Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14102 del 11/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 11/06/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 11/06/2010), n.14102

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso rgn 315601/2007, proposto da:

Comune di Carpi, di seguito “Comune”, in persona del Sindaco in

carica, signor C.E., rappresentato e difeso dall’avv.

Zanasi Marco ed elettivamente domiciliato presso gli avv. Marcello e

Puritano Cecilia in Roma, Via Monte Zebio 37;

– ricorrente –

contro

l’Enel spa, di seguito “Società”, in persona del suo procuratore,

signor V.C.P., rappresentata e difesa

dall’avv. Salvini Livia, presso la quale è elettivamente domiciliata

in Roma, Viale G. Mazzini 11;

– intimata e controricorrente –

e contro

l’Agenzia del territorio, di seguito “Agenzia”, in persona del suo

Direttore in carica;

– intimata –

e sul ricorso rgn 31907/2007, proposto da:

Agenzia, in persona del Direttore generale in carica, rappresentata e

difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è

elettivamente domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12;

– ricorrente –

contro

l’ENEL spa, di seguito “Società”, in persona del legale

rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avv. Livia

Salvini, presso la quale è elettivamente domiciliata in Roma, Viale

Mazzini 11;

– intimata e controricorrente –

e nei confronti di:

Comune di Carpi, di seguito “Comune”, in persona del Sindaco in

carica;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) di

Bologna 15 febbraio 2006, n. 130/17/06, depositata l’8 novembre 2006;

udita la relazione sulla causa svolta nell’udienza pubblica del 16

marzo 2010 dal Cons. Dott. MELONCELLI Achille;

udito l’avv. Zanasi Marco per il Comune;

udito l’avv. Salvini Lidia per la Società; udito l’avv. Anna Lidia

Caputi Iambrenghi per l’Agenzia;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’accoglimento del quarto

motivo del ricorso rgn 31561/2007 e per l’accoglimento del secondo e

del terzo motivo del ricorso rgn 31907/2007.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il ricorso rgn 31561/2007 del Comune.

1.1. Il 10 dicembre 2007 è notificato ai soggetti società intimati il ricorso del Comune rgn 31561/2007 per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha respinto gli appelli, previamente riuniti, del Comune e dell’Ufficio provinciale di Modena dell’Agenzia del territorio contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Modena n. 99/06/ 2004, che aveva accolto, previa riunione, i ricorsi proposti dalla Società contro l’avviso dì classamento n. 12209/99 e contro l’avviso di liquidazione n. 38343 dell’ICI 1998.

1.2. Il 15-17 gennaio 2008 è notificato al Comune e all’Agenzia il controricorso della Società.

2. Il ricorso rgn 31907/2007 dell’Agenzia.

2.1. Il 7-13 dicembre 2007 è notificato ai soggetti intimati il ricorso dell’Agenzia rgn 31907/2007 per la cassazione della stessa sentenza contro la quale è stato presentato il ricorso rgn 31561/2007 del Comune.

2.2. Il 15-17 gennaio 2008 è notificato all’Agenzia e al Comune il controricorso della Società.

3. I fatti di causa.

I fatti di causa sono i seguenti;

a) la Società è proprietaria della centrale elettrica di Carpi fino al 30 settembre 1999, della quale diviene proprietaria dal 1 ottobre 1999 l’Enel Produzione;

b) il 3 dicembre 1997 la Società presenta all’UTE (Ufficio tecnico erariale) di Modena, avvalendosi della procedura DOCFA (Documenti Catasto Fabbricati), la proposta di rendita catastale per la centrale elettrica di Carpi, composta di 9 unità immobiliari, per complessive L. 41.094.500;

c) il 10 maggio 1999 l’UTE, con atto la cui notificazione è negata dalla Società, attribuisce alla centrale una rendita di Euro 149.307,69, maggiore di quella proposta dalla Società;

d) il 23 novembre 2003 il Comune notifica alla Società l’avviso di liquidazione n. 383443 dell’ICI 1998, determinando una maggior imposta dovuta per complessive L. 69.658.680 (Euro 35.975,71);

e) i ricorsi della Società contro l’attribuzione di rendita e contro l’avviso di liquidazione, previamente riuniti, sono accolti dalla CTP di Modena per carenza assoluta di motivazione della rettifica e per la conseguente illegittimità dell’avviso di liquidazione;

