Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14101 del 07/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 07/06/2017, (ud. 22/05/2017, dep.07/06/2017),  n. 14101

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16278/2010 R.G. proposto da:

ROMA EURSERVICE s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, T.R., rappresentata e difesa, giusta procura

speciale in calce al ricorso, dagli avv.ti Carlo Bulleri e Stefano

di Meo, domiciliata presso lo studio legale del secondo, in Roma,

via Pisanello n. 2;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana, n. 41/05/09, depositata in data 28 aprile 2009;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 maggio

2017 dal Cons. Lucio Luciotti.

Fatto

PREMESSO

– che con sentenza n. 41 del 28 aprile 2009 la Commissione tributaria regionale della Toscana rigettava l’appello proposto dalla Roma Euroservice s.r.l. (già Osauto s.r.l.) avverso la sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile, perchè tardivamente propostq, l’impugnazione dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della predetta società ai fini IVA, IRPEG ed IRAP relativamente all’anno di imposta 2003;

– che i giudici di appello confermavano la tesi dei primi giudici rilevando che l’originario ricorso era stato proposto dalla società contribuente tardivamente, ben oltre il sessantesimo giorno dalla notifica dell’atto impugnato, effettuata a mezzo posta;

– che avverso tale statuizione ricorre per cassazione la società contribuente sulla base di un motivo, cui replica l’intimata.

Diritto

CONSIDERATO

– che con il primo motivo di ricorso la ricorrente società deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 42 e 43 e L. n. 890 del 1982, art. 14 in relazione all’art. 3 medesima legge, sostenendo di avere dedotto in appello l’inesistenza e non la nullità della notifica dell’avviso di accertamento, per omessa redazione della relata di notifica sulla copia notificata dell’atto, con la conseguenza che il vizio era rilevabile d’ufficio dal giudice e non sanabile dalla tempestiva proposizione del ricorso;

– che la ricorrente ha concluso il motivo formulando il seguente quesito di diritto: “se la tardiva proposizione del ricorso, ai sensi dell’art. 21 D.Lgs. (rectius: d.lgs.) n. 546 del 1992 impedisca la sanatoria del vizio di notifica, dal quale sia affetto l’avviso di accertamento impugnato”;

– che il motivo di ricorso è inammissibile sotto diversi e convergenti ragioni; innanzitutto perchè è privo di autosufficienza per avere la ricorrente omesso di riprodurre nel ricorso il motivo di appello con cui aveva dedotto il vizio di inesistenza, piuttosto che quello di nullità, della notifica dell’atto impositivo; inoltre, la ricorrente censura la sentenza impugnata sostenendo che i giudici di appello avrebbero attribuito alla proposizione del ricorso efficacia sanante dell’irregolarità della notifica dell’avviso di accertamento, mentre è pacifico che la ratio decidendi della sentenza impugnata poggia sulla ritenuta inammissibilità del ricorso perchè tardivo rispetto ad una notifica regolare, in tal senso dovendosi intendere la chiara affermazione della CTR che “ritiene assorbente la tardività del ricorso di primo grado, notificato ben oltre il sessantesimo giorno dalla notifica dell’atto impugnato”, che, quindi, è stata ritenuta effettuata regolarmente; il mezzo di impugnazione in esame, pertanto, non coglie detta ratio essendo, per ciò stesso, inammissibile e conseguentemente anche il quesito formulato a conclusione del motivo, in ossequio al disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c., applicabile nella specie ratione temporis, è del tutto incongruente, risolvendosi, peraltro, in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo (Cass. n. 21672 del 2013; Sez. U. n. 20360 del 2007), priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente (Cass. Sez. U. n. 6420 del 2008);

– che il motivo, considerato il profilo del vizio di notificazione dell’avviso di accertamento, è anche palesemente infondato atteso che, stando alla prospettazione di parte ricorrente, la notifica sarebbe nella specie inesistente in quanto il messo notificatore dell’Agenzia delle entrate, ancorchè si sia servito del servizio postale, avrebbe dovuto apporre la relata di notifica anche sulla copia dell’atto notificato;

– che la tesi è palesemente errata alla stregua del principio in base al quale “in tema di notificazioni a mezzo posta, la disciplina relativa alla raccomandata con avviso di ricevimento, mediante la quale può essere notificato, ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 14 l’avviso di accertamento o liquidazione senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario, è quella dettata dalle disposizioni concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, in quanto le disposizioni di cui alla legge citata attengono esclusivamente alla notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 140 c.p.c. Ne consegue che, difettando apposite previsioni della disciplina postale, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato nella impossibilità senza sua colpa di prenderne cognizione” (Cass. n. 14501 del 2016; v. anche Cass. n. 15315 del 2014);

– che alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate come in dispositivo.

PQM

 

dichiara inammissibile il motivo di ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.500,00 per compenso, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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