Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14106 del 04/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14106 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: MACIOCE LUIGI

Cdc 16.04.2013

sul ricorso iscritto al n. 24828 del R.G. anno 2011
proposto da:
AGRO INVEST s.p.a.

domiciliata in ROMA, via Sicilia 50 presso

l’avv. L.Napolitano con gli avvocati Gherardo Marone e Lodovico Di
Brita che la rappresentano e difendono per procura a margine del
ricorrente

ricorso

contro
Cavallaro Giovanni — Cavallaro Rosa -Calabrese Consiglia,
domiciliati in Roma via Gerolamo da Carpi 6 presso l’avv. Francesco
Albertelli con l’avv. Domenico Santacroce del Foro di Napoli
contro ricorrenti –

e
intimato

Comune di Scafati

avverso

la sentenza

n. 734 in data 06.09.2010 della Corte di Appello

di Salerno ; udita la relazione della causa svolta nella

c.d.c del

16.04.2013 dal Consigliere Dott. Luigi MACIOCE; udito l’avv. G.Marone;
presente il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Pierfelice Pratis che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RILEVA
Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380
bis c.p.c. ha formulato considerazioni nel senso di cui appresso:
Esaminando la domanda di Cavallaro Giovanni e Rosa e Consiglia Calabrese ,proprietari di terreni siti nel Comune di Scafati espropriati con
decreto di esproprio adottato il 20.5.2008 da s.p.a. AGROINVEST, s.t.u.

35-1-4
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Data pubblicazione: 04/06/2013

Il primo motivo denunzia di violazione di legge l’avere la Corte desunto
la natura edificabile del suolo dal solo fatto che esso sarebbe ricaduto
all’interno di una zona che era dal vigente strumento urbanistico destinata a PIP: la destinazione a PIP era infatti vincolo abbisognevole di integrazioni e da esso era estranea alcuna vocazione residenzialeabitativa ed in esso era invece presente la destinazione ad interventi di
interesse pubblico di aree agricole, con la conseguenza di poter, al più,
applicare il parametro riveniente da Corte Cost. 181/2011 e quindi proprio quello congruamente offerto dall’espropriante.
Il motivo, di non lineare articolazione, oscilla tra la pretesa di veder ristretta la natura edificabile alle ipotesi di strumento urbanistico contemplante la sola edificabilità residenziale privata a quella di dar atto di una
vocazione mista di suoli originariamente agricoli. La censura è del tutto
infondata avendo la Corte di Appello correttamente desunto la natura
edificabile dell’area dalla sua comprensione nello strumento urbanistico
di secondo livello che destinava l’intera zona, nella quale il lotto insisteva, ad un P.I.P., essendo ferma la giurisprudenza di questa Corte che
individua la natura edificabile nella destinazione delle aree ad edilizia residenziale, industriale e commerciale fruibile da soggetti privati (Cass.
15090/2012
19938/2011
12862/2010). Le censure non rammentano tale scelta e lasciano immune la corretta decisione di adottare
il parametro del valore venale pieno dell’area edificabile.

Il secondo motivo, rubricato di violazione dell’art. 39 legge 2359 del
1865, lamenta che il CTU pur avendo fatto retto ricorso al criterio sintetico comparativo lo abbia poi mediato con quello analitico, pervenendo a
raddoppiare il dato individuato con il primo. La censura non appare rapportabile ad alcuna violazione di legge non essendo stata affatto disapplicata dalla Corte la “preferenza” tendenziale per il criterio sintetico
comparativo, ma avendo il giudice del merito correttamente condiviso la
scelta di operare una consentita “mediazione” dei risultati attinti con il
primo alla luce di dati desunti dal criterio analitico ricostruttivo (Cass.
1161 e 12771/2007). Esclusa quindi alcuna ipotesi di adozione di criterio contra legem, andava semmai allegato e dimostrato il vizio logico
dell’argomentazione a sostegno o la contraddizione della scelta in termini di risultati di valore: ma il motivo di censura appare privo di alcuna
autosufficienza, esso non riportando alcun passaggio della CTU e delle

