Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14104 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. III, 27/06/2011, (ud. 12/05/2011, dep. 27/06/2011), n.14104

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMATUCCI Alfonso – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13212-2010 proposto da:

P.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLE MILIZIE 1, presso lo studio dell’avvocato SPINOSO

ANTONINO, rappresentato e difeso dall’avvocato COTRONEO ATTILIO

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

e contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA – (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 396/2009 del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA,

emessa il 02/05/2009, depositata il 04/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2011 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato POLIMENI DOMENICO per delega Avvocato COTRONEO

ATTILIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

SGROI Carmelo che ha concluso per l’accoglimento ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L’Avvocato P.D. ha proposto ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7 avverso la sentenza del 4 maggio 2009, con la quale il Tribunale di Reggio Calabria, provvedendo in sede di giudizio di merito sull’opposizione proposta dalla Rete Ferroviaria s.p.a. avverso l’esecuzione per espropriazione presso terzi introdotta da esso ricorrente con un pignoramento del 22 aprile 1996, previa qualificazione della stessa ai sensi dell’art. 617 c.p.c., l’ha dichiarata inammissibile per tardività e, “rilevato il comportamento processuale tenuto dalle parti”, ha ritenuto “sussistere valide ragioni per compensare interamente tra le parti le spese di lite”.

2. L’intimata non ha resistito al ricorso.

3. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1, art. 92 c.p.c., comma 2 e art. 96 c.p.c.” lamentandosi che il Tribunale abbia compensato le spese, nonostante la ritenuta inammissibilità dell’opposizione, con motivazione apodittica, cioè senza spiegare in che cosa sarebbe consistito “il comportamento processuale tenuto dalle parti” asserito come giustificativo della disposta compensazione.

A sostegno del motivo viene invocato il principio di diritto stabilito da Cass. sez. un, n. 20598 del 2008, nonchè, in un caso che si dice analogo, da Cass. sez. lav. n. 28130 del 2008 e da altre sentenze, fra cui Cass. n. 1939 del 2010. Si sostiene, altresì, che la compensazione non sarebbe giustificabile nemmeno sulla base di ragioni implicite desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata.

1.2. Con il secondo motivo si lamenta “violazione degli artt. 3 e 24 Cost. in relazione all’art. 91 c.p.c.”, adducendosi che la disposta compensazione in presenza di dichiarazione di intempestività del ricorso in opposizione e di dichiarazione conseguente di inammissibilità, con disconoscimento del principio di soccombenza, si sarebbe concretata in una lesione dello stesso diritto di agire in giudizio, atteso che la mancata rifusione delle spese si sarebbe risolta in un riconoscimento del diritto del qui ricorrente in modo non integrale.

2. Il primo motivo è fondato e comporta la cassazione della sentenza quanto alla statuizione di compensazione delle spese. Nel contempo il suo accoglimento determina l’assorbimento del secondo motivo.

Effettivamente la sentenza impugnata giustifica la disposta compensazione delle spese sulla base di un generico riferimento al comportamento processuale delle parti, senza però fornire alcuna specificazione al riguardo e, quindi, con una carenza assoluta di motivazione.

D’altro canto, la lettura della sentenza riguardo allo svolgimento processuale ed alle motivazioni non evidenzia – nella logica finale della decisione nel senso della inammissibilità dell’opposizione, in quanto integralmente qualificata come opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c. – alcun elemento che possa reputarsi anche solo implicitamente evocato con l’apodittico riferimento al detto comportamento.

Viene, dunque, in rilievo, avuto riguardo alla disciplina dell’art. 92 applicabile alla controversia, il principio di diritto di cui a Cass. sez. un. n. 20598 del 2008, correttamente invocato dal ricorrente e cui il Collegio ritiene senz’altro di dare continuità.

La sentenza impugnata dev’essere pertanto cassata quanto alla statuizione di compensazione delle spese giudiziali.

2.1. Conforme alla sollecitazione dello stesso ricorrente il Collegio ritiene a questo punto che sussistano le condizioni per la decisione nel merito senza necessità di rinvio, in quanto non sono necessari accertamenti di fatto riguardo all’esercizio del potere di provvedere sulle spese del giudizio di merito e considerato che il potere della Corte di decidere sul “merito” riguarda anche i motivi di violazione delle norme sul procedimento.

Il potere della Corte di cassazione a questo punto deve estrinsecarsi, sulla base di quanto emerge in atti in questa sede, nelle stesse valutazioni che avrebbe dovuto compiere il Tribunale in dipendenza del tenore della decisione adottata sul merito. Si tratta, dunque, di individuare se, avuto riguardo a tale tenore, rimasto fermo in difetto di impugnazione, si debba fare luogo all’applicazione del principio di soccombenza oppure ricorrano ragioni per una compensazione totale o parziale delle spese giudiziali.

Il Collegio ritiene che nella specie, in base a quanto emerge dalla sentenza impugnata (piuttosto che dai poco specifici riferimenti del ricorso, che, peraltro, allude ad una “mancanza di titolo esecutivo in capo al creditore procedente”) ed è confermato dall’esame nel fascicolo del ricorrente della copia del ricorso in opposizione della qui intimata, emergano ragioni che inducono all’integrale compensazione delle spese del giudizio di opposizione davanti al Tribunale.