f) gli appelli dell’Agenzia e del Comune sono, poi rigettati dalla CTR con la sentenza ora impugnata per cassazione.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è, limitatamente ai capi impugnati in sede di legittimità, così motivata: a) gli appellanti sostengono che il classamento sarebbe stato regolarmente notificato, ma che non sarebbe stato possibile reperire la relativa cartolina di ricevimento; tuttavia, l’avvenuta notifica si potrebbe desumere dalla scrittura privata del 1 ottobre 1999, relativa all’aumento di capitale con conferimento di ramo d’azienda, sottoscritta tra l’ENEL e l’Enel Produzione, nella quale si darebbe atto del classamento impugnato, cosicchè almeno da quella data decorrerebbe il termine per l’impugnazione; in senso contrario, la Commissione ritiene che i termini per proporre ricorso alla Commissione tributaria decorrano esclusivamente dalla notificazione dell’atto impositivo;

b) il Comune appellante sostiene, inoltre, che la rendita catastale, attribuita dall’UTE il 10 maggio 1999, avrebbe dovuto essere impugnata dalla società contestualmente al primo avviso di liquidazione emesso e oggetto di separato giudizio; la CTR ritiene che tale motivo sia inammissibile sia “per difetto di legittimazione attiva a censurare la sentenza nei punti concernenti la legittimità della rendita catastale”, sia per la sua novità, “per aver introdotto un illegittimo ampliamento del thema decidendum con riferimenti alle vicende di un diverso procedimento…. Corretto appare, pertanto, il comportamento della società che, avvalendosi della facoltà L. n. 342 del 2000, ex art. 74, comma 3), ha impugnato le rendite catastali in sede di impugnazione degli avvisi di liquidazione che tali rendite recepiscono. Gli atti proposti dalla società risultano, quindi, tempestivi sia nei confronti del Comune… che dell’Agenzia del Territorio…”;.

c) è infondato il motivo d’appello “volto a censurare la sentenza di primo grado laddove è stata riconosciuta carenza di motivazione dell’atto di attribuzione della nuova rendita catastale”, perchè “l’Ufficio si è limitato ad individuare gli indicativi catastali dei beni oggetto di valutazione, senza illustrare in alcun modo i motivi che hanno portato alla rettifica, non riportando l’atto alcuna motivazione nè rinvii a motivazioni eventualmente contenute in atti analoghi nella disponibilità del contribuente. Carenza di motivazione, dunque, che appare anche più grave nel caso in esame ove l’atto di attribuzione di rendita ha natura giuridica di vera e propria rettifica della rendita proposta dalla società con la presentazione della dichiarazione DOCFA ed in quanto gli immobili oggetto di accertamento sono immobili a destinazione speciale e dovevano essere valutati mediante stima diretta in ragione delle loro particolari caratteristiche, evitando pertanto l’applicazione di tariffe di estimo…”.

4.1. Il ricorso per cassazione del Comune, integrato con memoria, è sostenuto con cinque motivi d’impugnazione e si conclude con la richiesto che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione e con vittoria di spese.

4.1 Il controricorso della Società conclude con la richiesta di inammissibilità o, comunque, di rigetto del ricorso.

5.1. Il ricorso per cassazione dell’Agenzia è sostenuto con tre motivi d’impugnazione e si conclude con la domanda di cassazione della sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione di legge.

5.2. Il controricorso della Società conclude con la richiesta di inammissibilità o, comunque, di rigetto del ricorso. Con vittoria di spese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Riunione preliminare dei ricorsi.

In via preliminare si deve riunire il ricorso rgn 31907/2007 al ricorso rgn 31561/2007, perchè essi sono proposti contro la stessa sentenza.

1. L’inammissibilità del ricorso del Comune.

7. Il ricorso del Comune è inammissibile. Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, si è vincolati dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 10, il quale prevede che “Sono parti nel processo dinanzi alle commissioni tributarie oltre al ricorrente,… l’ente locale… che ha emanato l’atto impugnato o non ha emanato l’atto richiesto…”, a ritenere che il Comune non ha titolo per partecipare al processo tributario, quando l’atto impugnato sia il classamento adottato da un ufficio dello Stato (l’UTE, prime del 2001) o da un ufficio della persona giuridica pubblica, strumentale dello Stato, costituito dall’Agenzia del territorio (Ufficio del territorio, dopo il 2001). Così le sentenze:

10 novembre 2006, n. 24064; 31 luglio 2007, n. 16937; 27 ottobre 2009, n. 22691.

