Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14090 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. III, 27/06/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 27/06/2011), n.14090

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. LEVI Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9940-2009 proposto da:

ALLIANZ S.P.A. (OMISSIS) (già RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTA’

S.P.A.) in persona del procuratori speciale dr.ssa G.A. e

dr.ssa R.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PANAMA 88, presso lo studio dell’avvocato SPADAFORA GIORGIO, che la

rappresenta e difende giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

VILLA ALBA S.R.L. (OMISSIS) in persona del suo Amministratore

unico e legale rappresentante pro tempore Sig.ra P.N.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 79, presso lo studio

dell’avvocato LENTINI LUCA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PLACIDI GIAMPIERO giusta delega a margine del

controricorso; C.A. (OMISSIS), R.C.

(OMISSIS), C.R. (OMISSIS), C.

G. (OMISSIS), C.R.R. (OMISSIS),

CA.GU. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, P.ZA SAN GIOVANNI IN LATERANO 48, presso lo studio

dell’avvocato COSENZA ERMELINDA, rappresentati e difesi dall’avvocato

DE SANTIS FRANCESCO ITALICO giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4757/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA, 3^

SEZIONE CIVILE, emessa il 30/9/2008, depositata il 18/11/2008, R.G.N.

4464/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI CARLEO;

udito l’Avvocato ANTONIO MANGANIELLO per delega dell’Avvocato

SPADAFORA; udito l’Avvocato LUCA LENTINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

GOLIA Aurelio che ha chiesto l’inammissibilità in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in data 5 ottobre 2000 gli epigrafati C. e R.C. convenivano in giudizio la società Villa Alba s.r.l. esponendo che la loro congiunta C. T., ricoverata presso l’omonima causa di cura perchè affetta da insufficienza mentale ed assenza di linguaggio, lasciata priva di ogni controllo, aveva ingerito una sostanza altamente tossica, un disinfettante rinvenuto in un secchio lasciato incustodito, ed era deceduta a causa di tale ingestione. Ciò premesso, chiedevano la condanna della convenuta al risarcimento dei danni subiti sia iure proprio sia iure hereditario. In esito al giudizio, in cui si costituivano la Villa Alba nonchè la RAS, chiamata in causa dalla prima, il Tribunale di Roma rigettava sia la domanda attrice sia la domanda di garanzia avanzata dalla società Villa Alba nei confronti della propria compagnia assicuratrice. Avverso tale decisione gli originar attori proponevano appello ed in esito al giudizio, in cui si costituivano entrambe le parti appellate, la Corte di Appello di Roma con sentenza depositata in data 18 novembre 2008 dichiarava la responsabilità della società Villa Alba e la condannava al risarcimento dei danni subiti dagli appellanti iure proprio, oltre al pagamento delle spese processuali; condannava altresì la RAS a manlevare la società Villa Alba. Avverso la detta sentenza la Allianz Spa, già Riunione Adriatica di Sicurtà, ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in sei motivi, illustrato altresì da memoria difensiva depositata a norma dell’art. 378 c.p.c..

Resistono con controricorso le altre parti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Introduttivamente, si deve soffermare l’attenzione su alcune questioni preliminari sollevate dalla resistente Villa Alba, la prima delle quali riguardante la pretesa inammissibilità del ricorso per difetto di idonea procura alla lite. Ed invero il mandato alle liti rilasciato all’avv. Giorgio Spadafora del Foro di Roma – in tale rilievo si riassume la prima eccezione – risulta conferito, in nome e per conto della società ricorrente, dalle dr.sse G.A. e R.M., qualificatesi come “procuratori speciali” senza che il relativo atto della loro investitura sia stato prodotto con conseguente mancanza di prova circa la validità della procura.

