Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14088 del 11/06/2010

Cassazione civile sez. II, 11/06/2010, (ud. 18/03/2010, dep. 11/06/2010), n.14088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4860/2005 proposto da:

B.G. (OMISSIS), F.L.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PIERLUIGI

DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato CONTALDI MARIO, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato VAZIO FRANCO;

– ricorrenti –

contro

G.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA SALLUSTIANA 26, presso lo studio dell’avvocato STUDIO

LEGALE TOSATI, rappresentato e difeso dagli avvocati VARALLI

VITTORIO, GIULIO IPPOLITO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 12/2004 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 07/01/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/03/2010 dal Consigliere Dott. MIGLIUCCI Emilio;

udito l’Avvocato IPPOLITO Giulio, difensore del resistente che ha

chiesto rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.G. e F.L., comproprietari di un terreno a favore del quale era costituita servitù di passaggio sul fondo di proprietà di G.A., premesso che quest’ultimo aveva modificato il passaggio restringendolo, lo convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Savona per sentire che venisse riconosciuta l’esistenza della predetta servitù e fosse ordinata la rimozione delle opere dal medesimo eseguite. Il convenuto, costituendosi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda, osservando che le opere da lui realizzate per delimitare la sua proprietà non avevano ristretto il sedime sul quale si esercitava la servitù, tenuto conto che la stessa era stata costituita per consentire soltanto il transito delle autovetture e non pure dei mezzi pesanti che all’epoca non potevano transitare e che avevano iniziato a passare soltanto dal 1980, cioè da quando era stata realizzata la strada (OMISSIS).

Con sentenza depositata il 27 settembre 1999 il Tribunale rigettava la domanda.

Con sentenza dep. il 7 gennaio 2004 la Corte di appello di Genova rigettava l’impugnazione proposta dagli attori.

I giudici di appello rilevavano che, come correttamente affermato dal Tribunale, secondo l’atto notarile di costituzione la servitù, di cui gli attori avevano chiesto il riconoscimento, insisteva sulla strada che collega il fondo degli attori con la via (OMISSIS), sulla quale era consentito il transito di mezzi non superiori alla lunghezza di metri sette: pertanto, in base al titolo, il diritto poteva essere esercitato dagli attori soltanto con veicoli di tali dimensioni, altrimenti, si sarebbe determinata l’invasione di consistenti parti del fondo convenuto al di fuori della strada.

Le prove, articolate per dimostrare che la strada era stata da sempre utilizzata con automezzi di grandi dimensioni con invasione del fondo del convenuto oltre il sedime stradale, erano considerate inammissibili, dal momento che possono essere acquistate per usucapione solo le servitù apparenti, per l’esercizio delle quali è richiesta l’esistenza di opere visibili e permanenti: il che nella specie non ricorreva.

Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione B. G. e F.L. sulla base di cinque motivi illustrati da memoria.

Resiste con controricorso l’intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti, lamentando omessa e/o insufficiente a motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), deducono: “egli aveva risposto di non essere in grado di riferire sul sedime stradale preesistente (rispetto alla situazione descritta dal C. T. U.). Da nulla – dunque – poteva e può inferirsi in ordine alla situazione del sedime stradale su cui fu costituita la servitù”.

Il motivo è inammissibile, essendo del tutto incomprensibile il tenore della censura sollevata avverso la decisione impugnata.

Con il secondo motivo i ricorrenti, lamentando violazione dei principi in materia di ammissibilità delle prove nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su una questione controversa e decisiva, censurano la sentenza impugnata laddove aveva dichiarato inammissibili le prove offerte laddove si era inteso dimostrare che, al momento della costituzione della servitù, il sedime stradale aveva ampiezza maggiore di quella oggi esistente e consentiva il transito di veicoli di lunghezza maggiore di mt. 7 ed il convenuto aveva ristretto il passaggio; tali prove erano ammissibili a prescindere dalla questione dell’ usucapione perchè, proprio in conformità del titolo i ricorrenti avrebbero diritto di transitare con mezzi di lunghezza superiore; seppure era vero che la strada oggetto della servitù di passaggio collegava il fondo dei medesimi con la via (OMISSIS), non era vero che tale strada non consentiva il transito di veicoli superiori alla lunghezza di metri sette.

