Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14072 del 11/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 11/06/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 11/06/2010), n.14072

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 25273-2008 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, PATTERI ANTONELLA, VALENTE NICOLA, giusta mandato in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.M.T., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA COLA

DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato BOER PAOLO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FURNARI ALESSANDRO,

giusta mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 401/2007 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 24/10/2007 r.g.n. 170/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/01/2010 dal Consigliere Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;

udito l’Avvocato PAOLO BOER;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI COSTANTINO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. M.M.T., con ricorso al tribunale di Mantova, in funzione di giudice del lavoro, depositato il 7 settembre 2006, premesso che era stata iscritta al Fondo di previdenza per i personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea (Fondo Volo) costituito presso l’INPS, esponeva di aver avuto accesso alla pensione di anzianità con decorrenza aprile 1997 e che aveva chiesto che, ai sensi della L. n. 859 del 1965, art. 34, una quota della pensione le venisse liquidata in capitale.

Ciò premesso lamentava che l’INPS, nel determinare la capitalizzazione della quota di pensione del loro dante causa, avesse erroneamente determinato il coefficiente di calcolo facendo riferimento non già alla tabella allegata al D.M. 19 febbraio 1981, ma ai coefficienti, diversi ed inferiori, determinati in sede di elaborazione del bilancio tecnico del Fondo volo ed approvati dal Comitato di vigilanza del Fondo con deliberazione dell’8 marzo 1988 così violando la previsione del citato art. 34, secondo cui il valore capitale della quota di pensione deve essere calcolato in base a “coefficienti in uso presso l’INPS”.

Faceva presente che detto richiamo non poteva che essere riferito ai coefficienti previsti dai D.M. emanati ai sensi della L. 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13; in particolare il D.M. 19 febbraio 1981 (che sostituiva altro D.M. 27 gennaio 1964) era l’unico in uso in forme pensionistiche obbligatorie, utilizzate dall’INPS per acquisire valori capitali relativi a ricongiunzioni, riscatti, trasferimenti dei contributi, ed era dunque applicabile anche per l’operazione inversa di trasformazione di una quota di pensione in capitale.

Ciò premesso la ricorrente concludeva perchè, dichiarata la applicabilità della tabella contenuta nel D.M. 19 febbraio 1981, l’Istituto venisse condannato al ricalcolo della quota capitale di pensione a lei spettante applicando il coefficiente previsto dal D.M. citato, con condanna al pagamento della somma risultante dal conteggio allegato al ricorso.

2. L’INPS si costituiva e resisteva alla domanda, deducendo che il D.M. 19 febbraio 1981, di cui si invocava l’applicazione, individuava, nel suo preambolo, un preciso riferimento normativo alla L. n. 1338 del 1962, art. 13, che disciplina il caso del datore di lavoro responsabile di omissione contributiva, che costituisca a favore de,l lavoratore dipendente una rendita vitalizia reversibile, a copertura della pensione o della quota di essa che sarebbe spettata in relazione ai contributi omessi. Nessun cenno era invece contenuto, nel citato decreto, alla legge istitutiva del Fondo Volo, nè tanto meno all’art. 34 di tale legge.

Tale ultima norma faceva riferimento – al fine di determinare la quota di pensione da capitalizzare – ai “coefficienti in uso presso l’INPS”, ma tali, secondo l’Istituto, non potevano essere quelli del citato D.M., perchè mentre la L. n. 1338 del 1962, art. 13 mirava ad assicurare una copertura contributiva nella preliminare fase di determinazione della pensione, la L. n. 859 del 1965, art. 34 prevedeva una anticipazione della successiva erogazione della pensione, già determinata nell’an e nel quantum.

Secondo l’Istituto si dovevano utilizzare basi tecniche specifiche.

L’Istituto aveva pertanto adottato, fino al gennaio 1980, coefficienti elaborati autonomamente per la compilazione del primo bilancio tecnico per la gestione del Fondo Volo, previsto dalla L. n. 859 del 1965, art. 11, con riferimento alla situazione accertata al 31 dicembre 1967.

I coefficienti erano stati successivamente aggiornati con deliberazione del Comitato di Vigilanza dell’8 marzo 1988. Si era applicato comunque il tasso tecnico del 4,5%, e cioè il tasso effettivo di rendimento dei capitali anticipati nel lungo periodo.

I coefficienti in uso differivano pertanto non solo da quelli approvati con D.M. 19 febbraio 1981, ma anche da quelli propri delle operazioni di riscatto e di ricongiunzione, il cui onere era basato sulla stessa tecnica del calcolo di riserva matematica di cui alla L. n. 1338 del 1960, art. 13.

Sulla base di tali considerazioni l’INPS chiedeva il rigetto della domanda.

3. Il tribunale di Mantova con sentenza dell’8-17 aprile 2004 rigettava la domanda.

4. A seguito di appello della pensionata, nel contraddittorio con l’INPS, la Corte d’appello di Brescia accoglieva l’impugnazione e quindi l’originaria domanda della pensionata, con sentenza dell’11-24 ottobre 2007, riconoscendo che il calcolo della capitalizzazione dovesse essere fatto secondo i coefficienti previsti dal D.M. 19 febbraio 1981.

