Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14088 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. III, 27/06/2011, (ud. 21/04/2011, dep. 27/06/2011), n.14088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10264-2009 proposto da:

S.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, (C/O ASSOCIAZIONE GIUSTIZIA SOCIETA’ OSSERVATORIO EUROPA) VIA G

ZANARDELLI 16/20, presso lo studio dell’avvocato S.G.,

che lo rappresenta e difende da sè medesimo;

– ricorrente –

e contro

SC.MA., SC.DA. (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 1922/2008 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

Sezione 1 Civile, emessa il 4/11/2008, depositata il 19/11/2008;

R.G.N. 1129/2006.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2011 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 20.12.2005 – 28.2.2006 il Tribunale di Modena accoglieva l’opposizione all’esecuzione proposta da Sc.Da. e Sc.Ma. dichiarando l’invalidità ed inefficacia del precetto e del pignoramento attivati da S.G., che condannava al pagamento delle spese del giudizio, rigettando al contempo la domanda di risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c. avanzata dalle opponenti.

L’azione esecutiva era stata intrapresa in forza della sentenza del 28.10.1997, passata in giudicato, con la quale la Corte d’Appello di Salerno aveva dichiarato l’inefficacia nei confronti di S. G. della convenzione matrimoniale stipulata il (OMISSIS) dai coniugi Sc.El. e M.I., con la quale i predetti avevano sostituito il precedente regime di comunione legale con quello di separazione dei beni, riconoscendo alla S., creditore di Sc.El. di L. 45.773.230, oltre accessori, il diritto ad agire in executivis sulla metà dei beni immobili formalmente intestati alla sola M. ed acquistati in epoca successiva alla convenzione e, quindi, oggetto di comunione legale tra i due coniugi (un appartamento ubicato in (OMISSIS), un fabbricato ubicato in (OMISSIS) e un bosco), condannando la M. e lo Sc. al pagamento parziale delle spese di lite.

In forza di tale sentenza lo S. aveva promosso azione esecutiva nei confronti di Sc.El. in relazione alla quota del 50% di sua spettanza sui beni in questione con atti di pignoramento del 19.2.2002 e successivo atto di intervento dell’11.2.2003; successivamente, tuttavia, deceduta M. I., lo S. aveva proceduto con autonoma iniziativa nei confronti delle figlie ed eredi della M., Sc. D. e Ma., notificando atto di precetto in data 6- 10.10.2003 e quindi procedendo al pignoramento immobiliare in data 30.11.2003, vantando un credito di Euro 67.189,90, oltre accessori sia in forza della richiamata sentenza della Corte d’Appello di Salerno, sia in forza di altri titoli esecutivi vantanti nei confronti del solo Sc..

Rilevava il Tribunale che la sentenza della Corte salernitana legittimasse lo S. ad aggredire la quota degli immobili di spettanza dello Sc., cosa che il creditore aveva regolarmente fatto, ma non consentisse un’altra autonoma azione diretta nei confronti degli eredi di M.I., rimasti estranei, ai rapporti con lo S..

Proponeva appello quest’ultimo e, costituitesi Sc. D. e Sc.Ma., la Corte d’Appello di Bologna, con decisione depositata in data 19.11.2008, dichiarava la nullità della sentenza impugnata, rimettendo le parti innanzi al Tribunale di Modena.

