Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14084 del 08/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 08/07/2016, (ud. 18/03/2016, dep. 08/07/2016), n.14084

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 22225-2013 proposto da:

ASSESSORATO DELLA SALUTE REGIONE SICILIANA, in persona dell’Assessore

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

AZIENDA AGRICOLA C.T., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Piazza

Cavour presso la Cassazione, rappresentata e difeso dall’Avvocato

VINCENZO NICOLOSI, giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1178/2012 del TRIBUNALE di PALERMO del

28/02/2012, depositata il 09/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che è stato depositata la seguente relazione in ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 22225/2013:

“La Corte d’Appello di Palermo ha dichiarato inammissibile ex artt. 348 bis e ter c.p.c. l’impungnazione avverso la sentenza resa dal tribunale di Palermo tra l’Assessorato regionale Sicilia e C.T. titolare dell’omonima impresa avente ad oggetto un’opposizione ex art. 615 c.p.c. proposta dall’Assessorato avverso il precetto intimato dalla Casablanca derivante da un provvedimento ingiuntivo divenuto definitivo emesso nei confronti dell’organo regionale.

La Corte d’appello, a sostegno della declaratoria d’inammissibilità, ha evidenziato che l’impugnazione avente ad oggetto l’esclusione dell’intangibilità del giudicato quando sia in contrasto con la normazione comunitaria in tema di aiuti di stato, si fonda su argomentazioni ampiamente superate dalla consolidata (giurisprudenza di legittimità, come rilevato dalla sentenza di primo (grado di reiezione dell’opposizione.

In particolare, l’impugnazione contrasta con il principio incontrovertibile secondo il quale quando il titolo esecutivo è di formazione giudiziale, possono essere ad esso opposti solo fatti estintivi successivi, i precedenti dovendo essere fatti levare in sede di giudizio di cognizione.

Per quel che interessa la sentenza di primo grado ha evidenziato in fatto:

L’esecutante ha agito sulla base di un decreto ingiuntivo esecutivo relativo alla mancata liquidazione dell’indennità dovuta ex lege per gli anni 2000 – 2004 in ordine all’abbattimento dei capi ovini affetti da brucellosi. Il Tribunale di Catania aveva dichiarato inammissibile l’opposizione a decreto ingiuntivo perchè tardiva.

La pronuncia non risulta impugnata, ancorchè non ne sia attestato formalmente il passaggio in giudicato.

A sostegno della decisione assunta ha alle affermato:

Non sono stati dedotti fatti estintiti successivi alla formazione del titolo, contrariamente all’orientamento del tutto consolidato al riguardo. La giustificazione fornita dall’opponente secondo la quale quando la situazione soggettiva consacrata dal titolo giudiziale sia in contrasto con l’ordinamento comunitario, il principio sopra indicato non si applichi, ed il giudice comune debba disapplicare le norme in contrasto con il diritto comunitario, non è condivisibile dal momento che tale eccezione poteva essere posta nel corso del giudizio di cognizione, validamente instaurato e dal momento che la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea ha reiteratamente affermato che le decisioni giurisdizionali interne divenute definitive per l’esaurimento delle vie di ricorso disponibili o per la scadenza dei termini previsti non possono essere rimesse in discussione (C. G. 3/9/2009 causa G – 2/08 Olimpic club ed altre). Il medesimo principio è stato ripetutamente affermato dalla Corte di cassazione. Il diritto comunitario non impone al giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne salvo che ricorrano eccezionalmente discriminazioni tra situazioni di diritto comunitario e diritto interno o che sia reso impossibile o estremamente difficile l’esercizio di diritti conferiti dall’ordinamento comunitario.

La nostra disciplina processuale interna consente all’ingiunto una difesa effettiva nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Ne consegue che è del tutto coerente con i principi di diritto comunitario la preclusione in sede di opposizione esecutiva di contestazioni del diritto di credito azionato preesistenti alla formazione del titolo.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’Assessorato Sanità Regione Siciliana. Ha resistito con controricorso C.T..

Nell’unico complesso motivo di ricorso, nel quale viene dedotta la violazione degli artt. 87, 88 e 107 Trattato TE, viene evidenziato:

Le interventi previsti dalla L.R. n. 12 del 1989, art. 1 originariamente finanziati sola per gli esercizi 1990 e 1991, successivamente rifinanziati con la L. n. 40 del 1997, art. 11 vennero notificati alla Commissione Europea e vennero ritenuti compatibili con il diritto comunitario.