In particolare la Corte territoriale respingeva l’eccezione di decadenza D.P.R. n. 639 del 1970, ex art. 47, perchè si controverteva dell’esatta liquidazione di un trattamento pensionistico (la capitalizzazione di una quota della pensione di anzianità), e nel merito accoglieva la tesi interpretativa della parte appellante, secondo cui occorreva fare applicazione della tabella di cui al D.M. 19 febbraio 1981, in dichiarata adesione all’orientamento giurisprudenziale di questa Corte espresso da Cass., sez. lav., 23 marzo 2007, n. 7132.

5. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’INPS, articolato in due motivi, con cui rispettivamente l’Istituto insiste nel ritenere applicabile la decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, e, quanto ai coefficienti di capitalizzazione applicabili nella specie, richiama lo ius superveniens, intervenuto nelle more, costituito dalla L. 24 dicembre 2007, art. 2, comma 503, (legge finanziaria 2008), alla stregua del quale sarebbe stato legittimato il ricorso ai coefficienti di capitalizzazione determinati ad hoc dall’Istituto stesso.

Ha resistito con controricorso l’intimata sostenendo, in particolare, che anche dopo la citata norma del 2007 i coefficienti di capitalizzazione in questione rimanevano quelli di cui D.M. 19 febbraio 1981.

Entrambe le parti hanno presentato memoria.

All’esito dell’udienza di discussione e delle camere di consiglio del 20 gennaio 2010 e del 3 maggio 2010 – quest’ultima, dopo aver chiesto ed acquisito una relazione all’Ufficio del ruolo e del massimario sulle questioni poste dal ricorso – il Collegio ha pronunciato la presente ordinanza.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso appare infondato avendo le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. un., 29 maggio 2009, n. 12720) composto il contrasto di giurisprudenza sul punto affermando che la decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166 – non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sè considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale.

A questa interpretazione, contestata dall’INPS, ha aderito – già prima dell’intervento delle Sezioni Unite – la Corte d’appello di Brescia nell’impugnata sentenza.

2. Il secondo motivo di ricorso invece è più complesso perchè investe lo ius superveniens costituito dalla L. 24 dicembre 2007, art. 2, comma 503, (legge finanziaria 2008).

Pretermettendo il complessivo quadro normativo di riferimento (per l’esame del quale v. Cass., sez. un., 20 ottobre 2009, nn. 22154, 22155, 22156 e 22157 e la giurisprudenza ivi richiamata a partire da Cass., sez. lav., 23 marzo 2007, n. 7132) appare sufficiente fissare il “punto di partenza” ed il “punto di arrivo” del complesso sviluppo normativo che ha dato luogo alla tormentata questione del calcolo della quota capitalizzata della pensione a carico del Fondo volo: da una parte la L. 13 luglio 1965, n. 859, art. 34 (successivamente abrogato, ma applicabile nella specie ratione temporis); dall’altra la L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 503, (legge finanziaria per il 2008).

3. Quanto alla prima disposizione, mette conto ricordare che la L. 13 luglio 1965, n. 859, recante norme di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea ed istitutiva del Fondo di previdenza per tale personale, ha previsto – appunto, all’art. 34 cit. nella sua originaria formulazione – la possibilità, a richiesta dell’iscritto al Fondo, della liquidazione in capitale di una parte della pensione spettante; beneficio questo del tutto speciale, che in prosieguo di tempo il legislatore – a partire dalla riforma del Fondo del 1988 – ha guardato con sfavore prima limitandolo, poi abolendolo del tutto (a partire dal 1 gennaio 2005).

L’art. 34 cit. stabiliva che l’iscritto che avesse raggiunto i requisiti previsti per il conseguimento del diritto alla pensione di anzianità aveva la facoltà di chiedere che gli fosse corrisposto, in sostituzione di una quota della pensione spettategli, il valore capitale della quota stessa, calcolato in base ai “coefficienti in uso presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale”.

Il capitale liquidabile non poteva superare nè la metà del valore capitale della pensione spettante (art. 34, comma 2, lett. a), nè la differenza tra il valore capitale della pensione spettante ed il valore capitale della pensione liquidabile secondo le norme dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, da calcolarsi in relazione ai contributi corrispondenti, quanto alla classe ed alla categoria, alle retribuzioni percepite dall’iscritto durante il periodo considerato utile ai fini della determinazione della pensione liquidabile a carico del Fondo.

In sostanza l’iscritto al Fondo poteva chiedere di riscuotere (anche subito all’atto del pensionamento), come importo capitalizzato, il quid pluris che il Fondo, come trattamento pensionistico integrativo (di miglior favore), garantiva rispetto al trattamento pensionistico ordinario nell’assicurazione obbligatoria.

La determinazione della quota suddetta è mutata nel tempo per effetto della normativa successiva fino all’abrogazione dell’istituto.

4. L’altra disposizione citata interviene in epoca più recente: la L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 503, (legge finanziaria per il 2008) – che in causa rappresenta uno ius superveniens rispetto alla sentenza impugnata, suscettibile di applicazione al rapporto controverso – ha previsto: “Ai fini della determinazione del valore capitale della quota di pensione spettante agli iscritti al Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea, antecedentemente all’entrata in vigore della L. 31 ottobre 1988, n. 480, art. 11, comma 2, devono intendersi applicabili i coefficienti di capitalizzazione determinati sulla base dei criteri attuariali specifici per il predetto Fondo, deliberati dal consiglio di amministrazione dell’INPS su conforme parere del comitato amministratore del Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea”.

