Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1409 del 23/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 1409 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA
sul ricorso 21490-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettìvamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

3365

VINCIGUERRA MARIA VIRGILIA;
– intimata –

Nonché da:

Data pubblicazione: 23/01/2014

VINCIGUERRA MARIA VIRGILIA C.F. VNCMVR75A64H501V,
eleltivamcnte domicillata in

ROMA < VIA RENO 2,1, presso lo studio dell'avvocato RIZZO ROBERTO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti; - controricorrente e ricorrente incidentale - POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585; - intimata -- avverso la sentenza n. 3461/2007 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 13/09/2007 R.G.N. 3192/2004; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/11/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI; udito l'Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega FIORILLO LUIGI; udito l'Avvocato RIZZO ROBERTO; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il rf7r4'7I3f i , PI rigetto!~ ricorsi. contro Svolgimento del processo La Corte d'appello di Roma, con sentenza depositata il 13.9.07, dichiarava la nullità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro stipulato tra la Vinciguerra e la società Poste Italiane in data 1°.12.99 per esigenze eccezionali ex art. 8 del c.c.n.l. 1994 e successivi accordi sindacali; l'esistenza tra le parti tale data, condannando la società Poste al pagamento delle retribuzioni dalla costituzione in mora (13.6.02) e nei limiti di un triennio decorrente dalla cessazione di fatto del rapporto (31.1.03). Per la cassazione propone ricorso la società Poste, affidato a tre motivi. Resiste la Vinciguerra con controricorso, contenente ricorso incidentale affidato ad undici motivi, poi illustrati con memoria. Motivi della decisione Debbono pregiudizialmente riunirsi i ricorsi proposti avverso la medesima sentenza ex art. 335 c.p.c. 1. Con il primo ed il secondo motivo la società Poste denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 23 L. n. 56 del 1987; degli artt. 1362 e seguenti c.c. nonché omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, lamentando che la Corte di merito, in contrasto con le norme richiamate, non considerò adeguatamente che con la delega contenuta nel citato art. 23, le parti sociali erano libere di individuare nuove e diverse ipotesi di assunzione a tempo determinato, senza altri limiti se non quello dell'osservanza di un limite percentuale dei lavoratori da assumere, sicché le pattuizioni collettive erano sottratte dal sindacato giurisdizionale, e segnatamente in ordine all'esistenza di un nesso causale tra le ragioni di assunzione e la singola stipula del contratto a tempo determinato. 3 di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato da Lamenta inoltre che i giudici di merito non avevano adeguatamente considerato che nessun limite temporale, sino all'entrata in vigore del d.lgs n. 368 del 2001, poteva essere imposto alle pattuizioni sindacali delegate. 2. I motivi, che stante la loro connessione possono essere congiuntamente trattati, risultano infondati. collettive, in tema di individuazione di nuove ipotesi di contratto a tempo determinato ex art. 23 L. n. 56 del 1987, soggette ai requisiti di cui all'art. 1 L. n.230 del 1962, ma solo che esse avessero inteso prevedere un limite temporale alle specifiche esigenze organizzative legittimanti le assunzioni a termine di cui al c.c.n.l. 26 novembre 1994 e successivi accordi integrativi. L'assunto risulta assolutamente rispettoso dell'autonomia negoziale collettiva, che, delegata alla individuazione di nuove ipotesi di assunzione a tempo determinato, è parimenti libera di stabilire una loro scadenza temporale. Come efficacemente chiarito da Cass. 9 aprile 2008 n. 9259 e quindi da Cass. 28 ottobre 2010 n. 22015, l'art. 23 della legge n. 56 del 1987, nel consentire alla contrattazione collettiva di individuare nuove ipotesi rispetto a quelle previste dalla legge n. 230 del 1962, non impone di fissare contrattualmente dei limiti temporali alla facoltà di assumere lavoratori a tempo determinato, ma, ove un limite sia stato invece previsto, la sua inosservanza determina la illegittimità del termine apposto. Nella specie la limitata efficacia temporale degli accordi intervenuti all'interno della società Poste risulta rispettosa dell'autonomia negoziale collettiva ed in linea col consolidato orientamento di questa Corte (ex plurimis, Cass. 9 giugno 2006 n.13458, Cass.20 gennaio 2006 n.1074, Cass.3 febbraio 2006 n.2345, Cass. 2 marzo 2006 n.4603), secondo cui dall'esame dei vari accordi in materia si evince che le parti sociali autorizzarono 4 La sentenza impugnata, infatti, non ha ritenuto le pattuizioni la stipula di contratti a tempo determinato per le causali di cui all'art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, sino al 30 aprile 1998. Da ciò consegue l'assorbimento della censura inerente la prova, in tesi non dovuta, del nesso causale tra le esigenze individuate dai contraenti collettivi e la singola assunzione. 3.