Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14098 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. III, 27/06/2011, (ud. 11/05/2011, dep. 27/06/2011), n.14098

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11241-2009 proposto da:

R.A., R.R. (OMISSIS), R.

L., R.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato MENICACCI STEFANO, che

li rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

RHONE MEDITERRANEE S.P.A. IN LCA (OMISSIS) in persona del suo

Commissario Liquidatore Dott. L.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA C. MONTEVERDI 20, presso lo studio

dell’avvocato LAIS GIULIO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato BAZZANI VIRGILIO giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

INA ASSITALIA ASSICURAZIONI S.P.A., D.N.

(OMISSIS), MILANO ASSICURAZIONI S.P.A., R.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 128/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

SEZIONE 3^ CIVILE, emessa il 16/12/2008, depositata il 13/01/2009

R.G.N. 993/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI CARLEO;

udito l’Avvocato LAIS GIULIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata nel dicembre 1995 I.F. esponeva che in data 21 novembre 1994 aveva riportato gravi lesioni personali in conseguenza di un sinistro stradale, verificatosi in territorio di (OMISSIS), intercorso tra un motocarro Ape, di proprietà di R. M., sul quale viaggiava come trasportata, ed una vettura di proprietà di D.N.. Ciò posto, conveniva in giudizio il D. e la sua compagnia assicuratrice Milano Assicurazioni S.p.a., il R. e la sua compagnia Rhone Mediterranee in l.c.a.

nonchè l’Assitalia Spa quale impresa designata dall’INA FGVS per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subiti. Al giudizio, in cui si costituivano le sole compagnie assicuratrici, veniva riunito l’autonomo giudizio proposto dal R.. Nelle more, deceduta la I., intervenivano gli eredi Ro., A., L. e R.P..

In esito al giudizio, in cui R.M. e gli eredi della I. dichiaravano di aver transatto la lite con la Milano, il Tribunale adito dichiarava inammissibile la domanda di R. M. per sopravvenuta carenza di interesse e rigettava la domanda proposta dagli eredi della I..

Questi ultimi impugnavano la decisione, chiedendo accertarsi la responsabilità concorrente di R.M. e la sua condanna in solido con la Rhone Mediterranee. In esito al giudizio di impugnazione, la Corte di Appello di Roma con sentenza depositata in data 13 gennaio 2009 rigettava il gravame. Avverso la detta sentenza Ro., A., L. e R.P. hanno quindi proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo.

Resiste con controricorso la Rhone Mediterranee in l.c.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La doglianza, svolta dai ricorrenti per violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 1, comma 3 con riguardo agli artt. 112 e 100 c.p.c. e art. 1304 c.c., si articola essenzialmente attraverso due profili, il primo dei quali è fondato sulla considerazione che i giudici di secondo grado avrebbero sbagliato a rigettare la domanda attrice nei confronti del secondo debitore solidale per l’impossibilità di determinare la quota residua di credito in quanto l’attrice non aveva indicato l’importo percepito in sede di transazione dal primo condebitore solidale nè aveva depositato la relativa documentazione. Ed invero – così scrivono i ricorrenti – sarebbe “in palese contrasto con gli artt. 100 e 324 c.p.c. la motivazione del giudice di merito che ha rilevato una carenza di interesse degli eredi dell’attrice a procedere anche nei confronti del secondo condebitore spa Rhone, considerato che è stato accertato – con efficacia di giudicato – il persistere di una quota residua di credito-diritto al risarcimento anche nei confronti del secondo condebitore solidale” Il profilo di doglianza è infondato. A riguardo, al fine di comprendere più agevolmente i termini della controversia, mette conto di rilevare che, nel corso del giudizio di primo grado, così come è riportato nella sentenza impugnata, all’udienza del 9 maggio 2002, R.M. e gli eredi della I. dichiararono di aver transatto la lite con la Milano Assicurazioni; i secondi, inoltre, aggiunsero di voler coltivare la domanda solo nei confronti di R.M., della sua compagnia assicuratrice in l.c.a. e della RAS. Quando il giudice di primo grado rigettò tale domanda per non avere gli eredi R. indicato la quota dell’obbligazione risarcitoria già estinta, essi impugnarono la decisione chiedendo alla Corte di appello di accertare la responsabilità, in via esclusiva o concorrente di R. M., al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni in solido con la sua compagnia assicuratrice. Fatto sta che anche nel giudizio di secondo grado gli eredi R. non indicarono l’entità della somma ricevuta dalla Milano Assicurazioni e la Corte ha rigettato l’impugnazione sia perchè non poteva essere determinata la quota rimasta a carico degli altri debitori sia perchè ogni accertamento in ordine alla responsabilità dell’incidente sarebbe stato privo di concreta utilità.