5. Le questioni interpretative che vengono in rilievo sono due e riguardano rispettivamente: a) cosa debba intendersi per “coefficienti in uso presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale” ex art. 34 cit.; b) quali siano “i coefficienti di capitalizzazione determinati sulla base dei criteri attuariali specifici per il predetto Fondo l’ex art. 2, comma 503, cit..

6. Sulla prima questione (sub a), concernente l’interpretazione dell’art. 34 cit., nel regime precedente l’entrata in vigore dell’art. 2, comma 503, cit., questa Sezione Lavoro si era già pronunciata (Cass., sez. lav., 23 marzo 2007, n. 7132, cit.) affermando che per le domande presentate anteriormente al 1 luglio 1997 gli iscritti al Fondo speciale di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea avevano diritto alla liquidazione in somma capitale di una quota della pensione, con i limiti quantitativi previsti dalla L. 13 luglio 1965, n. 859, art. 34, e dalla L. 31 agosto 1988, n. 480, art. 11, sulla base dei coefficienti di capitalizzazione stabiliti dal D.M. 19 febbraio 1981, fin Suppl. G.U. n. 129 del 12 maggio 1981), in attuazione della L. 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13, comma 6.

Questo orientamento, favorevole ai pensionati e contrario alla tesi dell’INPS, è stato seguito – per quanto consta – dalla giurisprudenza di merito, tra cui l’impugnata sentenza (nell’odierna udienza sono stati chiamati numerosi ricorsi dell’INPS avverso pronunce di merito sfavorevoli all’Istituto); nè la difesa dell’INPS ha indicato argomenti nuovi e diversi, tali da indurre ad un mutamento di giurisprudenza, avendo invece essa focalizzato le sue argomentazioni sullo ius superveniens che – questo sì – imporrebbe una soluzione diversa alla questione in esame.

7. E’ invece la seconda questione (sub b) ad essere controversa fronteggiandosi due tesi contrapposte: quella dell’INPS secondo cui il legislatore del 2007 avrebbe inteso, con norma di interpretazione autentica o comunque con norma di sanatoria, legittimare il suo operato (v. più in dettaglio infra) e quella della difesa dei pensionati (tra cui l’odierna intimata) secondo cui in realtà lo ius superveniens non troverebbe applicazione o comunque non imporrebbe una soluzione diversa da quella finora accolta dalla giurisprudenza di questa Corte.

Su questa seconda questione ancora controversa si appuntano i rilievi esegetici delle difese delle parti.

Ed è su tale seconda questione che si è registrato un primo intervento di questa Sezione Lavoro sostanzialmente contrario alla tesi dell’INPS: Cass., sez. lav., 2 settembre 2008, n. 22049, ha ritenuto che la citata disposizione della legge finanziaria per il 2008 – “diversamente da quanto possa apparire dal tenore letterale della medesima” – non faccia riferimento a coefficienti di capitalizzazione già deliberati al momento della sua entrata in vigore e che “non sia allo stato operativa”; potendosi da ciò inferirsi che i coefficienti di capitalizzazione potrebbero invece essere oggetto di una nuova delibera del Consiglio di amministrazione dell’INPS su conforme parere del Comitato di vigilanza del Fondo;

sicchè in sostanza l’art. 2, comma 503, cit. non avrebbe il contenuto di una norma di interpretazione autentica nè di sanatoria, bensì costituirebbe una disposizione innovativa.

8. Con distinte ordinanze questa Sezione Lavoro (n. 29255 e 29256 del 12 dicembre 2008; n. 30103 e 30104 del 23 dicembre 2008) rimetteva la questione alle Sezioni Unite, dubitando della persuasività di quest’ultimo arresto giurisprudenziale (espresso da Cass., sez. lav., 2 settembre 2008, n. 22049, cit.). In particolare considerava che la norma posta dal cit. ius superveniens non poteva che essere diretta a regolare rapporti giuridici pregressi, atteso che la disposizione oggetto di apparente interpretazione autentica – e quindi il beneficio, da essa previsto, della liquidazione in capitale di una quota della pensione erogata dal Fondo volo – era stata abrogata. Ed aggiungeva, in chiave problematica, che la questione dell’interpretazione dello ius superveniens (art. 2, comma 503, cit.) – non quella dell’art. 34 cit. – vedeva “fronteggiarsi l’esigenza di rispetto della voluntas legis (che avrebbe portato ad un revirement della precedente giurisprudenza: Cass. n. 7132 del 2007) e l’ostacolo di una formulazione normativa imperfetta (che invece avrebbe condotto, nella sostanza, alla conferma di tale giurisprudenza: così Cass. n. 22049 del 2008)”. Di qui la rimessione alle Sezioni Unite come questione di massima di particolare importanza.

