Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14092 del 07/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/07/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 07/07/2020), n.14092

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36789-2018 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

MARCO GAITO;

– ricorrente –

contro

MA.GI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO

CESI 21, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE ACONE, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SAVERIO UGOLINI;

– controricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA già MILANO ASSICURAZIONI SPA, in persona

del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GUIDO D’AREZZO 32, presso lo studio dell’avvocato MATTEO MUNGARI,

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

R.M., R.L., CONDOMINIO (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 2747/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 04/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. POSITANO

GABRIELE.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 3 luglio 2010, M.M. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Verona, R.M. e R.L. e Ma.Gi. per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di infiltrazioni che avevano interessato il soffitto dell’appartamento a causa della rottura delle tubature poste a servizio dell’immobile sovrastante, di proprietà dei convenuti. Si costituiva Ma.Gi. chiedendo di chiamare in causa il Condominio (OMISSIS), quale proprietario delle tubature e, nel merito, contestava la fondatezza della domanda. Si costituiva anche condominio chiedendo preliminarmente di chiamare in causa l’assicuratore, cioè la Milano Assicurazioni, che si costituiva e chiedeva la reiezione della pretesa;

il Tribunale, con sentenza dell’11 settembre 2013 rigettava la domanda con condanna dell’attrice al pagamento delle spese nei confronti del condomino e compensazione nei rapporti con le altre parti. Secondo il Tribunale, ricorrendo l’ipotesi prevista all’art. 2051 c.c., l’attrice avrebbe dovuto dimostrare il nesso di causalità tra i danni riportati e la cosa in custodia, al fine di provare la responsabilità di chi controllava di fatto le modalità di uso e conservazione della res. Tale prova non sarebbe stata fornita;

avverso tale decisione proponeva appello M.M. assumendo l’errata interpretazione dell’art. 2051 c.c. e l’assenza di motivazione riguardo alla mancata disposizione di consulenza tecnica sull’immobile. Si costituivano il comproprietario Ma.Gi., il condominio e Unipol Sai Assicurazioni S.p.A., subentrata a Milano Assicurazioni, con separati atti, chiedendo il rigetto della impugnazione;

la Corte d’Appello di Venezia, con ordinanza del 12 maggio 2017, disponeva consulenza tecnica che attestava l’impossibilità di stabilire la natura condominiale o esclusiva della condotta che avrebbe causato il danno lamentato. Sulla base delle risultanze della consulenza la Corte territoriale, con sentenza del 4 ottobre 2018 rigettava l’appello con condanna della M. al pagamento delle spese, con distrazione in favore del procuratore antistatario;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione M.M. affidandosi a quattro motivi, che illustra con memoria. Resistono con separati controricorsi Unipol Sai Assicurazioni S.p.A, che deposita memoria e Ma.Gi..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. La Corte d’Appello di Venezia avrebbe omesso di argomentare in merito al profilo giuridico della responsabilità del convenuto Ma. ai sensi dell’art. 2051 c.c. Pertanto, la motivazione sarebbe solo apparente. In sostanza la Corte non avrebbe argomentato sul motivo di appello con il quale era stata evidenziata la violazione dell’art. 2051 c.c. da parte del Tribunale;

con il secondo motivo si deduce l’omessa motivazione sul punto decisivo della controversia rappresentato dall’orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia di presunzione di proprietà delle tubazioni situate nel solaio dell’appartamento. Si lamenta, altresì, la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. Come evidenziato in appello, secondo la giurisprudenza di legittimità, il tratto di tubatura orizzontale si presume di proprietà dell’appartamento sovrastante. Rispetto a tale assunto la Corte d’Appello non avrebbe fornito alcuna argomentazione;

con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 2051 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare, la cosa in custodia oggetto di indagine non dovrebbe identificarsi con la tubazione, ma con l’unità immobiliare, poichè la tubazione interessata dalla lesione e il relativo impianto costituiscono parte integrante dell’immobile;

con il quarto motivo si lamenta l’omesso esame di fatti decisivi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, costituiti dalle affermazioni del convenuto riguardo l’omessa custodia dell’immobile da parte della madre e il comportamento del medesimo convenuto che, durante la pendenza del giudizio, aveva eseguito interventi sul manufatto, riparando il danno;

con il quinto motivo si deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La Corte d’Appello, confermando la valutazione del Tribunale, avrebbe erroneamente attribuito all’attrice un onere probatorio in realtà insussistente, con la conseguenza che i capitoli di prova avrebbero dovuto essere ammessi;

Il primo motivo è inammssibile. Ove la sentenza di appello sia motivata “per relationem” alla pronuncia di primo grado, al fine ritenere assolto l’onere ex art. 366 c.p.c., n. 6, occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonchè le critiche ad essa mosse con l’atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali (Cass. Sez. U n. 7074 del 20/03/2017). Nel caso di specie non è trascritto o allegato o localizzato nel fascicolo di legittimità il contenuto della sentenza di primo grado e il corrispondente motivo di appello;

il secondo motivo è infondato, poichè non ricorre omessa pronunzia sul tema trattato all’ultimo capoverso dell’atto di appello, in quanto la questione è espressamente esaminata dalla Corte territoriale, che ha ritenuto persuasive ed assorbenti le considerazioni espresse dal consulente d’ufficio. Per il resto, la chiesta verifica in concreto della proprietà esclusiva della tubatura orizzontale, si traduce in una indagine di fatto, dedotta in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, e comunque non sindacabile in sede di legittimità. Peraltro, è pacifico che si tratti di tubatura orizzontale e che la stessa è oggetto di proprietà comune fino al punto di diramazione degli impianti nei locali di proprietà esclusiva;

il terzo motivo è infondato, poichè la responsabilità per le cose in custodia presuppone l’allegazione del nesso causale, che significa dimostrazione della verificazione dell’evento e imputabilità dello stesso alla parte convenuta, ivi compresa la prova della proprietà della res che avrebbe determinato il danno (Cass. 7 agosto 2013, n. 18855);

il quarto motivo è inammissibile in presenza di una doppia conforme fondata sulle medesime valutazioni fattuali atteso il tenore dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5, che non consente la censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

a prescindere da ciò, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori (il comportamento della controparte) non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo;

il quinto motivo è dedotto in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, riguardo al contenuto dei capitoli di prova che si assumono rilevanti, ma che non sono trascritti, allegati o localizzati all’interno del fascicolo di legittimità;

infine, va ribadito che, in caso di ricorso per cassazione inammissibile o “prima facie” infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine richiesto con la memoria ex art. 380 bis c.p.c., per la rinnovazione di una notifica, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (da ultimo, Cass. n. 12515 del 21/05/2018);

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza e vanno liquidate separatamente nei conforti dei controricorrenti in ragione dell’attività difensiva espletata. Infine, tenuto conto del tenore della decisione, mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) dichiara che sussistono i presupposti per il pagamento del doppio contributo se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidandole in Euro 2.700,00 in favore di UnipolSai SpA e in Euro 2050,00 in favore di Ma.Gi., per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge per entrambi.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2020

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