2.2. Esse sono le seguenti.

Sia dalla sentenza impugnata sia dal ricorso in opposizione emerge che le ragioni poste a base dell’opposizione erano state la deduzione della sopravvenuta inefficacia del precetto al momento del pignoramento per scadenza del termine di cui all’art. 481 c.p.c., il fatto che l’esecuzione fosse stata promossa, sulla base del solo dispositivo di una sentenza pronunciata in grado d’appello in causa di lavoro, dall’Avvocato P. in qualità di distrattario del lavoratore (e non il fatto che si fosse agito sulla base del detto dispositivo e ciò non fosse possibile per la sentenza d’appello, come poi ebbe a sostenere nei suoi atti difensivi, presenti nel suo fascicolo, il medesimo), ancorchè l’art. 431 c.p.c., comma 2 legittimasse solo il lavoratore a valersene, ed in fine, il fatto che comunque, in base all’art. 431 c.p.c., comma 2, razionabilità del dispositivo sarebbe stata possibile solo entro il termine previsto per il deposito della motivazione.

2.3. Ora, mentre la prima ragione di opposizione era effettivamente riconducibile all’ambito dell’art. 617 c.p.c., la seconda e la terza, erano, invece, contestazioni inerenti la stessa sussistenza del titolo esecutivo (si veda già Cass. n. 6795 del 1983).

La seconda ragione – a differenza della prima (Cass. n. 11517 del 1995; da ultimo, Cass. n. 10164 del 2010) – era anche fondata al lume dei principi di diritto affermati da Cass. n. 17134 del 2005 (secondo la quale: “Il credito azionato in executivis dal difensore del lavoratore munito di procura nella sua veste di distrattario delle spese di lite, ancorchè consacrato in un provvedimento del giudice del lavoro, non condivide la natura dell’eventuale credito fatto valere in giudizio, cui semplicemente accede, ma ha natura ordinaria, corrispondendo ad un diritto autonomo del difensore, che sorge direttamente in suo favore e nei confronti della parte dichiarata soccombente. Conseguentemente, tale diritto non può essere azionato sulla base del solo dispositivo della sentenza emessa dal giudice del lavoro e, se esercitato sulla scorta di questo solo provvedimento, si fonda, in effetti, su un titolo esecutivo inesistente, con la conseguente rilevabilità d’ufficio di tale circostanza, senza che si configuri violazione del principio stabilito dall’art. 112 cod. proc. civ.”) e ribaditi nello stesso senso da Cass. n. 11804 del 2007, Cass. n. 17134 del 2005, peraltro, risulta resa fra le stesse odierne parti.

La sentenza impugnata, peraltro, pur avendo bene in chiaro quali erano le tre ragioni di opposizione, nel giustificare la qualificazione ai sensi dell’art. 617 c.p.c e la conseguente affermazione di tardività dell’opposizione così qualificata, omette totalmente di svolgere considerazioni sulla seconda e terza ragione di opposizione, ma non incorre formalmente in omessa pronuncia, bensì afferma che “ogni ulteriore censura rimane assorbita da quanto sopra statuito”, il che, al di là di una certa apoditticità dell’affermazione, suggerisce – se si deve dare rilievo al concetto di assorbimento di una questione, che implica superfluità della sua decisione, in ragione dell’esisto di altra preliminare – l’idea che il Tribunale abbia ritenuto che, una volta considerata tardiva l’opposizione all’esecuzione in relazione alla deduzione relativa all’inefficacia del precetto e, quindi, rilevata la relativa nullità, non fosse necessario esaminare le altre deduzioni. Idea questa, peraltro, che appare in mente del Tribunale giustificabile:

a) sia con il convincimento che, caduta l’efficacia del precetto, non potesse più discutersi dell’esecuzione iniziata con il pignoramento fatto sulla sua base, occorrendo un nuovo precetto, e non lo si potesse fare nemmeno per le deduzioni dell’opposizione inerenti la contestazione non del quomodo, ma dell’an della pretesa esecutiva; b) sia con il convincimento che anche tali profili concernessero, in quanto dedotti con la questione di inefficacia del precetto, ragioni di opposizione agli atti.

In tale situazione, va rilevato che questa Corte deve esercitare il potere di decisione sulle spese come se tosse il giudice di merito e, quindi, sulla base della sua (pur erronea) statuizione di inammissibilità per tardività dell’opposizione, con assorbimento delle ragioni su indicate, e considerandola come coperta dalla cosa giudicata ed ormai non più discutibile. Di modo che la statuizione sulle spese dev’essere resa necessariamente come accessoria a siffatta pronuncia.

Ne consegue che il potere di liquidazione delle spese dev’essere esercitato considerando la ratio decidendi della pronuncia secondo le due spiegazioni alternative innanzi indicate.

