Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14098 del 07/06/2017

Cassazione civile, sez. trib., 07/06/2017, (ud. 22/05/2017, dep.07/06/2017),  n. 14098

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15302/2010 R.G. proposto da:

C.A., rappresentata e difesa, per procura a margine del

ricorso, dall’avv. Massimo Vita ed elettivamente domiciliata presso

lo studio legale del predetto difensore, in Roma, via Monte Zebio,

n. 19;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale sono domiciliati ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio,

n. 146/01/09, depositata in data 8 aprile 2009.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 22 maggio

2017 dal Cons. Dott. Lucio Luciotti.

Fatto

PREMESSO

– che con sentenza n. 146 dell’8 aprile 2009 la Commissione tributaria regionale del Lazio, ritenendo tardivamente proposto il ricorso di primo grado, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva annullato, su ricorso di C.A., l’avviso di accertamento emesso ai fini Iva con riferimento all’anno di imposta 2001;

– che avverso tale statuizione la ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui replica l’intimata con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

– che il primo motivo di ricorso, con cui la ricorrente deduce la “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in riferimento al principio di correttezza della modalità di notifica dell’accertamento così come stabilito dalla Commissione Regionale” è inammissibile ed infondato; è inammissibile innanzitutto perchè deduce come error in iudicando, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, quello che è all’evidenza un error in procedendo in quanto diretto a censurare l’errata applicazione di norma processuale (nella specie l’art. 139 c.p.c.), essendo noto che costituisce causa di inammissibilità del ricorso per cassazione l’erronea sussunzione del vizio, che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità, nell’una o nell’altra fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c. (Cass. n. 21165 del 2013 e n. 1615 del 2015); è altresì inammissibile per inidoneità del quesito ex art. 366 bis c.p.c. (applicabile al caso di specie ratione temporis, stante la pubblicazione della sentenza impugnata in data 8/04/2009), la cui formulazione (testualmente: “la notifica ex art. 140 c.p.c., deve essere preceduta formalmente e documentalmente dalle modalità previste dall’art. 139 c.p.c. n. 1, 2, 3?”) si pone in insanabile contrasto con il principio più volte affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 19769 del 2008, nonchè Cass. n. 22591 del 2013), secondo cui “Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. E’, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge”;

– che il motivo è anche infondato in quanto l’eventuale nullità sarebbe comunque sanata dal raggiungimento dello scopo della notifica, avendo la ricorrente regolarmente ricevuto la raccomandata di conferma del deposito del piego nell’ufficio postale (Cass. n. 19522 del 2016), come accertato dalla CTR nella sentenza impugnata;

– che, al riguardo, la ricorrente ha dedotto, anche nel secondo motivo di impugnazione, con cui censura la sentenza d’appello per vizio motivazionale, che aveva errato la CTR a sostenere che l’avviso di ricevimento della raccomandata informativa di cui all’art. 140 c.p.c., u.p., non era stata ricevuta personalmente da essa ricorrente riportando la sottoscrizione di persona diversa;

– che la questione posta dalla ricorrente è del tutto irrilevante ai fini della decisione non essendo stata prospettata una irregolarità nella consegna della raccomandata (per esempio, perchè effettuata a persona non abilitata alla ricezione della stessa) tale da comportarne la nullità;

– che la censura, ove invece diretta a prospettare la falsità della sottoscrizione, è palesemente inammissibile in quanto è regola iuris che l’avviso di ricevimento “è parte integrante della relazione di notifica costituendo, ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 4, comma 3, il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna del plico con la relativa data sia l’identità della persona cui la consegna medesima figura effettuata e che ha sottoscritto l’avviso anzidetto, riveste natura di atto pubblico e, quindi, essendo tale notificazione un’attività legittimamente delegata dall’ufficiale giudiziario all’agente postale in virtù del disposto della citata L. n. 890 del 1982, art. 1, gode della identica forza certificatoria della relata di una notificazione eseguita direttamente dallo stesso ufficiale giudiziario ovvero risulta munito della fede privilegiata attribuita dall’art. 2700 c.c., in ordine alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che l’agente dianzi indicato, mediante la propria sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento, attesta avvenuti in sua presenza, onde il destinatario di un simile avviso, là dove intenda dimostrare la non veridicità delle risultanze di quest’ultimo, affermando (come nella specie) di non aver mai ricevuto l’atto ed, in particolare, di non aver mai apposto la propria firma (…) sull’avviso medesimo, ha l’onere, se intende contestare l’avvenuta esecuzione della notificazione, di impugnare l’avviso di ricevimento a mezzo di querela di falso, anche se l’immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo, ma soltanto ad imperizia, leggerezza o negligenza dell’agente postale (Cass. 8 febbraio 2001, n. 1783; Cass. 1 marzo 2003, n. 3065; Cass. 27 aprile 2004, n. 8032; Cass. 22 aprile 2005, n. 8500)” (v., in motivazione, Cass. 24852 del 2006; anche Cass. n. 2421 del 2014);

– che il secondo motivo, con cui la ricorrente, come sopra anticipato, deduce il vizio della sentenza impugnata per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere la CTR omesso di verificare il documento dal quale si evinceva che la ricorrente “non ha ricevuto personalmente la raccomandata in quanto la firma del ricevente è soggetto diverso dalla ricorrente”, è anche inammissibile per mancanza del cosiddetto “momento di sintesi” della censura, richiesto dal combinato disposto dall’art. 366-bis c.p.c., secondo periodo (nel testo previgente, applicabile ratione temporis) e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 (cfr. Cass. n. 18363 del 2015);

– che, in estrema sintesi, il ricorso va rigettato per inammissibilità dei motivi e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

 

dichiara inammissibili i motivi di ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compenso, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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