Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14102 del 07/06/2017
Cassazione civile, sez. trib., 07/06/2017, (ud. 04/04/2017, dep.07/06/2017), n. 14102
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 15946/13, proposto da:
MPA s.a.s. di M.P. & C., in persona del legale
rappres. p.t.; M.P.; A.A.; elett.te domic. in
Roma, alla via Ottaviano n. 42, presso l’avv. Michele Di Fiore, dal
quale sono rappres. e difesi, con procura speciale in calce al
ricorso;
– ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate, elett.te domic. in Roma, alla via dei
Portoghesi n. 12, presso l’avvocatura dello Stato che la rappres. e
difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 81/1/2013 della Commissione tributaria
regionale della Campania, depositata l’11/2/2013;
udita la relazione del consigliere dott. Rosario Caiazzo, nella
pubblica udienza del 4 aprile 2017;
udito l’avv. P. Garofoli per la parte controricorrente;
udito i Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore
generale, dott. Del Core Sergio, che ha concluso per l’accoglimento
del primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri.
Fatto
FATTI DI CAUSA
La MPA s.a.s., e i soci, M.P. e A.A., proposero un unico ricorso, innanzi alla Ctp di Napoli, avverso avvisi d’accertamento per il 2005, loro notificati, relativi a maggiori ricavi della società e alla relativa imputazione ai soci pro-quota, avvisi fondati sull’applicazione degli studi di settore.
L’Agenzia delle entrate si costituì, resistendo al ricorso.
La Ctp respinse il ricorso, ritenendo ingiustificata ed antieconomica la condotta della società, che aveva ceduto beni con ricarico dell’1.20%, considerando invece legittima la percentuale di ricavo applicata sulla merce venduta, pari al 50%.
La società e i due soci proposero appello, rigettato dalla Ctr che, respinta l’eccezione preliminare di nullità della sentenza di primo grado, confermò sostanzialmente la motivazione adottata, rilevando altresì che la percentuale di ricarico applicata era legittimata dall’impossibilità di valutare il magazzino a seguito della mancata esibizione del libro degli inventari.
I contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione, formulando quattordici motivi.
Resiste l’Agenzia con il deposito del controricorso, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato.
Con il primo motivo, i ricorrenti hanno denunziato la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la Ctr aveva omesso di pronunciarsi sull’eccezione di difetto di sottoscrizione dell’atto di rettifica emesso dal dirigente dell’ufficio preposto.
Con il secondo motivo, è stata denunziata, in via gradata, la violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamentando l’omessa motivazione circa la questione di cui al primo motivo.
Con il terzo motivo, i ricorrenti, in via gradata, hanno denunziato la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, poichè non fu fornita la prova della sottoscrizione dell’avviso d’accertamento per delega del capo dell’ufficio.
Con il quarto motivo, i ricorrenti hanno invocato la violazione dell’art. 112 c.p.c., in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver il giudice d’appello ritenne la legittimità dell’accertamento tributario sulla base di ragioni non indicate nel medesimo atto impugnato, in quanto l’Agenzia delle entrate contestò l’antieconomicità in ordine alle divergenze tra i dati esposti nelle dichiarazioni e le risultanze dello studio di settore.
Con il quinto motivo, i ricorrenti hanno denunziato la violazione degli artt. 2697, 2727, 2729, c.c., nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in ordine alla valutazione della divergenza dei dati dichiarati dai contribuenti rispetto ai criteri applicati per la determinazione della percentuale di ricarico della merce venduta, fondata anche sulle posizioni reddituali dei soci.
Con il sesto motivo, i ricorrenti hanno denunziato la violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Ctr aveva erroneamente applicato i criteri probatori in ordine alla suddetta divergenza e all’applicazione delle medie di settore.
Con il settimo motivo, i ricorrenti hanno lamentato l’omesso esame di fatti decisivi, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riguardanti la corretta rideterminazione dei ricavi, quali la valutazione della media ponderata, il raffronto tra le fatture di acquisto e quelle di vendita della merce, lo stato di salute del socio accomandatario e la necessità di praticare forti sconti alla clientela.