Ciò premesso, appare di ovvia evidenza che la decisione della Corte territoriale si è fondata sulla premessa, assolutamente pacifica tra le parti, che la transazione intercorsa tra R.M., gli eredi della I. e la Milano Assicurazioni riguardava la sola quota di debito a carico della compagnia che aveva concluso l’accordo e non già l’intero debito solidale, tant’è che gli eredi della I., in primo grado, chiesero di voler coltivare la domanda nei confronti di R.M., della sua compagnia assicuratrice in l.c.a. e della RAS ed in secondo grado chiesero alla Corte di appello di accertare la responsabilità, in via esclusiva o concorrente di R. M., al line di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni in solido con la sua compagnia assicuratrice nella misura in cui il debito solidale residuava a suo carico.

Ora, secondo il consolidato orientamento di questa Corte che questo Collegio assolutamente condivide, la transazione, limitata alla quota del debitore che abbia effettuato la transazione medesima, produce il limitato effetto dello scioglimento del vincolo solidale tra questi e gli altri debitori (Cass. nn. 9369/06, 3086/97, 7979/94, 13701/91, 8957/90, 2327/78) e la riduzione del debito complessivo in misura pari all’importo pagato dal transigente (Cass. n. 14550/09). Con la conseguenza che, a seguito della transazione, il creditore che voglia azionare la pretesa risarcitoria nei confronti dell’altro condebitore solidale, ai sensi dell’art. 2055 c.c., ha l’onere di provare sia l’an che il quantum debeatur da porsi a suo carico nei limiti in cui il debito complessivo risulta ridotto in misura pari all’importo già pagato dal transigente.

Ne deriva l’infondatezza del profilo di doglianza in esame, posto che l’omessa indicazione, da parte degli eredi della I., dell’entità della somma ricevuta dalla condebitrice Milano Assicurazioni, non consentiva la determinazione della quota rimasta a carico degli altri debitori solidali e rendeva superfluo ogni accertamento in ordine alla responsabilità dell’incidente che sarebbe stato privo di ogni utilità concreta non potendo dar vita ad alcuna condanna al risarcimento danni in quel giudizio.

Ugualmente infondato è il secondo profilo di doglianza con cui i ricorrenti hanno lamentato la mancata pronuncia della Corte di Appello sulla domanda formulata nell’atto di appello volta ad ottenere una sentenza di condanna generica nei confronti del secondo condebitore solidale. A riguardo, si deve osservare che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, nel giudizio di risarcimento del danno, solo in presenza dell’accordo delle parti o, quanto meno, della mancata opposizione del convenuto, il giudice può scindere il giudizio medesimo, che è di norma unitario, e limitare la pronuncia all'”an debeatur”; in mancanza di una delle due condizioni, egli deve decidere anche la domanda di quantificazione del danno, per accoglierla (ricorrendo, se del caso alla forma di cui all’art. 279 c.p.c., n. 4, e, per il merito, al disposto dell’art. 1226 cod. civ.), o per respingerla (quando non sia determinabile l’entità del danno), restando sempre esclusa la possibilità di pronunciare una condanna generica di risarcimento con rinvio della liquidazione ad altro giudizio. (cfr Sez. Un. 1324/97, n. 10256/98, n. 6262/96, n. 5139/98, Sez. Un. 12103/95).

Ciò posto, mette conto di evidenziare come, nel caso di specie, non sia stata affatto indicata nè tanto meno riportata in ricorso, nel rispetto del cd. principio di autosufficienza, alcuna risultanza processuale volta a testimoniare l’avvenuto accordo tra le parti o comunque la mancata opposizione da parte degli appellati in ordine alla possibilità di limitare la pronuncia del giudice dell’impugnazione all’an debeatur. Anzi tale circostanza non è stata neppure allegata dai ricorrenti. Ne deriva pertanto l’infondatezza anche del secondo profilo di doglianza.

Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalla censura dedotta, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti, in solido, alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, a favore della contro ricorrente, senza che occorra provvedere sulle spese a favore delle altre parti, in quanto le stesse, non essendosi costituite, non ne hanno sopportate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione, a favore della contro ricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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