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delegata dal Comune di Scafati per le attività espropriative dirette a realizzare il vigente P.I.P. approvato nel 1998, la Corte di Salerno ha determinato la giusta indennità dovuta per l’esproprio di complessivi mq.
703 in € 70.420,54. Nella motivazione la Corte ha, per quel che rileva,
osservato: che, premessa l’inapplicabilità ratione temporis della disciplina di cui al dPR 327/2001, il suolo espropriato, siccome destinato alla
realizzazione di un PIP, doveva ritenersi edificabile, che pertanto, inapplicabile tanto il richiamato T.U. quanto l’art. 2 c. 89 della legge
244/2007 (stante il comma 90) e pertanto ininvocabile la riduzione del
25% per gli interventi di riforma economica e sociale, il criterio di valutazione del valore era quello di cui all’art. 39 legge 2359 del 1865, che
occorreva far capo alle valutazioni del CTU che aveva fatto interagire i
dati ritraibili dal criterio sintetico comparativo con quelli propri del criterio analitico ed aveva raggiunto risultati oggettivi ed incontestabili, che
le critiche espresse nella CTP di Agro Invest avevano ricevuto puntuale
risposta da parte del CTU e che a tale risposta andava fatto richiamo.
Per la cassazione di tale sentenza Agro Invest ha proposto ricorso il
29.09.2011 articolando quattro motivi al quale i Cavallaro-Calabrese
hanno resistito con controricorso del 10.11.2011. Nessuna difesa dal
Comune di Scafati. A criterio del relatore i motivi sono manifestamente
infondati.

proprie difese né adducendo i dati della incoerenza ma solo lamentando
il “risultato” attinto, come “eccessivo”.

Il quarto motivo lamenta la mancata applicazione dell’orientamento, peraltro non fermo della giurisprudenza di legittimità, per il quale alla vicenda de qua si sarebbe dovuto applicare il disposto dell’art. 37 c. 1 e 2
dPR 327/2001 come novellato dall’art. 2 c. 89 e 90 legge 244 del 2007,
in tal modo prendendo atto che il PIP era da ritenersi intervento di riforma economico-sociale e pertanto applicando la riduzione del 25% del
valore venale dell’area.
Ritiene il relatore che, a parte la inapplicabilità alla vicenda in disamina
della novella del 2007 (Cass. 14939 del 2010 e 2774 del 2012), resta
l’assorbente rilievo per il quale la giurisprudenza delle Sezioni Unite di
questa Corte si è ripetutamente ed anche di recente espressa affermando che siffatto intervento riformatore deve avere i caratteri della specialità, eccezionalità, temporaneità (S.U. 5265 del 2008, 9595 e 10130
del 2012) che, ovviamente, difettano totalmente nella ipotesi di un intervento funzionale alla attuazione di un PIP.
Resta quindi ferma la correttezza della decisione di escludere la decurtazione del 25%.
OSSERVA
La relazione, ad avviso del Collegio, merita piena condivisione. Quanto
alle osservazioni critiche che il difensore della ricorrente ha dispiegato
nella memoria ex art. 378 c.p.c. con riguardo alle proposte di rigetto dei
motivi secondo e quarto contenute nella relazione ex art. 380 bis c.p.c. e
quanto alle osservazioni critiche di natura completiva che lo stesso difensore in discussione orale ha mosso alle proposte di rigetto afferenti i
motivi primo e terzo, a criterio del Collegio esse non colgono nel segno e
vanno pertanto disattese. E pertanto, condivisa la relazione, va rigettato
il ricorso. Non è luogo a regolare le spese in difetto della costituzione
dell’intimato Comune nel mentre saranno a carico della ricorrente le
spese delle tre controricorrenti , spese che si determinano in relazione al
valore dichiarato dalla ricorrente e che si distraggono in favore del difensore antistatario..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla refusione delle
spese in favore delle tre controricorrenti e per esse dell’avv. Domenico
Santacroce distrattario nella somma di C 3.100 (di cui C 3.000 per compensi) oltre ad IVA e CPA
Così deciso nella c.d.c. della Se a Sezione Civile il

16.04.2013.

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Il terzo motivo polemizza con i valori desunti dal CTU ritenendoli inattendibili e prontamente contraddetti dalla CTP. Il motivo è affatto irricevibile, omettendo di specificare di quali passaggi valutativi si tratti, quali
censure siano state in sede tecnica mosse, in quale sede processuale
siano state avanzate, in quale luogo del processo siano state sottoposte
al giudice ( da ultimo Cass. 11275 del 2012).

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