Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14100 del 07/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 07/06/2017, (ud. 22/05/2017, dep.07/06/2017),  n. 14100

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15967/2010 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale sono domiciliati ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

D.S., rappresentato e difeso, per procura a margine

del controricorso, dagli avv.ti Alfredo Contieri, Gennaro Macri ed

Andrea Valanzano, ed elettivamente domiciliato presso lo studio

legale degli avv.ti Michele De Cilla e Salvatore Napolitano, in

Roma, via Zara, n. 16;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli

Venezia Giulia, n. 78/10/09, depositata in data 29 luglio 2009.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 22 maggio

2017 dal Cons. Dott. Lucio Luciotti.

Fatto

PREMESSO

– che con sentenza n. 78 del 29 luglio 2009 la Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso tre avvisi di accertamento con cui l’ufficio finanziario, sul presupposto della mancata risposta del contribuente all’invito a produrre documenti D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, aveva rettificato induttivamente, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d-bis), i redditi da quello conseguiti ed accertato maggiori imposte ai fini IVA, IRPEF ed IRAP con riferimento agli anni di imposta 2001, 2002 e 2003;

– che i giudici di appello ritenevano non correttamente notificato l’invito a produrre documenti, effettuato a mezzo raccomandata postale, ai sensi del D.L. n. 261 del 1990, art. 3, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 331 del 1990, art. 3, comma 5, in quanto erano state omesse le formalità prescritte dall’art. 140 c.p.c., per il caso, come quello di specie, in cui non era stato possibile consegnare la raccomandata postale;

– che avverso tale statuizione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, cui replica l’intimato con controricorso;

– che il Pubblico Ministero in data 28/04/2017 ha depositato memorie chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

– che le eccezioni, sollevate dal controricorrente, di inammissibilità del motivo di ricorso, che vanno esaminate con priorità, sono tutte infondate;

– che l’eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso perchè generico ed inconferente trova lampante smentita nella censura mossa alla statuizione impugnata, di avere violato e falsamente applicato D.L. n. 261 del 1990, art. 3, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 331 del 1990 e L. n. 890 del 1982, art. 8, che sono proprie le disposizioni su cui si fonda il ragionamento (invero del tutto erroneo, per come si dirà appresso) decisorio;

– che altrettanto palesemente infondata è l’eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso per vizio di autosufficienza e “divieto di introdurre nuovi motivi”, posto che quello prospettato come vizio di autosufficienza è, in realtà, una insussistente violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, contenendo il ricorso “l’esposizione sommaria” (come espressamente prevede la citata norma di rito) dei fatti di causa, requisito “soddisfatto laddove il contenuto dell’atto consenta”, come nel caso di specie, “di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione” (Cass. n. 16103 del 2016), pretendendo il controricorrente l’esposizione di fatti (come “dell’attività compiuta dalle difese delle parti dopo quelle assunte negli atti introduttivi, dell’attività istruttoria compiuta (in particolare sotto il profilo della proposizione di censure ed eccezioni)”) del tutto superflui alle finalità perseguite dalla norma in esame (Cass. n. 21570 del 2016), di cui neanche spiega la rilevanza a quei fini;

– che del tutto infondata, oltre che contraddittoria, è l’eccezione di inammissibilità sollevata con riferimento al “divieto di introdurre nuovi motivi”, posto che la censura di violazione di legge prospettata con il ricorso per cassazione risulta, oltre che dal contenuto della sentenza impugnata anche per stessa ammissione del controricorrente (v. foglio 12, dal secondo al quinto rigo, del controricorso), essere stata oggetto di specifico motivo di appello dell’Agenzia delle Entrate;

– che infondata è l’ulteriore eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso sollevata dal controricorrente per vizio di autosufficienza, non consentendo il motivo, così come argomentato, di far “comprendere quale sia la ratio decidendi che sorregge la pronuncia stessa e quale il motivo di gravame” e per avere omesso di trascrivere il contenuto dell’avviso di ricevimento della raccomandata; invero, il ricorso esplicita in maniera chiara la ratio decidendi della sentenza impugnata, peraltro perfettamente comprensibile dalla lettura della stessa, ma anche la censura mossa a tale decisione è specifica e chiara, mentre del tutto irrilevante è nella specie il contenuto dell’avviso di ricevimento, atteso che non del suo contenuto si discute o del fatto – peraltro pacifico tra le parti ed accertato dalla stessa CTR – che non fu possibile consegnare al destinatario la raccomandata postale inviatagli dall’Agenzia delle Entrate, ma dell’applicabilità o meno delle disposizioni di cui alla L. n. 890 del 1982, art. 8;

– che l’inammissibilità del motivo di ricorso per genericità ed astrattezza del quesito formulato dalla difesa erariale è palesemente inammissibile atteso che la formulazione del quesito non era affatto necessaria, stante l’inapplicabilità al caso di specie, in cui la sentenza è stata pubblicata in data 29/07/2009, del disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c., abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, ed applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma 5, della medesima legge ai ricorsi proposti avverso le sentenze ed i provvedimenti pubblicati fino al 4 luglio 2009;