- Con il terzo motivo la società Poste denuncia violazione e falsa Lamenta che ai fini della condanna al risarcimento dei danni in tesi patiti dal lavoratore, è necessario che questi provi il danno subito e che abbia offerto formalmente la sua prestazione lavorativa e che il datore di lavoro l'abbia illegittimamente rifiutata. Ad illustrazione del motivo formula il seguente quesito di diritto: "Dica la Corte se per il principio di corrispettività della prestazione, il lavoratore, a seguito dell'accertamento giudiziale dell'illegittimità del contratto a termine stipulato, ha diritto al pagamento delle retribuzioni solo dalla data di riammissione in servizio, slavo che abbia costituito in mora il datore di lavoro, offrendo espressamente la prestazione lavorativa nel rispetto degli artt. 1206 e seguenti c. c.". Il quesito, e con esso il motivo (Cass. sez.un. 9 marzo 2009 n. 5624), è inammissibile, non contenendo alcuno specifico riferimento la caso di specie. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, "Il quesito di diritto di cui all'art. 366 bis cod. proc. civ. deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. È, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di 5 applicazione degli artt. 1217 e 1233 c.c. una determinata disposizione di legge", Cass. 17 luglio 2008 n. 19769. In termini: Cass. ord. n. 19892 del 25 settembre 2007, secondo cui "È inammissibile, per violazione dell'art. 366 bis cod. proc. civ., il ricorso per cassazione nel quale il quesito di diritto si risolva in una generica istanza di decisione sull'esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo". dalla Vinciguerra. Con esso la lavoratrice denuncia una vizio di motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ed in particolare circa i limiti del risarcimento del danno spettante alla ricorrente a seguito dell'interruzione di fatto del rapporto, erroneamente determinato dalla Corte di merito nell'arco di un triennio. A tal riguardo si duole anche della violazione dell'art. 1226 c.c., per avere la sentenza impugnata proceduto illegittimamente ad una valutazione equitativa del danno, nonché della violazione degli artt. 2729 c.c. e 115 c.p.c. per aver fatto ricorso ad un criterio presuntivo (quello della reperibilità di nuova occupazione nel suddetto lasso temporale), ed ancora degli artt. 1218, 1223, 1225, 1227 e 2697 c.c. per aver sempre erroneamente limitato la misura risarcitoria nell'ambito del riferito arco temporale, ed ancora degli artt. 113, 114 e 432 c.p.c. per avere la sentenza impugnata determinato il dovuto secondo equità, anziché in base ai principi che derivano dalla dichiarata esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, violando così anche gli artt. 2094 e 2099 c.c. Tale ricorso incidentale, a differenza di quanto osservato dalla lavoratrice in sede di memoria ex art. 378 c.p.c., non può ritenersi inammissibile (rectius: inefficace) per la dichiarata inammissibilità del motivo del ricorso principale inerente le conseguenze economiche derivanti dalla accertata nullità del contratto di lavoro a termine in questione. Ed invero l'art. 334 6 5. Deve a questo punto esaminarsi il ricorso incidentale proposto c.p.c. stabilisce che l'impugnazione incidentale tardiva diviene inefficace se risulta inammissibile l'impugnazione principale e non già un singolo motivo di essa. Osserva al riguardo la Corte che le conseguenze economiche derivanti dall'accertata nullità del termine apposto al contratto di lavoro sono ormai disciplinate dall'art. 32, commi 5 0 , 6° e 7° della dichiarato direttamente applicabile ai giudizi in corso (anche di legittimità) da questa Corte (Cass. n. 2112 \ 11) e costituzionalmente legittimo da C. Cost. 11 novembre 2011 n. 303. Tali norme stabiliscono che (comma 5): Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604. Comma 6: In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l'assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell'ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell'indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla metà. Comma 7: Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini della determinazione della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un termine per l'eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell'articolo 421 del codice di procedura civile. 7 legge 4 novembre 2010 n. 183, in vigore dal 24 novembre 2010, L'art. 1, comma 13, della L. 28 giugno 2012 n. 92 ha poi stabilito che "La disposizione di cui al comma 5 dell'articolo 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183, si interpreta nel senso che l'indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro". Trattandosi di interpretazione autentica, anche tale norma è evidentemente retroattiva. Avendo nella specie la Corte di appello condannato la società Poste al risarcimento del danno in misura inferiore a quella massima prevista dal citato ius superveniens, il ricorso deve accogliersi, la sentenza impugnata cassarsi con rinvio ad altro giudice il quale provvederà a stabilire la misura indennitaria avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, oltre alla regolamentazione delle spese, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità. P. Q . M . La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale ed accoglie quello incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 novembre 2013 termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il

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