9. Le Sezioni Unite (segnatamente Cass., sez. un., 20 ottobre 2009, n. 22156; ma v. anche Cass., sez. un., 20 ottobre 2009, nn. 22154, 22155 e 22157) hanno in effetti disatteso l’orientamento espresso da Cass., sez. lav., 2 settembre 2008, n. 22049, cit.; ma si sono arrestate accedendo ad un’interpretazione intermedia. L’art. 2, comma 503, pur non avendo natura di norma di interpretazione autentica, non di meno – secondo la cit. pronuncia delle Sezioni Unite – regola retroattivamente la determinazione dei coefficienti di capitalizzazione: “il potere dell’istituto di determinare le tabelle di capitalizzazione, che non era previsto dalla Legge Istitutiva n. 859 del 1965 … trova adesso la sua base legale nella disposizione del 2007”.

La norma sopravvenuta però vale a “sanare” solo i coefficienti di capitalizzazione stabiliti con Delib. 4 agosto 2005, n. 302 del Consiglio di amministrazione dell’INPS che ha approvato i “nuovi coefficienti di capitalizzazione” per le pensioni aventi decorrenza dal 1 luglio 1997 fino al dicembre 2004 e non anche la determinazione dei coefficienti di capitalizzazione per la liquidazione in capitale di quote di pensioni decorrenti dal 1 gennaio 1980 fatta con deliberazione dell’8 marzo 1988 del Comitato di vigilanza, al quale la L. n. 859 del 1965, art. 6 demanda di sovraintendere all’amministrazione del Fondo Volo.

Per il periodo precedente alla menzionata delibera n. 302 del 4 agosto 2005, le Sezioni Unite (e segnatamente Cass., sez. un., 20 ottobre 2009, nn. 22154, 22155 e 22157) hanno operato un revirement rispetto alla giurisprudenza di questa Sezione Lavoro, accedendo – seppur in chiave velatamente dubitativa (affermandosi che “sembra invero più coerente l’applicazione di una delle altre tabelle “in uso”, e cioè quella di cui al R.D. n. 1403 del 1922″) – ad una diversa interpretazione dell’art. 34 cit.: i coefficienti di capitalizzazione sono ricavabili dalle tabelle allegate al R.D. 9 ottobre 1922, n. 1403, concernenti il calcolo delle rendite vitalizie degli iscritti alle assicurazioni facoltative; tabelle queste che – come si desume dalla circostanza che le Sezioni Unite hanno deciso i ricorsi pronunciandosi anche nel merito e rigettando la domanda – sono ancor meno favorevoli (per i pensionati) dei coefficienti di capitalizzazione in concreto utilizzati dall’INPS. Sicchè – secondo le Sezioni Unite – è errata sia la tesi della difesa dei pensionati coonestata dalla giurisprudenza di questa Sezione lavoro (secondo cui occorre far riferimento ai coefficienti di cui al D.M. 19 febbraio 1981), sia quella della difesa dell’INPS (secondo cui occorre far riferimento ai coefficienti di cui alla deliberazione dell’8 marzo 1988 del Comitato di vigilanza del Fondo volo). Pertanto non solo si ha che i pensionati (prima del 1 luglio 1997) non hanno diritto all’integrazione della quota di pensione capitalizzata, alla quale ritengono di aver diritto, ma risulta anche che essi abbiano percepito una quota addirittura maggiore di quella loro spettante, la quale per l’eccedenza sarebbe stata quindi indebitamente percepita con conseguente obbligo restitutorio e con l’ulteriore possibile effetto (stante la complementarietà tra quota di pensione capitalizzabile e quota non capitalizzabile) che l’INPS a sua volta avrebbe erogato la restante quota di pensione non capitalizzata in misura non corrispondente al dovuto.

10. Orbene, osserva in proposito questa Sezione Lavoro che – se può discutersi se l’art. 2, comma 503, cit. rechi una norma di interpretazione autentica ovvero una disposizione di sanatoria ad efficacia retroattiva – appare invece indubitabile quale sia stata la voluntas legis.

Si legge nella Relazione di accompagnamento al D.D.L. di approvazione della legge finanziaria per il 2008 (atto Senato n. 1817): “L’art. 60 del testo approvato dalla Camera dei Deputati, poi divenuto art. 2, comma 503, del testo definitivo prevede l’interpretazione autentica delle disposizioni in materia di determinazione del valore capitale della quota di pensione spettante agli iscritti al Fondo volo presso l’INPS antecedentemente all’entrata in vigore della L. n. 480 del 1998 recte: 1988, La disposizione conferma le modalità applicative per la determinazione della predetta quota di pensione finora seguite dall’INPS” (giova ricordare che la L. 31 ottobre 1988, n. 480, ha “bloccato” il beneficio escludendo i nuovi iscritti al Fondo dalla fruibilità dello stesso).

Nella allegata Relazione tecnica l’intento del legislatore di “sanare” l’operato dell’INPS è parimenti evidente affermandosi in chiaro che “la disposizione conferma le modalità applicative per la determinazione della predetta quota di pensione finora seguite dall’INPS”; in particolare si richiamano sia i coefficienti determinati in sede di elaborazione del bilancio tecnico del Fondo volo approvati dal Comitato di vigilanza del Fondo (per i trattamenti pensionistici con decorrenza dall’1.1.1980) sia le tabelle approvate dal Consiglio di Amministrazione dell’INPS con Delib. 4 agosto 2005, n. 302 (per i trattamenti pensionistici con decorrenza dall’1.7.1997).