– che, diversamente da quanto ritenuto dal controricorrente, il motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, con cui viene censurata la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.L. n. 261 del 1990, art. 3, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 331 del 1990 e L. n. 890 del 1982, art. 8, è fondato e va accolto;

– che questa Corte, pronunciandosi in materia di notificazione a mezzo posta ed in modo diretto degli avvisi e degli atti che per legge vanno notificati al contribuente, consentita agli uffici finanziari a partire dal 15 maggio 1998, data di entrata in vigore della L. n. 146 del 1998, art. 20 (che ha modificato della L. n. 890 del 1982, art. 14), ha affermato che “quando il predetto ufficio si sia avvalso di tale facoltà di notificazione semplificata, alla spedizione dell’atto si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge n. 890 del 1982″ (cfr., Cass. n. 17598 del 2010, con cui la Corte, in applicazione del suddetto principio, confermava la sentenza della Commissione Tributaria regionale che aveva ritenuto valida la notifica dell’invito al contraddittorio endoprocedimentale ai fini dell’accertamento con adesione del D.Lgs. n. 218 del 1997, ex art. 5, effettuata con raccomandata, non ritirata presso l’ufficio postale, senza che ad essa fosse seguito l’invio della raccomandata informativa previsto dalla L. n. 890 del 1982, art. 8, così come modificato a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 346 del 1998”, che è ipotesi analoga a quella qui in esame; in senso sostanzialmente analogo si era peraltro espressa questa Corte, in materia di contenzioso tributario, con le sentenze nn. 17723 del 2006, n. 1906 e n. 15284 del 2008, mentre in tema di tributi locali, con la sentenza n. 2690 del 2002);

– che l’indirizzo giurisprudenziale che per le diverse ipotesi in cui l’amministrazione finanziaria (ma anche l’agente della riscossione) sia per legge legittimata ad effettuare la notificazione direttamente a mezzo del servizio postale, senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario, esclude l’applicabilità delle disposizioni relative alla disciplina delle notificazioni eseguite a mezzo ufficiale giudiziario, previste dalla L. 20 novembre 1982, n. 890, compresi l’art. 7, comma 6 – che prescrive l’invio della raccomandata informativa nell’ipotesi di consegna a persona diversa dal destinatario (sul punto, espressamente Cass. n. 19089 e n. 19090 del 2016) – e art. 8, comma 2 e segg., sulle formalità da seguire in caso di irreperibilità del destinatario, è stato più volte ribadito da questa Corte (cfr., oltre alle sopra citate pronunce, sent. n. 19765 e n. 15970 del 2016 relative a cartella di pagamento, sent. n. 14501 del 2016 nonchè sent. n. 18901 del 2016 relativa ad atto di diniego di condono);

– che l’applicazione dei suesposti principi va, necessariamente e con tutta evidenza, estesa anche alla fattispecie in esame, a ciò inducendo la considerazione che il combinato disposto dal D.L. n. 261 del 1990, art. 3, commi 4 e 5, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 331 del 1990, prevede espressamente la possibilità della notifica delle “richieste di dati e notizie che gli uffici periferici dell’Amministrazione finanziaria e i centri informativi inviano in conformità alle singole leggi di imposta” e, quindi, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 32 (come nella fattispecie), da parte dell’ufficio finanziario “mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento”, ovvero con una modalità di notificazione assai semplificata, a cui si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario e di certo non quelle della L. n. 890 del 1982, la cui inapplicabilità nella specie discende, dal rilievo che trattasi di legge dettata in materia di “notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari”, tale non essendo l'”invito” D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, dalla mancanza di qualsiasi rinvio alle disposizioni di quella legge, dal fatto che “il legislatore quando ha voluto che le notificazioni, in materia tributaria, fossero eseguite ai sensi degli artt. 137 c.p.c. e segg., lo ha espresso in modo chiaro” (Cass. n. 21309 del 2010 e n. 270 del 2012), ma anche e soprattutto dal fatto che il citato D.L. 261 del 1990, art. 4, comma 4, u.p., prevede espressamente che “la notifica si dà per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal destinatario ovvero da persona di famiglia o addetto alla casa”, senza previsione e necessità di attività diverse da quelle previste dal regolamento postale;

– che, pertanto, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico nè dev’essere inviata la raccomandata informativa in caso di assenza o irreperibilità del destinatario e, comunque, “l’atto pervenuto a mezzo posta raccomandata all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prenderne cognizione (Sez. 5, Sentenza n. 9111 del 06/06/2012, Rv. 622974; Sez. 5, Sentenza n. 15315 del 04/07/2014, Rv. 631551)” (Cass. n. 19089 del 2016, cit.); circostanza, quest’ultima, neppure dedotta dal controricorrente;

– che, in estrema sintesi, il motivo di ricorso in esame va accolto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR friulana, in diversa composizione, perchè esamini i motivi di ricorso dedotti dal contribuente, ove ritualmente riproposti in grado di appello D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 56;

– che il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

accoglie il motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2017

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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