Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14097 del 24/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/05/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 24/05/2021), n.14097

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13236/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

C.T.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la

Lombardia – Milano n. 167/34/2013, pronunciata in 13 marzo 2013 e

depositata il 14 novembre 2013, non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 gennaio

2021 dal Cons. Marcello M. Fracanzani.

 

Fatto

RILEVATO

1.Il contribuente, imprenditore che esercitava l’attività di commercio all’ingrosso di macchine per edilizia, era attinto da avviso di accertamento ai fini delle imposte sui redditi per l’anno 2005. L’ufficio aveva rettificato i ricavi dichiarati dal contribuente applicando i c.d. studi di settore, con conseguente ripresa a tassazione ed applicazione delle relative sanzioni, ritenendo generiche e insufficienti le giustificazioni da costui addotte nel corso del contraddittorio procedimentale.

2. I due gradi di merito erano favorevoli al contribuente.

3. Insorge ora con ricorso l’Avvocatura generale dello Stato che si affida ad un unico motivo. Rimane intimato il contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

1. Con l’unico motivo di doglianza la difesa erariale lamenta la violazione o falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62-bis e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Afferma, in particolare, che la CTR avrebbe erroneamente applicato la disciplina dettata in tema di accertamento standardizzato, così come interpretata da questa Corte, confermando erroneamente l’annullamento dell’avviso di accertamento in difetto dei presupposti. In particolare non era onere dell’Amministrazione finanziaria provare la sottofatturazione, così come non era onere dell’Ufficio nè svolgere indagini su quanto dichiarato dal contribuente nè esaminarne i movimenti finanziari.

Il motivo è infondato.

2. Rappresenta principio consolidato di questa Corte quello per cui, in tema di accertamento standardizzato mediante parametri o studi di settore, il contraddittorio con il contribuente costituisce elemento essenziale e imprescindibile del giusto procedimento che legittima l’azione amministrativa (in ispecie quando si faccia riferimento ad una elaborazione statistica su specifici parametri, di per sè soggetta alle approssimazioni proprie dello strumento statistico, e sia necessario adeguarle alla realtà reddituale del singolo contribuente, potendo solo così emergere gli elementi idonei a commisurare la “presunzione” alla concreta realtà economica dell’impresa), sicchè la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri, ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, solo così emergendo la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui suddetti parametri e la giustificabilità di un onere della prova contraria (ma senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto) a carico del contribuente (Cfr. Cass., Sez. VI-5, 18.12.2017, n. 30370).

In particolare è stato affermato che ciò che dà sostanza all’accertamento mediante l’applicazione dei parametri è il contraddittorio con il contribuente, dal quale possono emergere elementi idonei a commisurare alla concreta realtà economica dell’impresa la “presunzione” indotta dal rilevato scostamento del reddito dichiarato dai parametri e, conseguentemente, la giustificabilità di un onere della prova contraria a carico del contribuente (cfr. anche Cass., Sez. Un., 18 dicembre 2009, n. 26635). Ed infatti, in tale fase il contribuente “ha la facoltà di contestare l’applicazione dei parametri provando le circostanze concrete che giustificano lo scostamento della propria posizione reddituale, con ciò costringendo l’ufficio – ove non ritenga attendibili le allegazioni di parte – ad integrare la motivazione dell’atto impositivo indicando le ragioni del suo convincimento” (Cfr. Cass., V, ord. n. 24330/2019).

2.1 Ciò premesso, dalla lettura della sentenza impugnata emerge come i giudici d’appello abbiano dato ampiamente e congruamente conto delle ragioni logico-giuridiche sottese alla decisione assunta avendo richiamato tutti gli elementi a prova contraria offerti dal contribuente e idonei, in astratto, a confutare i risultati emersi dallo studio di settore e cui era giunto l’Ufficio.

A fronte di tali elementi l’Amministrazione finanziaria ha unicamente opposto una pretesa genericità ed insufficienza degli elementi probatori, senza – a quanto consta dal ricorso – integrare l’avviso di accertamento con le ulteriori ragioni a confutazione delle argomentazioni fornite del contribuente.

2.2. La motivazione appare dunque logica e coerente con i principi enucleati dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di studi di settore, con riguardo alla sua valenza di sistema di presunzioni semplici, con riguardo alla necessità di instaurazione del contraddittorio, con riferimento agli obblighi di allegazione probatoria gravante su ciascuna parte. Per converso, l’affermazione della difesa erariale, secondo cui la CTR avrebbe erroneamente posto a carico dell’Ufficio l’onere della prova, mostra di ignorare il principio sopra ricordato secondo cui l’Ufficio ha l’obbligo di integrare la motivazione dell’atto impositivo a fronte di elementi probatori offerti dal privato. Onere che l’Amministrazione finanziaria non ha adempiuto.

In conclusione il motivo è infondato e il ricorso va respinto.

Non si fa luogo alla condanna alle spese essendo rimasto intimato il contribuente.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla per le spese

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2021

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