La finalità di questa “sanatoria” appare essere quella di salvaguardare l’equilibrio finanziario del Fondo destinato innanzi tutto a corrispondere i periodici trattamenti pensionistici per tutta la vita del pensionato (con reversibilità ai superstiti aventi diritto) e, solo in via di ulteriore trattamento di miglior favore e per un periodo di tempo ormai superato, anche ad erogare una tantum quote capitalizzate degli stessi. La Relazione tecnica quantifica anche l’onere economico per il Fondo “a normativa vigente”, ossia senza la norma interpretativa o di sanatoria.

C’è da ricordare che il beneficio di cui all’art. 34 cit. è venuto meno a partire dal 1 gennaio 2005 (il D.L. 5 ottobre 2004, n. 249, art. 1 quater, comma 3, disposizione aggiunta in sede della conversione in L. 3 dicembre 2004, n. 291, ha infatti sancito che, a decorrere dal 1 gennaio 2005, la L. 13 luglio 1965, n. 859, art. 34, è abrogato), sicchè la disposizione della legge finanziaria per il 2008 non può che essere retrospettiva vuoi nella forma della norma di interpretazione autentica vuoi come norma di sanatoria con efficacia retroattiva, ossia riguardare “vecchi” trattamenti pensionistici, già maturati in precedenza; talchè appare difficilmente revocabile in dubbio che il legislatore, lungi dal disciplinare ex mine la materia, abbia inteso invece regolamentare, ora per allora, il beneficio in quanti casi esso fosse stato chiesto, dagli aventi diritto, fino al 31 dicembre 2004.

Quand’anche si ritenesse trattarsi in realtà di norma di sanatoria perchè non raccordabile, per come è formulata, ad alcuna delle interpretazioni plausibili della disposizione ipoteticamente interpretata (ossia l’art. 34 cit.), comunque si tratterebbe di una fattispecie normativa legittima secondo il sistema delle fonti del diritto atteso che la giurisprudenza della Corte costituzionale (ex plurimis C. cost. n. 14 del 1999) ha avuto più volte occasione di chiarire che “le leggi di sanatoria non sono costituzionalmente precluse in via di principio ma che, tuttavia, trattandosi di ipotesi eccezionali, la loro giustificazione dev’essere sottoposta a uno scrutinio particolarmente rigoroso” in relazione soprattutto al principio di eguaglianza e a quello dell’affidamento nella normativa vigente.

Del resto la stessa legge finanziaria per il 2008 nel medesimo art. 2 contiene, appena dopo il comma 503 in esame, una fattispecie normativa del tutto analoga: il comma 505, che reca l’interpretazione autentica di una precedente disposizione di legge, già interpretata (in senso opposto) da questa Corte (Cass., sez. lav., 7 luglio 2005, n. 14285), la quale, chiamata ad applicare questo ius superveniens, si è adeguata (Cass., sez. lav., 12 giugno 2009, n. 13723) operando il revirement rispetto al suo orientamento precedente.

11. Nella fattispecie in esame però l’applicazione dello ius superveniens, costituito dall’art. 2 cit., comma 503, richiede qualche passaggio argomentativo in più. Ciò perchè, se da una parte la voluntas legis e la finalità perseguita dal legislatore appaiono chiare, la formulazione testuale della norma (art. 2, comma 503, cit.) è , a prima lettura, imperfetta perchè prevede un modulo procedimentale di completamento della fattispecie collocato a livello di atto amministrativo generale (delibera del consiglio di amministrazione dell’INPS su conforme parere del “Comitato amministratore” del Fondo) che non ha un’esatta corrispondenza nell’operato dell’INPS o del Fondo perchè in un caso i coefficienti di capitalizzazione sono stati determinati in sede di elaborazione del bilancio tecnico del Fondo volo ed approvati dal Comitato di vigilanza del Fondo con deliberazione dell’8 marzo 1988 (per i trattamenti pensionistici con decorrenza dall’1.1.1980); nell’altro sono stati approvati sì dal Consiglio di Amministrazione dell’INPS con Delib. 4 agosto 2005, n. 302 ma senza il parere (vincolante) del “Comitato amministratore” (per i trattamenti pensionistici con decorrenza dall’1.7.1997).

Ma, al di là delle imperfezioni della formulazione testuale della norma di sanatoria, il principio che si ricava appare essere sufficientemente delineato: il legislatore ha voluto sanare (nel senso di offrire ex post una base legale all’operato dell’INPS e del Fondo volo da esso gestito, legittimando – e prescrivendo – l’autodeterminazione dei coefficienti di capitalizzazione; ossia legittimando che fosse lo stesso Fondo volo a valutare, sulla base del proprio bilancio, quali coefficienti di capitalizzazione di quote di pensione fossero compatibili con l’equilibrio finanziario del Fondo stesso che doveva assicurare innanzi tutto l’erogazione delle pensioni e, compatibilmente con ciò, anche l’erogazione di somme capitali. Il pensionato, che conosceva – o poteva conoscere – i coefficienti di capitalizzazione di fatto “in uso” presso il Fondo volo, poteva scegliere se avere l’intero trattamento pensionistico erogato nei modi ordinari, più favorevole del trattamento in a.g.o.