Affermava in particolare la Corte Territoriale che “l’art. 603 c.p.c., in particolare, stabilisce che il titolo esecutivo e il precetto devono essere notificati anche al terzo, di talchè l’avvenuta notifica del precetto anche alle opponenti, quali eredi della M., rispetta la lettera della legge; tuttavia, secondo l’insegnamento della Corte Suprema, nel giudizio di opposizione promosso contro il creditore procedente del terzo assoggettato all’esecuzione, ai sensi degli artt. 602 e 604 c.p.c., il debitore si trova in posizione di litisconsorte necessario col creditore procedente, trattandosi, nella specie, di un accertamento concernente una situazione giuridica unica per il creditore, per il debitore e per il terzo, non potendo essa sussistere che nei confronti di tutti e tre, dato che il titolo esecutivo ed il precetto non possono restare in piedi o venir meno se non per i tre soggetti congiuntamente. Va poi anche sottolineato come nella comparsa conclusionale le appellate abbiano anche dedotto l’esistenza di un’altra figlia della M., sia pure senza eccepire alcunchè e senza fornire la prova della presenza di un’altra erede sui beni assoggettati a pignoramento. Ne deriva, in ogni caso, che lo Sc. avrebbe dovuto necessariamente partecipare al giudizio, ivi compresa la fase di primo grado e che la sua pretermissione ha comportato una violazione del contraddittorio che impone l’applicazione del disposto di cui all’art. 354 c.p.c.: la nullità della sentenza assorbe ogni questione sollevata dalle parti.

Le ragioni della decisione, anche in relazione al rilievo di ufficio della nullità, inducono a ritenere equa la compensazione delle spese del presente grado di giudizio. Ricorre per cassazione lo S. con tre motivi, e relativi quesiti; non hanno svolto attività difensiva le intimate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si deduce violazione di norme sostanziali e processuali (art. 2909 c.c. e artt. 324, 602 e 604 c.p.c.) in quanto “la Corte di merito è incorsa nel vizio di errore logico e giuridico nella interpretazione di numerosi giudicati intervenuti dal 1976”.

Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. essendosi verificato un chiaro “abuso del processo” per l’omessa considerazione di detti giudicati.

Con il terzo motivo si deduce ingiustizia del processo in relazione a detti giudicati.

In proposito sono stati formulati, rispettivamente, i seguenti quesiti: a) “nel caso de quo ed in altri di specie è condivisibile la ratio dell’applicabilità generalizzata dalle norme ex artt. 602 e 604 c.p.c. con litisconsorzialità necessaria del debitore, ovvero è accettabile la proposta della derogabilità dalla regula juris generale, ove l’esecutante, titolare di plurimi giudicati, sostiene di agire direttamente nei confronti del designato (in giudicato trascritto) a subire l’espropriazione e che a seguito del decesso dell’ esecutando, quale creditore, si ritiene terzo rispetto alle vicende degli aventi causa, eredi o meno del de cuius?”; b) “nel caso di opposizione (a precetto, all’esecuzione e/o agli atti esecutivi) da parte di aventi causa da persona soccombente in giudizio trascritto per simulazione e frode, designata quale esecutanda nel giudicato, è necessaria la litisconsorzialità del debitore coautore della simulazione (già soccombente in opposizione avverso io stesso titolo)o la consumazione del diritto impugnatorio e la qualità di simulazione esclude la litisconsorzialita necessaria del debitore in opposizioni contro atti per eseguire il giudicato, perciò da definirsi “opposizioni al giudicato” inammissibili per abuso di processo?”; c) “occorre applicare ad ogni nuova opposizione il concetto di un nuovo processo aperto ai vari stadi e gradi, ovvero ritenere “nuovo processo” solo quella effettivamente tale e non un’opposizione che costituendo vero e proprio “abuso del processo” ex se si pone in contrasto con i principi generali (nazionali e comunitari) indefinibili con applicazione o meno delle norme di cui agli artt. 88 e 96 c.p.c., se del caso”.

Deve, preliminarmente, rilevarsi che il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c..

in relazione alle modalità di formulazione dei quesiti. Deve infatti ribadirsi che, come statuito da questa Corte (tra le altre, n. 7197/2009), il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione sia del tutto inidonea ad assumere rilevanza ai fini della decisione del motivo e a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia.

Nella specie non è dato comprendere la regula iuris che la sentenza impugnata avrebbe violato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese della presente fase che liquida in complessivi Euro 2.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre spese generali ed accessorie come per legge.

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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