Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14087 del 21/05/2021

Cassazione civile sez. III, 21/05/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 21/05/2021), n.14087

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36082/2019 proposto da:

A.D., elettivamente in Cosenza, via Cesare Gabriele, 12,

presso l’avv. IDA STEFANIA QUAGLIO;

– ricorrente –

contro

PROCURA REPUBBLICA CORTE CASSAZIONE;

– intimata –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2007/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 21/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/01/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

1.- Il ricorrente A.D. proviene dalla Nigeria, da cui dichiara di essere fuggito a causa di una vicenda privata, nella quale ha temuto per la sua vita: alla morte del padre, lo zio ha preteso con la forza di impossessarsi delle sue terre arrivando al punto di uccidere la madre, mentre lavorava nei campi. Il ricorrente è stato costretto alla fuga dalla eventualità che lo zio uccidesse anche lui, ed è dapprima fuggito a Benin City, per poi giungere in Libia dove è stato costretto a lavorare in condizioni difficili e dove, un giorno, mentre passeggiava con un amico, ha assistito all’omicidio di quest’ultimo ad opera di un gruppo di persone armate, che hanno poi dato la colpa a lui.

2.- La corte di appello ha ritenuto che la vicenda narrata dal ricorrente indica pericoli derivanti dall’ambito familiare e che dunque non sussistano i presupposti della persecuzione qualificata che giustifica il riconoscimento dello status di rifugiato; ha negato uno stato di violenza diffusa e generalizzata in Nigeria, ed ha ritenuto non allegata alcuna situazione su cui fondare la protezione

umanitaria.

Ricorre A.D. con quattro motivi. Non v’è controricorso del Ministero.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.- Con il primo motivo, il ricorrente denuncia nullità della sentenza per contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo, in quanto nel dispositivo si fa riferimento ad un diverso ricorrente, I.E., che aveva impugnato altro e diverso provvedimento.

Il contrasto, tuttavia, tra motivazione e sentenza, determina nullità quando sia insanabile e cioè quando non sia possibile individuare la decisione o eseguirla, mentre nel caso in cui un errore nella indicazione della parte ricorrente, si tratta di errore materiale soggetto a correzione.

2.- Il secondo motivo denuncia violazione della Convenzione di Ginevra del 1951 nonchè dell’art. 10 Cost., italiana.

La tesi del ricorrente è che la corte non avrebbe adeguatamente valutato la situazione di instabilità politica della Nigeria, sottovalutandola (pp. 8-9).

Parrebbe, da alcuni passaggi del ricorso (p. 8: “in Nigeria sussiste, come rilevato dal ricorrente, una violenza indiscriminata e diffusa che coinvolge l’intero territorio del paese”, ecc.) che il ricorrente lamenti una violazione della L. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Il motivo è inammissibile.

Se la denuncia attiene ad una scarsa considerazione della generale situazione politica e sociale della Nigeria, allora chiaramente non è rilevante nè rispetto alla ratio della decisione impugnata nè rispetto alla ratio della protezione, in quanto non dice alcunchè circa la rilevanza della situazione della Nigeria ai fini della tutela richiesta. Lo è altresì se denuncia violazione dell’art. 14, lettera c) citato, in quanto non adduce alcun motivo nè alcuna fonte a smentita dell’accertamento compiuto dalla corte di merito.

3.- Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 14, lett. a) e b) in particolare.

Ritiene il ricorrente che la corte di merito non ha dato adeguata rilevanza ai pericoli che, in caso di rimpatrio, egli corre, quanto alla eventualità di subire persecuzioni o torture.

Il motivo è del tutto inammissibile in quanto non coglie la ratio della decisione impugnata.

La corte, pur dando credito alla versione del ricorrente, ha ritenuto che la sua vicenda manifesti una persecuzione, semmai, di natura privata, svoltasi all’interno della sua famiglia, e dunque non rilevante ai fini della protezione internazionale che, stando ai casi elencati dell’art. 14, lett. a) e b), presuppone minacce o pericoli provenienti da soggetti pubblici o da gruppi di rilevanza pubblica.

p..- Il quarto motivo denuncia violazione della L. n. 286 del 1998, art. 5.

Secondo il ricorrente la corte ha svolto un accertamento disattendendo la ratio della norma, non tenendo in considerazione la situazione personale sua, caratterizzata dal contesto dal quale è fuggito.

Inoltre, ma il ricorso non è chiaro sul punto, sembrerebbe che il ricorrente rimproveri alla corte di non aver tenuto conto, ai fini della vulnerabilità, del periodo trascorso in Libia.

Il motivo è inammissibile.

La corte ha ritenuto di non avere alcun elemento per concedere la protezione umanitaria, ed ha escluso violazioni di diritti umani in Nigeria.

Il ricorrente non contesta questa ratio con alcun argomento concreto, ossia non allega che, e soprattutto in che termini, la situazione della Nigeria possa costituire un motivo ostativo al rimpatrio, nè allega alcunchè sulla sua integrazione in Italia.

Accenna, è vero, al periodo trascorso in Libia, ma tuttavia, nel pur lungo ricorso, non dice se effettivamente ha posto alla corte di appello la questione delle vessazioni subite in quel paese e soprattutto non dice di averla posta ai fini della protezione umanitaria, così che non può costituire motivo di censura l’omessa considerazione di quel trascorso.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2021

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