Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14074 del 08/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 08/07/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 08/07/2016), n.14074

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 135-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE

DEI MELLINI, 44, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO ZECCA,

rappresentato e difeso dall’avvocato RENATO PAPARO giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la decisione n. 718/01/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

CENTRALE di TORINO del 22/02/2013, depositata il 04/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO.

La Corte;

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata

in cancelleria la seguente relazione:

Il relatore Cons. Dr. Giuseppe Caracciolo;

letti gli atti depositati.

Fatto

OSSERVA

La CTC-sezione regionale di Torino ha accolto il ricorso di S.M. – ricorso proposto contro la sentenza n. 4263/0/1990 della CT di secondo grado di Torino che (in conformità alla pronuncia della locale Commissione di primo grado) aveva respinto il ricorso del contribuente – ed ha così annullato il silenzio-rifiuto sull’istanza di data 18.6.1982 di rimborso per ILOR relativa all’anno 1978, rimborso che era stato richiesto sull’assunto che si fosse trattato di pagamento in relazione a redditi di lavoro autonomo non assimilabili a redditi di impresa, perciò non assoggettabile ad ILOR. La predetta CTC ha motivato la decisione evidenziando che le commissioni dei pregressi gradi avevano negato il diritto sulla premessa che l’istanza era stata presentata oltre 18 mesi dopo la data del versamento. Tuttavia il contribuente aveva provveduto -nel corso del giudizio avanti alla CTC – a documentare di avere presentato in data 14.6.1979 ulteriore richiesta di rimborso dei versamenti effettuati al più tardi il 23.6.1978, e perciò aveva dimostrato di essere stato perfettamente rispettoso del menzionato termine. Nè poteva rilevare che l’istanza fosse stata reiterata nel 1982, essendosi formato il silenzio rifiuto sin dal 1979.

L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

La parte contribuente si è difesa con controricorso.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore- può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Infatti, con il primo ed il secondo motivo di impugnazione (uno centrato sulla violazione dell’art. 345 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58; l’altro centrato sulla violazione del D.P.R. n. 636 del 1972, art. 36) la ricorrente si duole da un canto che la CTR abbia violato la regola del divieto di ius novorum in sede di gravame, dal momento in cui aveva dato rilievo nella decisione all’allegazione di un fatto (la istanza di rimborso di data 14.6.1979) mai dedotto nei pregressi gradi di giudizio, nei quali era stato fatto riferimento sempre all’istanza del 1982 ai fini della formazione del silenzio-rifiuto. Si duole, d’altro canto, del fatto che la CTR – prendendo in considerazione un documento che era stato depositato non con il ricorso introduttivo avanti alla CTC bensì con la memoria successivamente presentata (in data 22.1.2013) – abbia violato il menzionato art. 36 che consente la produzione di nuovi documenti soltanto insieme al ricorso, a quello incidentale o alle deduzioni di parte resistente.

I motivi (tra loro strettamente correlati e da esaminarsi congiuntamente) appaiono fondati e da accogliersi.

Da un canto, appare lesivo del divieto espressamente fissato dal D.P.R. n. 636 del 1972, art. 36 (“Dinanzi alla commissione centrale possono essere prodotti nuovi documenti, inerenti ai motivi dell’impugnazione o della difesa, soltanto insieme al ricorso, al ricorso incidentale o alle deduzioni della parte resistente.

Le commissioni di primo e di secondo grado e la commissione centrale hanno facoltà di ordinare alle parti l’esibizione di documenti ritenuti necessari per le decisioni di rispettiva competenza”) che la CTC abbia ammesso e valorizzato i documenti che la parte ricorrente ha dimesso nel terzo grado di giudizio dopo che questo era già stato introdotto ed a mezzo di una memoria che deve considerarsi del tutto irritualmente depositata. Ben vero, è principio già affermato quello secondo cui: “In tema di contenzioso tributario, la Commissione Tributaria Centrale ha il potere-dovere di accertare d’ufficio la tempestività della produzione dei nuovi documenti – che ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 36, comma 2 può essere effettuata “soltanto insieme al ricorso, al ricorso incidentale ed alle deduzioni della parte resistente” – e di dichiarare, d’ufficio, l’inammissibilità delle produzioni tardive con la connessa preclusione al loro esame nel merito, anche in assenza della relativa eccezione della controparte ed in presenza di una sua accettazione della produzione stessa”. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8454 del 25/09/1996). E perciò, la censura di parte ricorrente è stata qui del tutto tempestivamente proposta e deve essere senz’altro accolta.

D’altro canto, anche la prospettazione del tutto nuova della vicenda di fatto (in relazione alla tempestività dell’esercizio della pretesa restitutoria) assume valenza di inammissibilità, essendo principio incontroverso nella legge di rito tributario (anche prima della vigenza del D.Lgs. n. 546 del 1992) che:” Poichè il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 19 bis, aggiunto dal D.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, art. 11 consente al contribuente di integrare, soltanto nel giudizio di primo grado, i motivi proposti con il ricorso a contestazione della pretesa tributaria, fino alla data di comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza di discussione (ed anche ulteriormente ove ricorrano determinate incertezze), deve ritenersi inammissibile dedurre successivamente innanzi sia alla commissione tributaria di secondo grado che a quella centrale (e, quindi, anche davanti alla Corte d’appello) motivi non proposti nel giudizio di primo grado ed è ugualmente inammissibile la prospettazione di nuove ragioni che implichino la valutazione di fatti e situazioni in tale sede non dedotti. (nella specie è stato ritenuto inammissibile dedurre per la prima volta, innanzi alla Corte d’appello, l’eccezione di prescrizione degli interessi sull’imposta)” (Cass.Sez. 1, Sentenza n. 2646 del 13/03/1987).

Non è perciò chi non veda che deve considerarsi inammissibile la prospettazione di una del tutto nuova correlazione dei termini del sub-procedimento della formazione del silenzio-rifiuto, una volta che sia trascorso il termine ultimo per la proposizione dei motivi di impugnazione e – perciò – per la delineazione del thema decidendum di causa.

Per questa stessa ragione, resta del tutto frustraneo il richiamo che la parte controricorrente fa (peraltro in termini del tutto generici, in violazione del principio dell’autosufficienza, che vale per il ricorso non meno che per il controricorso, a riguardo delle eccezioni in esso contenute) ad un asserito ordine che il giudicante avrebbe impartito di rinnovare la produzione del documento (nella sostanza, quasi a sanare l’irrituale produzione tardiva ad iniziativa di parte), perchè detta rinnovata produzione – quand’anche la si possa ritenere effettuata in adempimento di un ordine legittimamente impartito – non sarebbe idonea a consentire la sostanziale modifica del thema decidendum con riguardo con riguardo alla vicenda del silenzio rifiuto e perciò del provvedimento stesso oggetto di impugnazione.

Non resta che concludere che la pronuncia impugnata – in ragione di entrambi i vizi denunciati dalla parte ricorrente – merita cassazione, con conseguente rinvio al giudice del merito affinchè rinnovi l’esame della questione controversa, alla luce delle regole di diritto ad essa correttamente applicabili e sopra richiamate.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.

Roma, 30 luglio 2015.

Ritenuto inoltre:

che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;

che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Piemonte che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2016

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