jeans qualificati come “fondi di magazzino” (over stock)per un valore di 10/11 dollari, mentre si trattava, secondo la Dogana, di merce di prima scelta del valore di 31/35 dollari e si collegavano ad un procedimento penale per contrabbando in cui erano imputati anche gli A., i quali ,nell’opporsi alle ingiunzioni, si dichiaravano estranei ai fatti,in quanto semplici soci non amministratori di una S.r.l..

Il Tribunale di Roma ha accolto parzialmente l’opposizione degli A., ritenendoli partecipi dell’operazione di importazione illegale posta in essere, ma soltanto in relazione a cinque bollette, con limitazione del debito solidale degli A. a L. 185.452.700, oltre interessi.

La Corte d’Appello di Roma ha con sentenza 3 ottobre 2005, integralmente accolto l’appello del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’Agenzia delle Entrate, dichiarando inammissibile l’appello incidentale degli A. perchè proposto oltre i termini fissati dall’art. 166 c.p.c. (il 10 ottobre 2002), cioè meno di venti giorni prima dell’udienza di comparizione indicata nell’atto di citazione (26 ottobre 2002).

La Corte di merito ha fondato, nel meritoria propria decisione sul fatto che la provvista per le operazioni di importazione veniva fornita all’estero dalla Alessi s.r.l. (partecipata al 50% dai due soci), con bonifici di anticipato pagamento adeguati al pagamento di merce di prima qualità (secondo quanto dichiarato da un funzionario della Levi Strauss italiana in relazione alla bolletta 21 gennaio 1997 n. 615/A), come si confaceva ad una Ditta quale la Alessi, leader del mercato nel settore, con 70% del fatturato rivolto a grossi gruppi (Metro, Standa), per cui appariva illogico che le importazioni si riferissero tutte a “fondi di magazzino”, e tale conclusione varrebbe anche per diciassette (su settanta) bollette che riguardavano merce diversa dai jeans ma in cui valore, determinato induttivamente dall’Amministrazione, “non per questo” doveva “ritenersi incongruo e inattendibile”.

L. e A.A. chiedono la cassazione di tale sentenza sulla base di quattro motivi.

Il Ministero delle Finanze e l’Agenzia delle Dogane resistono con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo, si contesta l’inammissibilità dell’appello incidentale affermata dalla Corte d’Appello, sul rilievo che l’udienza indicata nell’atto di citazione fu rinviata d’ufficio à sensi dell’art. 168 bis c.p.c., all’8/11/2002, data rispetto alla quale il deposito dell’appello incidentale era ampiamente in termini.

Col secondo motivo, si denuncia l’omessa indicazione delle norme di diritto applicate e la violazione delle norme che individuano il soggetto debitore della obbligazione doganale,in quanto nella sentenza impugnata non viene mai indicata la norma in base alla quale è stata ritenuta la responsabilità solidale degli A..

Col terzo motivo si denuncia vizio di motivazione della sentenza impugnata in quanto su quattro operazioni indicate come “modello” di evasione da parte della Alessi, in due di esse l’acquirente era la società Francese Auchan e non l’Alessi (bollette doganali 175 H e 179 M del 9/1/97), mentre proprio la bolletta n. (OMISSIS) indicata nella sentenza impugnata, che riguardava altra merce, oltre i jeans, si riferisce ad un trasferimento diretto dalla importatrice Thick Head alla L.M.G. France, con consegna in (OMISSIS) per il prezzo unitario di 22 dollari a pezzo, così come è avvenuto per altre bollette cui l’Alessi era estranea, riguardanti vendita di felpe, oltre che di jeans. Non poteva dunque essere applicato lo stesso prezzo unitario a tutte le forniture- succedutesi in tre anni- senza diversificare non soltanto le bollette, ma anche le annualità, rispetto ai prezzi di mercato,e doveva inoltre considerarsi che l’Amministrazione non aveva adempiuto al proprio onere probatorio, così come la sentenza impugnata, nel far riferimento alle provviste, non precisa se esse si riferiscano, ad altrettante specifiche bollette doganali. Quanto all’anticipo della provvista, trattasi di normale prassi negli acquisti internazionali.