2. Il ricorso dell’Agenzia.

8. Il primo motivo d’impugnazione.

8.1.1. Con il primo motivo d’impugnazione si denunciano la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21.

8.1.2. L’Agenzia contesta il capo della sentenza d’appello, qui sintetizzata nel 3.a), secondo cui il termine perentorio per l’impugnazione dell’avviso di liquidazione decorrerebbe esclusivamente dal giorno della notificazione dell’atto. In senso contrario, l’Agenzia sostiene che sarebbe vigente il principio generale, secondo cui “ai fini della impugnazione dell’atto ciò che rileva è la conoscenza dello stesso nei suoi elementi essenziali, conoscenza che si determina certamente con la notifica, ma che può essere realizzata anche aliunde, come si ricava dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3”; infatti, “l’omessa notifica non comporta nullità del classamento, dal momento che tale notifica non costituisce requisito di efficacia dell’atto di classamento stesso, ma serve unicamente a fare acquisire al soggetto interessato la conoscenza di esso ai fini dell’impugnazione; notifica, quindi, che trova un perfetto equipollente sulla piena conoscenza comunque acquisita da contribuente dell’atto catastale”. Nel caso di specie, la Società avrebbe dimostrato di essere a conoscenza della rettifica del classamento degli immobili sin dal 1 ottobre 1999, data di stipula della scrittura privata con l’Enel Produzione spa.

8.1.3. A conclusione delle argomentazioni addotte a sostegno del primo motivo d’impugnazione l’Agenzia formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte se, oltre alla notifica, ai fini del decorso del termine di impugnazione dell’atto di rettifica catastale, sia sufficiente ed idonea la conoscenza dello stesso nei suoi elementi essenziali come comprovato dalla richiesta di voltura ed intestazioni degli immobili”.

8.2. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato per le ragioni qui di seguito esposte.

Sulla questione relativa alla determinazione del dies a quo per la proposizione del ricorso giurisdizionale contro un atto amministrativo d’imposizione tributaria si sono succedute due diverse soluzioni da parte della giurisprudenza di questa Corte.

Negli anni meno recenti s’era ritenuto che “in tema di contenzioso tributario, dal D.P.R. n. 636 del 1972, art. 16, nonchè dal D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21 emerge chiaramente che i termini per proporre ricorso alle Commissioni Tributarie da parte del contribuente decorrono esclusivamente dalla notificazione dell’atto, in mancanza della quale l’interessato rimane sempre libero di contestare la pretesa dell’Amministrazione attraverso l’impugnazione degli atti successivi a quello non notificato. Non è quindi consentito attribuire alcun rilievo alle notizie comunque acquisite dal contribuente, perchè quello che conta è solo la conoscenza legale dell’atto, che stante il tenore letterale delle norme può derivare soltanto dalla sua notificazione” (Corte di cassazione 20 luglio 2001, n. 9891, seguitai dalla sentenza 1 marzo 2002, n. 2975).

Più recentemente, sulla base della svolta operata in tema di natura sostanziale, e non processuale, dell’atto amministrativo d’imposizione tributaria, le Sezioni unite civili di questa Corte hanno affermato che “l’applicazione, per l’avviso di accertamento, in virtù del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l’applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 c.p.c.”, e che “tuttavia, tale sanatoria può operare soltanto se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza dei termine di decadenza – previsto dalle singole leggi d’imposta – per l’esercizio del potere di accertamento” (Corte di cassazione, Sezioni unite, 5 ottobre 2004, n. 19854). In applicazione dell’orientamento generale così intrapreso dalle Sezioni unite, questa Sezione ha avuto recentemente occasione di precisare che “la notificazione dell’atto amministrativo d’imposizione tributaria costituisce una condizione integrativa dell’efficacia della decisione assunta dall’Ufficio finanziario, ma non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento dell’atto. Ne consegue che l’inesistenza della notificazione non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, quando ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso all’Ufficio per adottare e notificare il provvedimento amministrativo tributario, nel qual caso grava sull’Ufficio stesso l’onere di provare la piena conoscenza dell’atto da parte del contribuente e la sua acquisizione entro il predetto termine di decadenza” (Corte di cassazione 27 febbraio 2009, n. 4760).