perchè comprensivo del trattamento integrativo, ovvero convertire una quota dello stesso, non superiore al differenziale rispetto al trattamento in a.g.o., per ricevere immediatamente una somma capitale e per il resto un minor trattamento pensionistico, comunque non inferiore a quello spettante nell’ordinario regime dell’assicurazione obbligatoria. Questo è ciò che il legislatore del 2008 ha inteso “sanare” perchè la normativa previgente in realtà non legittimava affatto questa autodeterminazione dei coefficienti di capitalizzazione (di ciò era consapevole lo stesso legislatore del 2007 dal momento che nella Relazione tecnica allegata a citato D.D.L. c’è il calcolo del costo del differenziale della quota di capitalizzazione delle pensioni “a normativa vigente”).

D’altra parte è testuale – nell’art. 2, comma 503, cit. – che “i coefficienti di capitalizzazione” sono ora da intendersi quelli “determinati sulla base dei criteri attuariali specifici per il predetto Fondo”; questa regola – quale che sia il perfezionamento del procedimento amministrativo di formazione dell’atto di determinazione dei coefficienti di capitalizzazione – comunque esclude, con una prescrizione netta e chiara, tutti gli eventuali coefficienti di capitalizzazione che non siano “determinati sulla base dei criteri attuariali specifici per il predetto Fondo” e tali non sono nè quelli di cui al D.M. 19 febbraio 1981, nè quelli di cui alle tabelle allegate al R.D. n. 1403 del 1922. In altre parole il legislatore del 2007 ha voluto “coefficienti di capitalizzazione” non solo – per così dire – “su misura” (ossia “determinati sulla base dei criteri attuariali specifici per il predetto Fondo”), e non già mutuati da tabelle già esistenti per altre finalità, ma anche autodefiniti dall’INPS stesso che, per essere presso di sè allocato il Fondo Volo, era in condizione di fissare i “criteri attuariali specifici”, liberi poi gli assicurati pensionati di scegliere di convertire, o meno, una quota della pensione in capitale.

Ed allora l’interpretazione della citata disposizione della legge finanziaria per il 2008 deve essere orientata – secondo questa Sezione rimettente – dalla chiara volontà del legislatore che è nel senso della sanatoria di tutti i coefficienti autodeterminati dall’INPS e dal Fondo volo: non solo – come già ritenuto da Cass., sez. un., 20 ottobre 2009, n. 22156, cit. – quelli di cui alla delibera n. 302 del 4 agosto 2005 del Consiglio di amministrazione dell’INPS (che maggiormente si avvicinano alla fattispecie dell’art. 2, comma 503, pur non facendo riferimento ad alcun parere del “Comitato amministratore” del Fondo Volo, ma solo alla “avvenuta predisposizione dei nuovi coefficienti di capitalizzazione”, a una “relazione predisposta sull’argomento” e alla “proposta del Direttore generale”), ma anche – ad avviso di questa Sezione lavoro – quelli di cui alla deliberazione dell’8 marzo 1988 del Comitato di vigilanza del Fondo. Questi ultimi infatti sono stati comunque richiamati nella cit. Delib. n. 302 del 2005 che li ha “aggiornati” e quindi li ha fatto propri, recependoli; sicchè anch’essi vi sono compresi, essendo riferibili al Consiglio di amministrazione dell’Istituto sia l’aggiornamento dei coefficienti di capitalizzazione sia (ex post) la determinazione di questi stessi, sui quali e stato computato l’aggiornamento.

Nè ciò significa riconoscere, ora per allora, un potere tariffario all’INPS, che questa Corte, anche in passato con riferimento ad altra vicenda di “capitalizzazione”, quella dei benefici combattentistici (Cass., sez. lav., 30 marzo 1990, n. 2605), ha escluso. Nella fattispecie in esame, infatti, si tratta soltanto della determinazione di una modalità di erogazione della pensione determinata per legge nell’an e nel quantum a carico del Fondo volo;

modalità questa che è alternativa a quella ordinaria (ossia pagamento di una somma capitale una tantum unitamente ad un minor rateo periodico di pensione versus pagamento dell’ordinario integrale rateo periodico di pensione) e che è su base volontaria (nel senso che è il pensionato che valuta la convenienza, o meno, di chiedere che una parte della pensione spettante gli sia versata in quota capitale). Manca quindi del tutto quella connotazione autoritativa propria del potere tariffario che implicherebbe il riconoscimento di un potere di normazione subprimaria o amministrativo.

12. Invece secondo le citate pronunce delle Sezioni Unite (e segnatamente Cass., sez. un., 20 ottobre 2009, nn. 22154, 22155 e 22157, cit.) per i trattamenti pensionistici aventi decorrenza prima del 1 luglio 1997, ossia quelli ai quali non si applicano i coefficienti aggiornati con la Delib. 4 agosto 2005, n. 302 del Consiglio di amministrazione dell’INPS (tra cui il trattamento pensionistico dell’odierna controricorrente), nulla sarebbe cambiato e quindi occorrerebbe far riferimento unicamente alla normativa previgente con la conseguenza che la sanatoria voluta dal legislatore avrebbe raggiunto solo in parte il suo scopo perchè riguarderebbe unicamente alcune erogazione di quote di capitale di pensione (quelle relative ai trattamenti pensionistici successivi al 1 luglio 1997) e non già tutte (anche quelle relative ai trattamenti pensionistici precedenti al 1 luglio 1997); vi sarebbe una distinzione da fare secondo un criterio temporale.

