Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14091 del 07/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 07/06/2017, (ud. 28/02/2017, dep.07/06/2017),  n. 14091

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 12506/2012 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

R.G.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna, n. 20/12/2011, depositata in data 29 marzo

2011.

Udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 28 febbraio 2017

dal Cons. Dott. Lucio Luciotti;

udito l’avv. Fabrizio Urbani Neri, per l’Avvocatura Generale dello

Stato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso chiedendo il

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La competente Agenzia delle Entrate rettificava i redditi dichiarati nell’anno di imposta 2002 dal contribuente, esercente l’attività di riparatore meccanico, mediante l’applicazione degli studi di settore, rideterminando maggiori imposte ai fini IVA, IRPEF ed IRAP.

2. Il ricorso proposto dal contribuente veniva accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna e la sentenza, appellata dall’Agenzia delle entrate, veniva confermata dalla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna che, con la sentenza n. 23 del 29 marzo 2011, rilevava la carenza motivazionale dell’atto impositivo fondato sul mero scostamento dei redditi dichiarati rispetto a quelli risultanti dallo studio di settore applicato e sull’esito negativo del contraddittorio.

3. Ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di due motivi, cui non replica l’intimato.

4. Il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione della sentenza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, convertito, con modificazione, dalla L. n. 427 del 1993 e art. 2697 c.c., sostenendo che i giudici di appello, rilevando il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, non avevano correttamente applicato i principi fissati dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 26635 del 2009, espressamente richiamata in sentenza, in quanto non avevano considerato il comportamento tenuto dal contribuente in sede di contraddittorio, non solo del tutto inerte, ma anche “di spregio nei confronti dell’operato dell’Amministrazione finanziaria”, avendo fatto pervenire, per il tramite di un suo delegato, una comunicazione di non accettazione della proposta di accertamento con adesione formulata dall’ufficio finanziario, espressamente riportata nella motivazione dell’avviso di accertamento, e per avere giustificato lo scostamento dei redditi dichiarati da quelli risultanti dall’applicazione degli studi di settore sulla scorta di un certificato medico attestante uno stato patologico risalente all’anno di imposta precedente (2001).

2. Con il secondo subordinato motivo la ricorrente deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata per avere i giudici di appello del tutto omesso di valutare l’idoneità della documentazione prodotta dal contribuente, consistente in una certificazione medica attestante uno stato patologico del medesimo risalente all’anno 2001, a giustificare il rilevato scostamento.

3. Il primo motivo è infondato e va rigettato con conseguente assorbimento del secondo.

3.1. Nell’avviso di accertamento emesso nei confronti del contribuente e riprodotto, per autosufficienza, nel ricorso, l’amministrazione finanziaria si limita a dare atto della mancata accettazione da parte del contribuente della proposta di adesione formulata dall’ufficio (peraltro negli stessi termini di quella fatta con riferimento all’anno di imposta precedente ed accettata dal contribuente), ma nulla viene detto in ordine alla documentazione prodotta in quella stessa sede dal contribuente. Ed è la stessa ricorrente a precisare (pag. 14 del ricorso) che il contribuente aveva prodotto “sia in sede di contraddittorio con lo scrivente ufficio che, successivamente, in sede contenziosa” certificazione medica attestante una patologia che gli aveva precluso il raggiungimento del livello di reddito risultante dallo studio di settore. Orbene, ancorchè la predetta certificazione risalisse all’anno 2001, nella motivazione dell’avviso di accertamento non vi è traccia alcuna della valutazione di tale documentazione. Correttamente, quindi, la CTR ha rilevato il difetto di motivazione dell’atto impositivo giacchè, alla stregua dei principi affermati dal supremo consesso di questa Corte nella sentenza citata dalla CTR (Cass. n. 26635 del 2009) e consolidatisi nelle successive pronunce di questa Sezione (cfr., ex multis, Cass. n. 11633 del 2013, n. 17646 e n. 20414 del 2014, n. 3415 del 2015 e n. 6114 e n. 10047 del 2016), in particolare sul rilievo che l’atto impositivo deve dare motivata contezza delle ragioni che inducono l’ufficio a non ritenere attendibile le allegazioni della parte, nella specie l’amministrazione finanziaria avrebbe dovuto dare atto nell’avviso di accertamento del motivo per il quale aveva ritenuto di disattendere quella certificazione medica. Al riguardo deve anche osservarsi che, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente nel mezzo di impugnazione in esame, nel caso di specie il contribuente non era rimasto inerte, avendo risposto all’invito al contraddittorio depositando quella certificazione, la cui valutazione, trattandosi di documentazione attestante un fatto specifico (arg. da Cass. n. 3415 del 2015, che fa riferimento alla necessità di “allegazioni specifiche”) ed affatto inconferente alla fattispecie concreta, andava esplicitata nell’avviso di accertamento, indipendentemente dalla sua idoneità a giustificare il conseguimento di un reddito inferiore a quello che sarebbe normale secondo lo specifico studio di settore.

Per le ragioni esposte il motivo di ricorso esaminato va rigettato perchè infondato ed il secondo deve ritenersi assorbito. Non deve provvedersi sulle spese del presente giudizio di legittimità in assenza di costituzione dell’intimato.

PQM

 

rigetta il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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