Ne deriva, nel caso di specie, che il motivo d’impugnazione sarebbe infondato, se si seguisse il meno recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, mentre sarebbe inammissibile, se si seguisse l’orientamento più recente, perchè non risulta, dalla lettura della sentenza d’appello, che l’Ufficio abbia provato che i comportamenti assunti dalla Società siano idonei a provare l’acquisita piena conoscenza dell’atto impugnato, nè l’Agenzia ricorrente in questa sede ha riferito testualmente, non adempiendo così il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, quale fosse il contenuto della “scrittura privata dell’1/10/1999, relativa ad un aumento di capitale con conferimento di ramo d’azienda, sottoscritta tra le società “Enel SpA” e “Enel Produzione SpA”, nella quale si dava atto del classamento impugnato”, di cui si parla nella sentenza d’appello (pagina 4, righe 12-15).

Il primo motivo dev’essere, dunque, rigettato.

9. Il secondo motivo d’impugnazione.

9.1.1. Il secondo motivo d’impugnazione ipotizzano la violazione e la falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2, e della loro combinazione, oltre alla nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

9.1.2. L’Agenzia contesta il capo della sentenza d’appello, che s’è qui sintetizzata nel 3.c), sostenendo che sarebbe “evidente la radicale carenza e/o insufficienza della motivazione della sentenza impugnata che riduce il portato decisionale ad affermazioni apodittiche e stereotipate avulse dai rilievi critici e giuridici contenuti nei motivi di gravame, i quali ben possono essere oggetto (di esame da) parte di codesta S.C. (Suprema Corte) in ragione della natura di errore in procedendo del presente mezzo. L’indicazione oltremodo sintetica delle ragioni in fatto ed in diritto addotte dal Collegio giudicante, non consente di ricostruire adeguatamente l’iter logico posto a supporto delle statuizioni, per nulla pertinenti con le indicazioni contenute nell’atto di appello afferenti sia (a)l valore fondiario della centrale elettrica… che (a)l saggio di redditività, parametri questi indispensabili, come tali, alla individuazione della rendita catastale per gli immobili a destinazione speciale”.

Secondo l’Agenzia il vizio denunciato sarebbe ancora più evidente nella parte in cui la CTR rinvia acriticamente alle statuizioni di primo grado, perchè il giudice d’appello non potrebbe esimersi dal manifestare l’iter logico della decisione.

9.1.3. Conclusivamente l’Agenzia formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte se soddisfa il precetto contenuto nell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, il rinvio acritico da parte della C.T.R. alle sentenze di primo grado e l’uso di frasi stereotipate ovvero di affermazioni apodittiche avulse dai rilievi tecnici e giuridici afferenti (a)l valore fondiario ed (a)l saggio di redditività, cioè parametri legali di determinazione dalle rendita catastale degli immobili censiti in cat. D) quali sono appunto quelli costituenti le centrali elettriche”.

10. Il terzo motivo d’impugnazione.

10.1.1. Con il terzo motivo di censura si lamentano la violazione e la falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, e dei principi relativi all’obbligo di motivazione, e la violazione del DM 19 aprile 1994, n. 701, e della loro combinazione.

10.1.2. L’atto impugnato è un atto di rettifica di dichiarazioni DOC- FA e, secondo l’Agenzia, costituirebbe l’esito di un procedimento specificamente regolato dalla legge, che prevedrebbe la partecipazione del contribuente e troverebbe, in osservanza della regola generale e dell’attribuzione dell’accatastamento, il suo presupposto in una dichiarazione/denuncia costituente una proposta formulata dal contribuente. In altri termini, “tra la denuncia della società ed il provvedimento di rettifica esiste una evidente specularità, che non può non essere apprezzata in sede di scrutinio della portata motivazionale dell’atto catastale”. L’Agenzia riproduce, quindi, gli estremi dell’una e dell’altra, concludendo con l’affermazione che “risultano, pertanto fuori registro, quando non affette da confusione di principi, tutte le statuizioni contenute in sentenza che hanno accertato come viziato in punto di motivazione l’atto di rettifica catastale per “non aver riprodotto o allegato l’atto presupposto”, ovvero “per aver indicato solo gli indicativi catastali dei beni oggetto di valutazione”, ovvero ancora per aver configurato l’avviso di classamento come un provvedimento di natura valutativa integrante un accertamento che, come tale, avrebbe dovuto essere motivato”. La CTR avrebbe, quindi, del tutto pretermessa la considerazione della denuncia DOCFA come atto conosciuto nel quadro di un procedimento a struttura fortemente partecipativa.