Siffatta distinzione – che questa Sezione ritiene non persuasiva e pertanto rimette nuovamente la questione alle Sezioni Unite – lascerebbe inalterata la normativa vigente prima dello ius superveniens, che non autorizzava invece l’autodeterminazione dei coefficienti di capitalizzazione e quindi i “coefficienti in uso” andavano ricercati in una fonte eteronoma, ossia tra quelli che all’epoca erano “vigenti” in quanto previsti dalla normativa primaria o regolamentare; laddove la successiva norma di sanatoria, se intesa a tutto campo (come si ritiene che possa farsi), si sovrappone alla disciplina previgente e la scherma del tutto rendendo superfluo interrogarsi in ordine ad eventuali argomentazioni esegetiche che possano indurre a rivedere l’orientamento già espresso da questa Sezione e dalla giurisprudenza di merito che si è uniformata.

Inoltre – come già rilevato – la norma sopravvenuta comunque reca la prescrizione, con efficacia retroattiva, che “i coefficienti di capitalizzazione” sono (i.e. devono essere) specifici del Fondo volo perchè caratterizzati dalla connotazione di essere “determinati sulla base dei criteri attuariali specifici per il predetto Fondo”.

13. Se però si ritiene – come mostrano di ritenere le Sezioni Unite nelle cit. pronunce – che per i trattamenti pensionistici ante 1 luglio 1997 (quale quello di cui è causa) non trovi applicazione lo ius superveniens, la questione (dell’interpretazione dell’art. 34 cit.) rimane negli stessi termini in cui si è posta in precedenza nella citata pronuncia di questa Sezione Lavoro e che ha visto accolta la tesi della difesa dei pensionati, i quali ritenevano che i “coefficienti in uso” erano quelli fissati con norma regolamentare ed utilizzati dall’INPS per il calcolo della riserva matematica L. n. 1338 del 1962, ex art. 13, comma 6, (in caso di omissione contributiva), contrapposta alla tesi dell’INPS (che ha sostenuto invece che i “coefficienti in uso” fossero quelli autodeterminati dall’INPS stesso e dal Fondo volo, come poi avrebbe previsto la esaminata norma interpretativa o di sanatoria).

Invece la “terza via” – ipotizzata dalle citate sentenze delle Sezioni Unite che, operando un revirement della giurisprudenza di questa Sezione “a normazione invariata”, hanno ritenuto “più coerente” il richiamo delle tabelle allegate al R.D. 9 ottobre 1922, n. 1403, recante le tariffe per la costituzione delle rendite vitalizie immediate e di quelle differite presso quella che all’epoca era la Cassa nazionale per le assicurazioni sociali – non sembra praticabile per la semplice, ma decisiva, ragione che queste tabelle – ormai utilizzate nella prassi giudiziaria come parametro, in ogni caso da aggiornare (Cass., sez. 3^, 2 marzo 2004, n. 4186), per la quantificazione del danno da responsabilità civile nell’infortunistica stradale (v. la cit. relazione dell’Ufficio del ruolo e del Massimario, n. 43 del 14 aprile 2010) – riguardano comunque “altro”. Ossia queste tabelle – formate peraltro in un contesto demografico assai risalente (i primi anni del secolo scorso) e mai aggiornate – riguardano una prestazione assicurativa facoltativa, mentre il pensionato iscritto al Fondo volo, chiedendo la capitalizzazione di una quota di pensione, rinuncia ad una corrispondente quota di una prestazione previdenziale obbligatoria, che è certamente più “pesante” se solo si considera che contiene anche il trattamento di reversibilità, che invece non è previsto dalla previdenza facoltativa, nonchè il meccanismo di perequazione nel tempo. Sicchè non appare possibile “pesare” (questo in fondo significa determinare i coefficienti di capitalizzazione) una quota di un trattamento di previdenza obbligatoria – quella che viene immediatamente convertita in capitale – con il metro di un regime di assicurazione facoltativa.

Invece il calcolo della riserva matematica L. 12 agosto 1962, n. 1338, ex art. 13 (v. D.M. 19 febbraio 1981 e succ. mod., nonchè specificamente per il Fondo volo v. D.M. 20 febbraio 2003) è tutto all’interno della previdenza obbligatoria ed è logicamente reversibile.

Se per un iscritto al Fondo volo c’è da reintegrare una quota di pensione in ragione di una precedente scopertura contributiva, il calcolo del capitale “necessario” era (ed è) fatto con i coefficienti di capitalizzazione di cui ai decreti ministeriali L. n. 1338 del 1962, ex art. 13.

Se, a parità di condizioni, un iscritto al Fondo volo rinuncia (fino a quando ha potuto farlo) ad una stessa quota di pensione (in ragione dell’opzione in favore della riscossione di una somma una tantum) il calcolo de capitale “liberato” – in mancanza di coefficienti specifici “in uso” presso l’INPS – non poteva che essere fatto con i medesimi coefficienti di capitalizzazione, invertendo aritmeticamente, per la proprietà commutativa, i termini dell’eguaglianza precedente.

