Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14088 del 21/05/2021

Cassazione civile sez. III, 21/05/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 21/05/2021), n.14088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36084/2019 proposto da:

M.D., elettivamente domiciliato in Petilia Policastro, via

Arringa, 60, presso l’avv. GIOVANBATTISTA SCORDAMAGLIA;

– ricorrente –

contro

PROCURA DELLA REPUBBLICA CATANZARO;

– intimato –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1105/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 24/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/01/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

1.- Il ricorrente, M.D., proviene dal Bangladesh. Ha raccontato di avere gestito nel suo paese un’attività commerciale, entrata nelle mire del gruppo politico avverso al suo, i cui membri hanno preteso da lui una tangente cospicua di denaro per evitargli rappresaglie, ed avendo il ricorrente rifiutato, lo hanno malmenato procurandogli ferite permanenti, che, al momento della audizione, ha mostrato ai membri della commissione territoriale.

2.- Il Tribunale ha rigettato la richiesta di protezione internazionale e di quella umanitaria con decisione confermata dalla corte di appello, la quale ha osservato che il racconto del ricorrente non è credibile e che comunque riferisce persecuzioni non rilevanti ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, in quanto non provenienti da soggetti pubblici; inoltre ha ritenuto la corte che non ricorrono le condizioni di cui alla L. n. 251 del 2007, art. 14, per la protezione sussidiaria e che, quanto alla protezione umanitaria, pur avendo il ricorrente documentato una certa situazione lavorativa, il rimpatrio non pregiudicherebbe il suo livello di vita, attesa la condizione del paese di origine e le garanzie che esso offre circa il godimento dei diritti civili.

M.D. ricorre con tre motivi. Non v’è controricorso del Ministero.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.- Il primo motivo denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 3.

Il ricorrente ritiene errato il giudizio della corte di merito di inverosimiglianza delle sue dichiarazioni e soprattutto assume come errata la conclusione della irrilevanza della sua vicenda ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, in quanto ricorda di avere prospettato la sua appartenenza ad un partito politico e la circostanza di essere stato perseguitato proprio in ragione di tale sua militanza.

Il motivo è infondato.

Ha due profili di censura. Il primo attiene al giudizio di credibilità, che si ricorda, non è affidato alla mera opinione del giudice ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, tenendo conto “della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente” di cui al comma 3 dello stesso articolo, senza dare rilievo esclusivo e determinante a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto. Detta valutazione, se effettuata secondo i criteri previsti dà luogo ad un apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito, essendo altrimenti censurabile in sede di legittimità per la violazione delle relative disposizioni (Cass. 14674/2020).

Il giudizio della corte di merito è, sul punto, motivato e, per il resto, insindacabile.

Il secondo profilo di censura è conseguenza del primo: ritiene il ricorrente di avere prospettato una persecuzione per motivi politici e dunque rilevante ai fini della protezione internazionale.

E tuttavia questa censura presuppone la fondatezza di quella precedente, ossia la verosimiglianza del racconto, ed pertanto infondata anche essa.

p..- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 14.

Egli ritiene errata sia l’indagine circa le condizioni di cui alle lettere a) e b) sia quella relativa alla lett. c).

Prospetta, per contro, una situazione del Bangladesh diversa da quella ritenuta dalla corte, più difficile e caratterizzata da violazioni di diritti e conflitti armati diffusi.

Il motivo è in parte fondato.

Non lo è quanto alla violazione dell’art. 14, lett. a) e b), in quanto, avendo ritenuto la corte non credibile il racconto del ricorrente, non aveva obbligo di valutare la situazione del paese di origine quanto alle condizioni indicati del citato art. 14, lett. a) e b), ed anche se lo ha fatto, l’accertamento, erroneo o meno che sia, resta irrilevante.

Piuttosto, il fatto che il racconto dello straniero sia ritenuto inverosimile non esime dalla valutazione della esistenza nel paese di origine di un conflitto armato generalizzato (art. 14, lett. c), in quanto si tratta di una situazione che espone a rischio il cittadino in quanto tale, a prescindere dalla sua situazione personale e dunque dalla circostanza che questa sia stata riferita in modo veritiero o meno.

Nel compiere questo accertamento, il dovere di cooperazione istruttoria del giudice si sostanzia nell’acquisizione di COI (“Country of Origin Information”) pertinenti e aggiornate al momento della decisione (ovvero ad epoca ad essa prossima), da richiedersi agli enti a ciò preposti (Cass. 8819/2020).

Nel caso presente, pur avendo la corte indicato le fonti da cui ha tratto le sue conoscenze circa l’inesistenza di un conflitto armato generalizzato, non indica la data della fonte, così che non si può stabilire se essa sia o meno aggiornata.

p..- Il terzo motivo denuncia violazione della L. n. 286 del 1998, art. 5.

Il ricorrente, oltre ad una ripetizione degli istituti che coinvolgono la protezione umanitaria, fondamentalmente si duole della mancata considerazione del suo inserimento lavorativo, ed, in una certa misura, della sottovalutazione della situazione nel paese di origine.

Il motivo è infondato.

Da un lato, non è semplicemente sufficiente l’integrazione lavorativa in Italia, mentre, per altro verso, la situazione del paese di origine deve presentare condizioni di violazione sistematica di diritti fondamentali, al punto da rendere vulnerabile lo straniero in caso di rimpatrio.

L’accertamento di queste condizioni è riservato al giudice di merito, che, nel caso presente, l’ha compiuto, ed è incensurabile in Cassazione, se non per difetto di motivazione.

Il ricorso va dunque accolto nei predetti termini.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo, nei termini di cui in motivazione, rigetta primo e terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Catanzaro in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2021

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