10.1.3. Il quesito di diritto conclusivo del terzo motivo d’impugnazione è il seguente: “Dica la Corte se nei provvedimenti emanati dall’Agenzia del Territorio in rettifica della denuncia ex D.M. 701/1991 (c.d. Denuncia DOCFA), attesa la struttura fortemente partecipativa del procedimento, l’obbligo della motivazione debba ritenersi assolto con l’indicazione dei dati oggettivi rettificati, a fronte di quelli dichiarati dal contribuente”.

11. Esame congiunto del secondo e del terzo motivo d’impugnazione.

Il secondo ed il terzo motivo d’impugnazione s’indirizzano contro quella parte della sentenza d’appello che s’è qui testualmente riprodotta nel 3.c) e sono, quindi, così strettamente connessi dal punto di vista oggettivo, che li si debbono esaminare congiuntamente.

Al riguardo, si deve tener presente che, se è vero che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, l’avviso di classamento con il quale l’ufficio tecnico erariale attribuisce la rendita ad un immobile è incontestabilmente un provvedimento di natura valutativa, integrante un atto di accertamento il quale, come tale, deve essere motivato (Corte di cassazione 5 maggio 2000, n. 5717), è anche vero che, sempre secondo questo giudice di legittimità, l’obbligo di motivazione degli atti tributari si atteggia diversamente a seconda della natura e della funzione che gli stessi hanno in base alla specifica disciplina loro propria (Corte di cassazione 16 dicembre 2005, n. 27758). In particolare, la giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha avuto modo di affermare che l’obbligo della motivazione dell’avviso di classamento deve ritenersi osservato anche mediante la mera indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’ufficio tecnico erariale (ora dall’Agenzia del Territorio) e della classe conseguentemente attribuita all’immobile, trattandosi di elementi idonei a consentire al contribuente, mediante il raffronto con quelli indicati nella propria dichiarazione, di intendere le ragioni della classificazione, sì da essere in condizione di tutelarsi mediante ricorso alle commissioni tributarie (Corte di cassazione: 8 luglio 2004, n. 12608; 9 novembre 2004, n. 21300; 11 gennaio 2006, n. 333).

Tanto premesso in linea generale, nello specifico deve considerarsi che, essendo intervenuto a seguito di procedura c.d. DOCFA, l’atto di cui si discute si inserisce in una più ampia articolazione procedimentale partecipata nelle sue varie fasi dallo stesso contribuente. In proposito, secondo la citata giurisprudenza di legittimità, con riguardo alle ipotesi in cui – come nella specie – l’attribuzione della rendita catastale abbia luogo a seguito della procedura disciplinata dal D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, convertito in L. 24 marzo 1993, n. 75, e del DM 19 aprile 1994, n. 701 (c.d. procedura DOCFA), ed in base ad una stima diretta eseguita dall’Ufficio, tale stima, che integra il presupposto ed il fondamento motivazionale dell’avviso di classamento (esprimendo un giudizio sul valore economico dei beni classati di natura eminentemente tecnica, in relazione al quale la presenza e l’adeguatezza della motivazione rilevano ai fini non già della legittimità, ma dell’attendibilità concreta del cennato giudizio, e, in sede contenziosa, della verifica della bontà delle ragioni oggetto della pretesa), costituisce un atto conosciuto e comunque prontamente e facilmente conoscibile dal contribuente, in quanto posto in essere nell’ambito di un procedimento a struttura fortemente partecipativa, con la conseguenza che la sua mancata riproduzione o allegazione all’avviso di classamento non si traduce in un difetto di motivazione dell’atto medesimo (Corte di cassazione 21 luglio 2006, n. 16824).

Ne discende che la posizione assunta dalla CTR è errata e devono essere accolti i due motivi d’impugnazione appena esaminati.

12. Conclusioni.

Le precedenti considerazioni comportano l’inammissibilità del ricorso del Comune, l’accoglimento del secondo e del terzo motivo del ricorso dell’Agenzia, del quale è rigettato il primo, la cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e il rinvio della causa ad altra Sezione della CTR dell’Emilia Romagna, anche le spese processuali relative al giudizio di cassazione.

PQM

La Corte riunisce il ricorso rgn 31907/07 al ricorso rgn 31561/2007, dichiara inammissibile il ricorso del Comune, accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso dell’Agenzia, di cui è rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, ad altra Sezione della CTR dell’Emilia Romagna, anche le spese processuali relative al giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2010

 

 

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