Inoltre, il ricorso- così può sintetizzarsi la seconda eccezione articolata in vari profili – sarebbe inammissibile per l’assoluta incertezza circa le persone conferenti il mandato. Ciò, senza considerare che il mandato stesso è collocato in una pagina separata, non numerata e priva di collegamento con le pagine precedenti, non risulta indicato il nome dei procuratori e le sottoscrizioni risultano infine illeggibili. Entrambe le eccezioni non meritano di essere condivise. Quanto alla prima di esse, torna opportuno premettere che l’Allianz Spa, successivamente al ricorso, ha depositato memoria difensiva a norma dell’art. 378 c.p.c., contenente la documentazione relativa alle proprie disposizioni statutarie, da cui emerge che le sottoscrittricì della procura rilasciata in calce al ricorso erano investite del potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio ed avevano altresì ricevuto il necessario potere di rappresentanza processuale della società, con la correlativa facoltà di nomina dei difensori e conferimento di procura alla lite (il nome della dr.ssa G. è riportato a pag. 12 mentre quello della dr.ssa R. a pag. 22). Ed è appena il caso di sottolineare sia la ritualità di tale produzione, alla luce della previsione dell’art. 372 c.p.c., il quale, come è noto, esclude dal generale divieto di deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo quelli che riguardano la nullità della sentenza impugnata e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso, sia la sua tempestività, posto che la norma citata prevede che il deposito della documentazione relativa all’ammissibilità del ricorso possa avvenire indipendentemente dal deposito del ricorso e del controricorso, e perciò anche successivamente ad essi. E’ vero che in tal caso la norma prevede altresì che la documentazione così prodotta venga notificata mediante elenco alle controparti, onere nella specie non assolto, ma, come ha già statuito questa Corte, trattasi evidentemente di previsione intesa a garantire il contraddittorio sulla produzione di parte e perciò da ritenersi osservata ogni volta che sul punto il contraddittorio risulti essere stato comunque garantito (v. tra le altre Cass. n. 2452/07, n. 2683/97 e n. 5781/81). Nella specie il contraddittorio risulta garantito, posto che la produzione è avvenuta in udienza, alla presenza del difensore della controparte, la quale aveva formulato l’eccezione di inammissibilità del ricorso e che nulla ha eccepito in proposito.

Quanto alla seconda eccezione, vale la pena di rilevare che con sentenze 4810/05 e 4814/05 le Sezioni Unite hanno statuito che l’illeggibilità della firma è irrilevante, non solo quando il nome del sottoscrittore risulti dal testo della procura stessa o della certificazione d’autografìa resa dal difensore ovvero dal testo dell’atto, ma anche quando detto nome sia con certezza desumibile dall’indicazione di una specifica funzione o carica, che renda identificabile il titolare tramite i documenti di causa o le risultanze del registro delle imprese. Giova aggiungere, con riferimento al secondo dei sub rilievi formulati, che secondo un approdo ermeneutico ormai consolidato di questa Corte, la procura per il ricorso per cassazione è validamente conferita, soddisfacendo il requisito di specialità di cui all’art. 365 cod. proc. civ., anche se apposta su di un foglio separato, purchè materialmente unito al ricorso e benchè non contenente alcun riferimento alla sentenza impugnata o al giudizio da promuovere, in quanto, ai sensi dell’art. 83 cod. proc. civ. (come novellato dalla L. 27 maggio 1997, n. 141), si può ritenere che l’apposizione topografica della procura sia idonea – salvo diverso tenore del suo testo – a fornire certezza della provenienza dalla parte del potere di rappresentanza e a far presumere la riferibilità della procura medesima al giudizio cui l’atto accede; nè la mancanza di data produce nullità della predetta procura, dovendo essere apprezzata con riguardo al foglio che la contiene alla stregua di qualsiasi procura apposta in calce al ricorso, per cui la posteriorità del rilascio della procura rispetto alla sentenza impugnata si desume dall’intima connessione con il ricorso cui accede e nel quale la sentenza è menzionata, mentre l’anteriorità rispetto alla notifica risulta dal contenuto della copia notificata del ricorso. (Cass. n. 29785/08, n. 16907/06, n. 2145/01, n. 13414/01, n. 46/2000).