Col quarto motivo i ricorrenti adducono violazione dell’art. 2721 e 2712 c.c., art. 214 c.p.c., oltre a vizio di motivazione della sentenza impugnata, perchè la documentazione prodotta (corrispondenza proveniente dagli Uffici doganali, dichiarazioni o interrogatori degli indagati in fase di indagini preliminari; copia documentazione di importazione effettuata dalla Thick head, rientrante fra le bollette revisionate; documentazione bancaria) sarebbe stata in gran parte disconosciuta dai ricorrenti, per cui la stessa non poteva assumere le caratteristiche di piena prova. I documenti considerati dalla sentenza d’appello sono peraltro soltanto il rapporto di servizio della Dogana di Firenze, che non esamina singolarmente le operazioni, ma fissa un prezzo unitario di 30/35 dollari per tutte;il collegamento fra la s.r.l. Alessi e la Thick Head e il suo rappresentante, senza indicazione del documento da cui tale collegamento risulta;la dichiarazione scritta di un funzionario della Levìs riguardante soltanto l’originalità della merce, e non la sua qualità. Nè la sentenza impugnata indica analiticamente i documenti posti a base del proprio convincimento, se non con riferimento a quattro operazioni su settanta,insufficienti a fondare la presunzione applicata dalla Corte di merito, anche perchè non si dice in base a quali criteri sono stati quantificati i maggiori diritti doganali dovuti,tenuto conto che dai documenti prodotti dai ricorrenti in primo grado emergeva che il prezzo dei jeans di prima scelta, negli USA, variava da 17 a 25 dollari, ed era quindi inferiore per la merce di seconda scelta, quale quella importata dall’Alessi s.r.l. (come testimoniato, per merce analoga sdoganata a Venezia dalla Thick Head, dallo spedizioniere Z.). Infine la Corte di merito non avrebbe tenuto conto della nota del Direttore Compartimentale di Roma 10/9/97 che rilevava come la revisione nella specie non traesse” origine da specifici accertamenti di valore per ogni singola bolletta, ma da una generica asserzione della Circoscrizione doganale di Firenze circa la ricostruzione del valore di transazione, effettuata sulla base di documenti mai pervenuti in quanto in possesso dell’Autorità giudiziaria”.

Il primo motivo di ricorso non è fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte infatti (Cass. 17032/08; 9351/2003, -13427/2001), il rinvio d’ufficio dell’udienza, a norma dell’art. 168 bis c.p.c., comma 4, non determina la riapertura dei termini per il deposito della comparsa e per la proposizione dell’appello incidentale, poichè l’art. 166 cod. proc. civ., coordinato con il successivo art. 167 c.p.c., contempla, quali ipotesi utili ad escludere la decadenza dalla proposizione della domanda riconvenzionale o dell’appello incidentale, a norma dell’art. 343 cod. proc. civ., soltanto quella connessa al termine indicato nell’atto di citazione, ovvero, nel caso in cui abbia trovato applicazione l’art. 168 bis c.p.c., comma 5, quella relativa alla data fissata dal giudice istruttore; conseguentemente è inammissibile, perchè tardivo, l’appello incidentale, quando sia stato proposto con comparsa di risposta depositata successivamente all’udienza fissata nell’atto di citazione in appello, anche se questa sia stata rinviata d’ufficio ai sensi dell’art. 168 bis c.p.c., comma 4.

Anche il secondo motivo è infondato, e va rigettato analogamente al primo. Infatti anche se il giudice di merito non ha indicato la norma in forza della quale è stata ritenuta la responsabilità degli A. – che è il D.P.R. n. 43 del 1973, art. 38, come integrato dall’art. 222 del codice doganale comunitario – la sentenza impugnata indica chiaramente la fattispecie sussumibile sotto tali previsioni normative, e cioè la consapevole partecipazione degli A. a condotte di importazione irregolare. Il terzo e il quarto motivo di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, sono invece fondati in relazione al denunciato vizio di motivazione della sentenza impugnatala quale, senza alcun particolare esame delle bollette contestate (salvo che per quattro di esse) avvalora il calcolo induttivo dell’Amministrazione, fondando le proprie argomentazioni su dati di significato non univoco, quali l’approntamento della provvista da parte degli A., circostanza assolutamente compatibile con atti di negoziazione internazionale, ovvero la fornitura dei jeans a Grandi Magazzini – che proprio perchè tali (Metro, Standa) – offrono prodotti a prezzi assai competitivi o inferiori a quelli praticati dai negozi piccoli o medi, poichè possono avvalersi di prezzi di acquisto favorevoli su grossi quantitativi di merci non necessariamente di prima scelta. Vi è poi, proprio in relazione alla bolletta (OMISSIS) citata dalla sentenza impugnata fra quelle maggiormente indicative della differenza di prezzo rilevata, la contestazione degli A., che affermano che quella bolletta si riferiva addirittura ad una diretta fornitura a clienti francesi, nonchè la mancata considerazione da parte della Corte di merito della incidenza, sull’accertamento indistinto e complessivo effettuato dalla Dogana, della differente natura delle merci presenti in diciassette bollette su settanta (t-shirts ed altro invece che jeans), rispetto alle quali la Corte di merito si è limitata ad una motivazione apparente, affermando che anche in presenza di merce di tipologia diversa “non per questo il valore imponibile, determinato in via induttiva dall’Amministrazione, deve ritenersi incongruo e inattendibile”.

Dato atto pertanto che sull’an debeatur, relativo alla partecipazione degli A. ad importazioni irregolari si è formato il giudicato, il Collegio ritiene necessario, in relazione all’accertamento del “quantum”, un nuovo circonstanziato esame da parte del giudice d’appello delle bollette, la cui valutazione induttiva effettuata dalla Dogana non è stata ritenuta attendibile dai giudici di primo grado, con particolare riferimento alle bollette riguardanti acquisti in cui non figurino gli A. e le loro società, ma altri soggetti, e a quelle relative a tipologie di merci differenti dai jeans.

Accolti pertanto il terzo e il quarto motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione e cassata di conseguenza la sentenza impugnata, gli atti vanno rimessi per un nuovo e più approfondito esame, ad altra Sezione della Corte d’Appello di Roma, che liquiderà anche le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso, rigetta il primo e il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte d’Appello di Roma.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2010

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