In questo ordine di idee, che vede la Corte costretta ad assumere “i panni” che il giudice di merito avrebbe dovuto vestire sulla base delle due ipotesi di ratio decidendi che (nei sensi indicati) possono spiegare la sua ormai immutabile decisione sul merito della controversia, non è precluso ad Essa di considerare che l’una e l’altra ratio si ponevano in manifesta contraddizione sia con i consolidati principi che regolano i rapporti fra un’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. ed una ai sensi dell’art. 617 c.p.c. relative alla stessa esecuzione, sia con la giurisprudenza di questa Corte sul mezzo esperibile in relazione alla seconda ed alla terza ragione di opposizione.

Sotto il primo aspetto, vestendo “i panni” de quibus la Corte rileva che il giudice di merito avrebbe dovuto considerare che la soluzione dell’assorbimento delle ragioni di opposizione all’esecuzione per la conclamata inefficacia del precetto collideva con il fatto che l’accertamento sollecitato su di essa concerneva l’an della pretesa esecutiva e, quindi, un oggetto rispetto all’opposizione agli atti.

L’affermazione dell’assorbimento si poneva in manifesto contrasto con la tradizionale ed indiscussa differenza fra gli oggetti delle due opposizioni. Ne deriva che tale manifesto contrasto avrebbe potuto giustificare come giustifica la compensazione.

Sotto il secondo aspetto, sempre vestendo quei “panni” la Corte rileva che il contrasto con la giurisprudenza di legittimità della soluzione prescelta quanto al merito avrebbe potuto parimente giustificare la compensazione.

Entrambe le valutazoni giustificative della compensazione qui ipotizzate (ispirate al criterio che se il giudice di merito decida ponendosi in contrasto con orientamenti consolidati, ravvisi in ciò un giusto motivo di compensazione), non trasparivano anche solo per via indiretta dalla motivazione della sentenza impugnata come implicitamente assunte a giustificazione della compensazione e tanto ha giustificato la cassazione della sentenza impugnata sul punto in cui ha disposto immotivatamente la compensazione. Sono invece sussumibili, perchè non richiedono accertamenti di fatto, a fondamento della decisione nel merito resa da questa Corte sulle spese del giudizio di merito, sia pure ferme le statuizioni di merito.

Ed in tal senso sono qui assunte e consentono alla Corte di ravvisare giusti motivi per compensare le spese giudiziali del giudizio di merito per il fatto che la statuizione sul merito resa dal Tribunale contraddiceva nei sensi ora detti sia il consolidato sentire sulla distinzione fra l’una e l’altra opposizione (che impediva l’assorbimento), sia la giurisprudenza di legittimità.

Le spese del giudizio di merito sono, dunque, compensate.

3. La Corte ritiene che anche le spese del giudizio di cassazione, nonostante il primo motivo sia stato ritenuto fondato e la sentenza cassata sul punto, debbano essere compensate sulla base del seguente principio di diritto: nell’invocare, in regime anteriore a quello introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a) il controllo della Corte di cassazione su una motivazione di compensazione delle spese resa dal giudice di merito senza motivazione espressa od implicita, il ricorrente in cassazione, nell’accedere al giudizio di legittimità, è tenuto a valutare, ponendosi nell’ottica che avrebbe dovuto seguire il giudice di merito, se effettivamente non ricorressero possibili ragioni di compensazione delle spese, di modo che, se la Corte di cassazione accoglie il motivo e, quindi, ritiene di procedere alla decisione sul merito quanto alle spese, la circostanza che la Corte stessa ravvisi che effettivamente vi erano ragioni di compensazione riguardo ad esse giustifica ampiamente la compensazione anche delle spese del giudizio di cassazione.

Ciò, perchè il ricorso per cassazione risulta proposto per censurare un vizio della sentenza di merito che in concreto non si risolveva in un pregiudizio per il ricorrente.

Nella specie non va sottaciuto che il ricorrente, sulla base della giurisprudenza della Corte avrebbe dovuto essere ben consapevole che l’opposizione della Rete Italia era stata erroneamente dichiarata inammissibile quanto alla seconda e terza ragione, mentre, quanto alla seconda sarebbe stata anche fondata avuto riguardo alla sentenza, di cui è stato parte, cioè alla citata Cass. n. 17134 del 2005.

Il che – ritiene il Collegio – avrebbe dovuto suggerirgli di non assoggettare a ricorso per cassazione la pur immotivata statuizione sulle spese, che risultava sostanzialmente “giusta”, se non altro perchè l’opposizione all’esecuzione avrebbe dovuto accogliersi quanto alla seconda ragione (accoglimento che assorbiva la prima), il che, se il giudice di merito avesse correttamente considerato che le opposizioni erano due e con oggetto distinto e le avesse decise correttamente, avrebbe comportato una situazione di soccombenza reciproca, ampiamente giustificativa della compensazione.

Ragione questa che, a differenza di quanto ha fatto per statuire sulle spese del giudizio di merito, questa Corte, dovendo provvedere sulle spese del “suo” giudizio, può invece, per quanto s’è detto, valutare.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso. Dichiara assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione quanto alla statuizione di compensazione delle spese e, decidendo nel merito sulle spese del giudizio davanti al Tribunale di Reggio Calabria, le compensa per giusti motivi. Compensa, altresì, per giusti motivi le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 12 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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