Passando all’esame dei motivi di impugnazione, proposti dalla ricorrente, giova evidenziare che con la prima doglianza, deducendo la nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione degli artt. 324 e 343 c.p.c., la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale, in riforma della decisione di primo grado, con cui era stata rigettata la domanda di garanzia proposta dalla società Villa Alba nei confronti della RAS, ha accolto la domanda di manleva ad onta del fatto che Villa Alba non avesse proposto appello incidentale avverso il rigetto, limitandosi a riproporre la domanda a norma dell’art. 346 c.p.c.. – Inoltre – così continua la ricorrente introducendo il secondo motivo di impugnazione – per la configurazione dell’appello incidentale occorre che sia espressa in maniera inequivoca la volontà di ottenere la riforma della sentenza e non è a tal fine sufficiente la mera riproposizione delle domande. Le due censure, che vanno esaminate congiuntamente in quanto, anche se articolate sotto profili apparentemente diversi, prospettano in realtà un’unica censura concernente la mancata proposizione dell’appello incidentale, da parte della società Villalba, sono infondate.

Al riguardo, vale la pena di premettere che, come risulta de plano dalla lettura della sentenza di primo grado, il giudice di primo grado aveva motivato il rigetto della domanda di manleva con la frase “Al rigetto della domanda attorea consegue il rigetto della domanda di garanzia nei confronti della terza chiamata in causa”, significando con tale espressione, con intuitiva evidenza, la sostanziale superfluità dell’esame nel merito della domanda di garanzia, che doveva essere necessariamente rigettata (rectius, assorbita) per il solo fatto che era stata rigettata la domanda di risarcitoria. E ciò, perchè l’eventuale accoglimento della domanda di manleva sarebbe stato incompatibile, sia sul piano logico che giuridico, con il rigetto della domanda risarcitoria proposta nei confronti della chiamante.

La premessa torna utile nella misura in cui evidenzia come i giudici di prime cure, al di là dell’espressione usata, non si pronunciarono affatto sul merito della domanda di manleva e non determinarono quindi alcuna concreta soccombenza della società Villalba. Ed è appena il caso di osservare che la nozione di soccombenza, utile ai fini dell’interesse ad impugnare, non è quella formale bensì quella sostanziale o materiale. Invero, poichè l’interesse ad impugnare va desunto dall’utilità giuridica che dall’eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone, esso si collega alla soccombenza sostanziale, nel precedente giudizio, intesa come effetto pregiudizievole derivante dalle statuizioni idonee a passare in giudicato contenute nella sentenza impugnata e non già come mera divergenza tra quelle statuizioni e le conclusioni rassegnate dalla parte.

In effetti, la parte, che abbia eventualmente subito una soccombenza soltanto teorica – ravvisabile quando la parte, pur vittoriosa, abbia però visto respingere taluna delle sue domande, non ha interesse ad appellare e non è legittimata ad alcuna impugnazione, nè principale, ne1 incidentale, mirando in definitiva alla conferma della sentenza. Ed è quanto si è verificato nel caso di specie, in cui la società Villalba, a seguito del rigetto della domanda di risarcimento avanzata nei suoi confronti, non aveva alcun interesse alla riforma della decisione di primo grado ad onta del rigetto della sua domanda di manleva nei confronti della RAS, cosicchè non era tenuta alla proposizione dell’appello incidentale, mirante alla riforma della decisione, potendo salvaguardare i propri interessi in sede di appello ricorrendo al rimedio di cui all’art. 346 c.p.c..

In definitiva, devesi pertanto affermare il principio secondo cui il convenuto vittorioso in primo grado, a fronte del rigetto della domanda di manleva – formulata in via logicamente subordinata nei confronti di un terzo chiamato in garanzia – come effetto riflesso del rigetto della domanda risarcitoria avanzata dall’attore, non ha l’onere di proporre nel giudizio di appello, un’impugnazione incidentale potendo limitarsi a riproporre la domanda di manleva non accolta, in base alla disciplina dell’art. 346 cod. proc. civ. sulla riproposizione delle domande o eccezioni non accolte in primo grado.