Le indennità relative alle annualità dal 2000 al 2006 (comprensive di quelle formanti oggetto del decreto ingiuntivo definitivo dedotto nel presente giudizio) erano sostenute dalla L.R. n. 119 del 2005, art. 25, comma 16. “Questa disposizione non veniva notificata alla Commissione che di conseguenza non si esprimeva sulla sua compatibilità.

La normativa comunitaria contiene il principio dell’incompatibilità degli aiuti di Stato in funzione di tutela della libera concorrenza.

In casi eccezionali previa notifica alla Commissione Europea che ne stabilisce la compatibilità, essi possono essere autorizzati:

La Corte di Giustizia ha stabilito che l’inosservanza dell’obbligo di notifica determina l’illegittimità degli aiuti medesimi. Tale illegittimità e la conseguente violazione del diritto comunitario deve essere rilevata dal giudice nazionale il quale è tenuto a provvedere alla salvaguardia dei diritti dei singoli in caso d’inadempimento dell’obbligo di previa notifica degli aiuti di Stato alla Commissione (C-368/04 Transalpine 011eitung). Inoltre nella sentenza Lucchini” (18/7/2007) la Corte ha armalo che l’applicazione dell’art. 2909 c.p.c., non può impedire il recupero di un aiuto di Stato in contrasto con il diritto comunitario e la cui incompatibilità con il mercato comune è stata dichiarata con decisione della Commissione.

La sentenza di primo grado ha disatteso tali principi erroneamente applicando la sentenza “Olimpie” che si riferisce all’ipotesi del giudicato da far valere in sede di contenzioso tributario anche con riferimento ad annualità diverse da quelle firmanti oggetto dell’accertamento giudiziale. Nel corpus motivazionale la sentenza peraltro la salvi i principi elaborati dalla pronuncia “Lucchini” in tema di aiuti di stato e di poteri di controllo diffuso dei giudici nazionali.

In conclusione, nell’ipotesi d’illegittima erogazione degli aiuti di Stato, il sistema processuale interno che consente soltanto di opporre, dopo la formazione del titolo giudiziale esecutivo o del giudicato, i fatti estintivi successivi si pone in contrasto con il diritto comunitario che impone di evitare gli spostamenti di denaro illegittimi perchè dovuti ad aiuti di Stato.

Il motivo di ricorso deve ritenersi in parte inammissibile ed in parte manifestamente infondato. L’inammissibilità deriva dal non aver censurato nè la specifica ratio decidendi costituita dall’effettività del controllo giurisdizionale rimesso al giudice nazionale mediante il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e dalla mancanza di sollecitazione al riguardo imputabile alla parte ricorrente, nè i principi consolidati nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, esposti e valorizzali nella sentenza di primo grado e dalla Corte di Cassazione (oltre alla pronuncia citata dal giudice di merito si segnalano 9127 e 16032 del 2015) secondo i quali in generale il giudicato e le decisioni giurisdizionali divenute definitive per la scadenza dei termini previsti per esperire i mezzi d’impugnazione non possono essere rimesse in discussione, essendo da garantire la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici. Non risulta criticato in particolare il principio dell’autonomia dei modelli processuali stabilito in sede amo unitaria, salvo il rispetto dei principi che rendono effettivo il diritto di difesa ed il riesame effettivo delle decisioni assunte.

I principi affermati dalla Corte di Giustizia sul controllo diffuso dei giudici nazionali in ordine alla violazione del divieto di aiuti di stato non sottoposti alla procedura di notifica e controllo da parte della Commissione sono del tutto compatibili con il nostro sistema processuale relativo al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo dal momento che tale giudizio è a cognizione piena e consente il pieno esercizio di tale controllo, ove ritenuto necessario dalle parti, mediante gli atti d’impulso ed introduzione tempestiva del giudizio medesimo.

La manifesta infondatezza deriva dall’inapplicabilità dei principi contenuti nella sentenza Lucchini al caso di specie caratterizzato dall’emanazione di una legge di sostanziale proroga dell’erogazione d’indennità, già ritenute compatibili dalla Commissione con la sola differenza del riferimento ad annualità diverse. Non vi è stato pertanto il rilievo da parte della Commissione dell’illegittimità dell’erogazione.

In conclusione ove si condividano i predetti rilievi il ricorso deve essere respinto”.

Il Collegio ritiene di dover rimettere la causa in pubblica udienza.

PQM

La Corte dispone la rimessione in pubblica udienza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2016

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