La circostanza, accertata dal giudice di primo grado, secondo cui al momento dell’ indagine espletata dal c.t.u. e dell’instaurazione del presente giudizio, la strada aveva larghezza tale da non consentire il transito di automezzi di lunghezza superiori a metri era irrilevante perchè: a) nel titolo non era indicata la larghezza della strada destinata all’esercizio della servitù; b) nel titolo non era indicata la larghezza della strada destinata all’esecuzione della servitù; non vi era alcun elemento per affermare che la strada esistente al momento della ctu fosse identica a quella esistente al momento di costituzione della servitù.

Con il terzo motivo (per errore indicato in ricorso come quarto) i ricorrenti, lamentando violazione e/o errata applicazione dell’art. 1061 c.c. nonchè motivazione mancante e/o insufficiente, censurano la sentenza impugnata laddove aveva ritenuto che essi ricorrenti con le prove articolate avessero inteso dimostrare l’acquisto per usucapione, mentre si era voluto dimostrare che, prima della recinzione realizzata dal convenuto, il sedime stradale era più ampio.

Con il quarto motivo (per errore indicato in ricorso come quinto) i ricorrenti, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 1065 c.c. nonchè omessa pronuncia, censurano la sentenza impugnata laddove non aveva considerato che, avendo sempre esercitato la servitù con il transito di mezzi di lunghezza superiore a metri 7 – circostanza pacifica e comunque oggetto della prova articolata – i ricorrenti avevano diritto ad esercitare la servitù in base al possesso, tenuto conto che dal titolo non risultava l’ampiezza del sedime stradale.

Il secondo, il terzo e il quarto motivo – che, essendo strettamente connessi, vanno esaminati congiuntamente – devono essere disattesi.

La sentenza, nello stabilire l’oggetto della servitù convenzionale costituita con l’atto notarile, ha proceduto all’interpretazione del titolo e, avendo verificato che il diritto era stato costituito al fine di consentire l’accesso alla via (OMISSIS) del fondo degli attori, ha conseguentemente considerato che era stato consentito il transito di metri di lunghezza non superiore a metri sette, avendo verificato che tale via consentiva il passaggio soltanto a mezzi di tali dimensioni: trattasi di accertamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità, essendo congruamente e correttamente motivati. In sostanza la doglianza si risolve nella censura relativa all’interpretazione del contratto, che è riservata all’indagine di fatto del giudice di merito ed è censurabile in cassazione per violazione dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e seg.

c.c., dovendo peraltro il ricorrente dimostrare la violazione del canone interpretativo con riferimento al testo della clausola contrattuale in relazione alla quale vi sarebbe stata la violazione:

nella specie, i ricorrenti non ha denunciato i criteri ermeneutici di cui si è detto nè hanno trascritto il testo del contratto costitutivo della servitù. Orbene, trattandosi di servitù convenzionale la determinazione dell’estensione è stata correttamente compiuta in base al titolo, non potendo assumere alcun rilievo il possesso, che è criterio idoneo al fine di stabilire il contenuto soltanto delle servitù acquistate per usucapione e non pure per quelle convenzionali, dovendo al riguardo considerarsi che comunque nel dubbio circa l’estensione o le modalità di esercizio, la servitù acquistata in virtù di un titolo negoziale deve ritenersi costituita, ai sensi dell’art. 1065 c.c., in modo da soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minor aggravio del fondo servente. Pertanto, le circostanze capitolate con la prova articolata dagli attori erano sotto tale profilo del tutto irrilevanti ove, come sostenuto con il ricorso, i ricorrenti avessero inteso dimostrare che il passaggio era stato da sempre utilizzato con mezzi pesanti o che la strada aveva una ampiezza superiore a quella oggi esistente e che la stessa era stata ristretta a seguito dei lavori eseguiti dal convenuto, giacchè decisiva era la circostanza che, in base al titolo, la servitù era stata costituita per accedere alla via (OMISSIS) sulla quale non potevano transitare mezzi pesanti. Il ricorso va rigettato.

Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico dei ricorrenti, risultati soccombenti.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2010

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