Ciò che difetta in questa – per così dire – “evidenza contabile” è la mancata incidenza delle esigenze di equilibrio finanziario del Fondo volo che la L. del 1965, cit. art. 34 non prendeva in considerazione, ma che la norma di interpretazione autentica o di sanatoria del 2007 (art. 2, comma 503, cit.) prescrive che debbano essere valutate (sicchè si torna al problema della portata dello ius superveniens).

14. Quanto infine alla permanente vigenza del cit. R.D. n. 1403 del 1922, che la difesa della controricorrente nega in ragione dell’intervenuto processo di “semplificazione normativa” mirato all’abrogazione della normativa pubblicata anteriormente al 1 gennaio 1970 non rispondente ai principi ed ai criteri direttivi dei decreti legislativi deputati alla catalogazione della normativa “salvata” e quindi ancora in vigore (L. 29 novembre 2005, n. 246, art. 14 e successivi D.Lgs. di attuazione), c’è da considerare che è vero che “le disposizioni in materia previdenziale e assistenziale” sono state eccettuate (dall’art. 14 cit., sia nella formulazione originaria che in quella novellata) da tale processo di “semplificazione normativa”, la cui finale operatività peraltro, già fissata dal comma 16 dell’art. 14, nella sua originaria formulazione, nel decorso del termine per l’emanazione dei decreti legislativi suddetti, e poi differita dal comma 14-ter dello stesso art. 14, come novellato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 4.

Ma il R.D. n. 1403 del 1922 prevedeva una fattispecie di assicurazione volontaria per la costituzione di una rendita vitalizia (anche) immediata (analoga ad un’assicurazione privata) che prescindeva da eventi che potessero determinare quella situazione di bisogno per fronteggiare la quale è approntato il sistema di previdenza sociale (eventi quali “infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria” che comportano che “siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle … esigenze di vita” dei lavoratori: art. 38 Cost., comma 2.). Appare quindi difficile riconoscere alle disposizioni del R.D. n. 1403 del 1922 – non presente tra gli “atti normativi salvati pubblicati anteriormente al 1 gennaio 1970” di cui all’Allegato 1 del D.Lgs. 1 dicembre 2009, n. 179 (recante le “disposizioni legislative statali anteriori al 1 gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma della L. 28 novembre 2005, n. 246, art. 14”), normativa questa peraltro sopravvenuta alle citate pronunce delle Sezioni unite del 20 ottobre 2009 – la connotazione di “disposizioni in materia previdenziale e assistenziale”.

15. In conclusione ritiene questa Sezione Lavoro di rimettere nuovamente all’esame delle Sezioni Unite la questione dell’interpretazione dello ius superveniens (L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 503, – legge finanziaria per il 2008) nei termini sopra indicati e sintetizzabili nel quesito se tale disposizione, quale norma di interpretazione autentica o di sanatoria dell’autodeterminazione, ad opera dell’INPS e del Fondo volo, dei coefficienti di capitalizzazione della prevista quota di pensione spettante agli iscritti al Fondo, si riferisca solo – come ritenuto da Cass., sez. un., 20 ottobre 2009, n. 22156 – ai coefficienti di capitalizzazione approvati dal Consiglio di Amministrazione dell’INPS con deliberazione n. 302 del 4 agosto 2005, pur senza il parere del “Comitato amministratore” (per i trattamenti pensionistici con decorrenza dall’1.7.1997), oppure anche – come è indotta a pensare questa Sezione Lavoro – ai coefficienti di capitalizzazione determinati in sede di elaborazione del bilancio tecnico del Fondo volo ed approvati dal Comitato di vigilanza del Fondo con de liberazione dell’8 marzo 1988 (per i trattamenti pensionistici con decorrenza dall’1.1.1980) in quanto comunque recepiti nella successiva menzionata delibera del Consiglio di Amministrazione dell’INPS. Ove però lo ius superveniens fosse interpretato come norma di interpretazione autentica o di sanatoria solo dei coefficienti di capitalizzazione approvati dal Consiglio di Amministrazione dell’INPS con Delib. 14 agosto 2005, n. 302 e quindi operasse limitatamente ai trattamenti pensionistici successivi al 1 luglio 1997 e non anche per quelli precedenti a tale data (come quello di cui si controverte in causa), deve rimettersi alle Sezioni Unite anche la questione dell’interpretazione della L. 13 luglio 1965, n. 859, art. 34, nei termini sopra indicati e sintetizzabili nel quesito se i “coefficienti di capitalizzazione in uso”, richiamati dalla norma citata, siano quelli previsti per il calcolo della riserva matematica di cui alla L. n. 1338 del 1962, art. 13, comma 6, ovvero quelli previsti delle tabelle allegate al R.D. 9 ottobre 1922, n. 1403, recante le tariffe per la costituzione delle rendite vitalizie immediate e differite presso quella che all’epoca era la Cassa nazionale per le assicurazioni sociali.

P.Q.M.

La Sezione Lavoro rimette la causa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della stessa alle Sezioni Unite.

Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio, il 20 gennaio e il 3 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2010

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