Con l’ottavo motivo, i ricorrenti hanno lamentato la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la Ctr aveva ritenuto utilizzabili i documenti prodotti dall’ufficio oltre il termine di venti giorni liberi prima dell’udienza di trattazione.
Con il nono motivo, è stata addotta la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sull’eccezione relativa alla violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, afferente al rilievo per cui l’accertamento in questione, seppure di carattere integrativo di altro precedente, non conteneva alcun riferimento a quest’ultimo, nè ai motivi nuovi dell’irrogazione di una maggiore sanzione rispetto a quella precedente.
Con il decimo motivo, in via gradata, i ricorrenti hanno denunziato la violazione degli art. 111 Cost., comma 6, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, essendo stata omessa la motivazione circa la violazione del suddetto art. 43.
Con l’undicesimo motivo, in via gradata, i ricorrenti hanno invocato la violazione del medesimo art. 43, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Con il dodicesimo motivo, i ricorrenti hanno denunziato la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la Ctr aveva omesso di pronunciarsi sull’eccezione relativa alla mancata instaurazione del contraddittorio prima che fosse emanata la rettifica a carico della società.
Con il tredicesimo motivo, in via meramente gradata, è stata invocata la violazione dell’art. 111 cost., comma 6, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa motivazione circa l’eccezione di cui al precedente motivo.
L’ultimo motivo, parimenti in via gradata, ha riguardato la violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62bis e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, lett. d), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, afferente al contraddittorio preventivo alla rettifica effettuata dall’ufficio.
Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.
Il primo motivo va accolto.
I ricorrenti hanno allegato di aver formulato, nel ricorso introduttivo del giudizio, il motivo di nullità dell’avviso d’accertamento afferente alla mancata sottoscrizione da parte del dirigente dell’ufficio; su tale motivo, non si pronunciò la Ctp, nè la Ctr, sebbene i ricorrenti avessero formulato tale motivo anche nell’atto di appello, riprodotto in ricorso.
Ora, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte, il vizio d’omessa pronuncia, configurabile allorchè manchi completamente il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto, deve essere escluso, pur in assenza di una specifica argomentazione, solo se la decisione adottata in contrasto con la domanda delle parte ne comporti il rigetto o l’assorbimento in altre statuizioni, con la conseguenza che tale vizio deve essere escluso in relazione ad una questione implicitamente o esplicitamente assorbita in altre statuizioni della sentenza (Cass., n. 1360 del 26.1.2016; n. 452 del 14.1.2015; n. 4079 del 25.2.2005).
Nel caso concreto, la Ctr ha omesso la pronuncia sulla suddetta eccezione sollevata dai contribuenti, nè al riguardo è configurabile una decisione implicita.
Invero, il giudice d’appello ha preliminarmente respinto un’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per inammissibilità della tardiva costituzione dell’Agenzia delle entrate e, nel merito, ha confermato la decisione della Ctp circa l’antieconomicità della condotta della società.
Ne consegue che la questione inerente al difetto di valida sottoscrizione dell’avviso impugnato non può dirsi assorbita implicitamente in tali statuizioni, che non presentano con essa alcun nesso logico-argomentativo.
Occorre altresì richiamare l’orientamento consolidato della Corte per cui, in tema d’imposte sui redditi e sul valore aggiunto, l’avviso d’accertamento, a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56 è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato e, in caso di contestazione del contribuente, incombe all’Amministrazione finanziaria dimostrare il corretto esercizio del potere (Cass., n. 24492 del 2.12.2015; n. 12781 del 21.6.2016). L’accoglimento del primo motivo, attenendo ad una questione preliminare di validità formale dell’atto impugnato, comporta l’assorbimento degli altri.
Pertanto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Ctr, anche per le spese.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Ctr della Campania, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017