Esaurito l’esame dei primi due motivi, appare ora opportuno portare l’attenzione sulle ultime due doglianze, logicamente assorbenti rispetto alla terza ed alla quarta censura, la cui trattazione viene anticipata per comodità di esposizione. A riguardo, deve rilevarsi che le due doglianze, la quinta e la sesta, articolate rispettivamente sotto i profili della violazione dell’art. 1917 e segg. c.c. e dell’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, si fondano sulla considerazione che la Corte territoriale avrebbe sbagliato per avere condannato la Ras a tenere indenne la assicurata oltre il massimale di polizza. E ciò, in assenza della stessa allegazione dei presupposti per l’eventuale configurabilità di un’ipotesi di mala gestio e senza l’esame del contenuto della polizza n. (OMISSIS) e della lettera della società assicuratrice del 16 marzo 2001.

Queste ultime doglianze meritano attenzione. Al riguardo, vale la pena di premettere che nell’assicurazione della responsabilità civile l’obbligazione dell’assicuratore ex art. 1917 c.c. non ha ad oggetto direttamente il risarcimento dei danni bensì il pagamento, nei limiti del massimale, di una somma di importo pari all’ammontare del danno che l’assicurato deve corrispondere o ha già corrisposto al danneggiato. Tuttavia, secondo l’insegnamento di questa Corte, nell’esecuzione del contratto e delle obbligazioni che ne derivano, l’assicuratore è obbligato a comportarsi rispettando le regole della buona fede e della correttezza per cui il suo comportamento deve essere improntato ad una sostanziale collaborazione con l’assicurato, conforme all’esecuzione del contratto di assicurazione secondo buona fede.

L’inadempimento di tale obbligo, da apprezzarsi in base alle circostanze del caso concreto, ben può essere fonte di responsabilità ultra massimale (cfr Cass. n. 11908/08 in motivazione, sostanzialmente conformi Cass. n. 10725/03, n. 1785/96, n. 10036/04). Ciò premesso, venendo al caso di specie, a parte il fatto che non risultano neppure allegati i presupposti della mala gestio nè risulta che la relativa domanda sia stata correttamente avanzata, mette conto di sottolineare che la Villa Alba srl, nell’atto di chiamata in causa, aveva fondato la domanda di garanzia sulla polizza n. (OMISSIS) e che la RAS, dopo aver sottolineato nel costituirsi nel giudizio di primo grado che dalla polizza risultava un massimale di L. 250 milioni per soggetto infortunato, aveva altresì prodotto una lettera del 16 marzo 2001, con cui comunicava la decisione di depositare il massimale di polizza su un libretto fruttifero a disposizione dell’assicurata o degli aventi diritto al risarcimento. Ciò posto, deve evidenziarsi che la Corte territoriale, ad onta delle circostanze riportate, ha completamente omesso di esaminare e di verificare il contenuto dei documenti prodotti, evitando di spendere la benchè minima considerazione su di essi, ed ha condannato la Ras a tenere indenne Villa Alba srl dal pagamento di somme superiori al limite del massimale indicato nella polizza suddetta senza spiegarne assolutamente le ragioni. Ora, è appena il caso di sottolineare che sussiste il vizio di motivazione, sotto il profilo dell’omissione e/o dell’insufficienza, dedotto dalla ricorrente, quando nel ragionamento del giudice di merito sia rinvenibile, come nella specie traccia evidente del mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio. Invero, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo nella misura in cui le risultanze processuali non esaminate siano tali da infirmare con un giudizio di certezza la correttezza della decisione adottata. Ne deriva la fondatezza delle ultime due censure.

Ne discende altresì che il ricorso per cassazione deve essere accolto nei limiti dei motivi indicati, assorbiti il terzo ed il quarto, e che la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione.

Con l’ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame della controversia, la causa va rinviata ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quinto ed il sesto motivo del ricorso, assorbiti il terzo e quarto, rigetta ogni altro, cassa la sentenza impugnata in relazione, con rinvio della causa ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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