Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14072 del 07/07/2020

Cassazione civile sez. lav., 07/07/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 07/07/2020), n.14072

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6341/2014 proposto da:

CISA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 114/B, presso lo

studio dell’Avvocato ANDREA GUIDI, rappresentata e difesa

dall’Avvocato SERGIO GABRIELLI.

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione

dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA

D’ALOISIO, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE.

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA MARCHE S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 977/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 02/12/2013 R.G.N. 215/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dal

Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La CISA spa, già Sofer srl, incorporante della IMT spa, ha proposto opposizione avverso la cartella esattoriale emessa nei confronti di quest’ultima società in relazione alla pretesa dell’INPS di recuperare gli sgravi contributivi accordati negli anni 1996-2000 per la stipula di contratti di formazione e lavoro, siccome dichiarati incompatibili con il mercato comune dalla Commissione della Comunità Europea.

2. Il primo giudice ha accolto l’opposizione ravvisando la nullità della iscrizione a ruolo e della cartella, in quanto effettuata a carico di un soggetto – la predetta IMT spa – non più esistente perchè incorporata per fusione nella Sofer srl.

3. La Corte di appello di Ancona, con sentenza del 24.4/25.6.2009, ha respinto il gravame principale proposto dall’INPS e, in accoglimento di quello incidentale svolto dalla CISA spa, ha dichiarato l’infondatezza della pretesa avanzata dall’Istituto con la cartella opposta.

4. La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 14385 del 2012, ha accolto il ricorso principale proposto dall’INPS, mentre ha dichiarato inammissibile quello incidentale spiegato dalla CISA spa; ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato per un nuovo esame alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione, affinchè si conformasse ai principi di diritto esposti.

5. Riassunto il giudizio da parte dell’INPS, in proprio e nella qualità di procuratore speciale della SCCI spa, la Corte di appello di Ancona, con la sentenza n. 977 del 2013, ha accolto l’appello originario proposto dall’Istituto e ha compensato tra le parti le spese di tutti i gradi di giudizio.

6. I giudici di rinvio, a fondamento della decisione, dopo avere delimitato il thema decidendum alla luce di quanto stabilito in sede di legittimità, hanno specificato che la CISA spa non aveva minimamente assolto l’onere, nè per via amministrativa finalizzata al recupero, nè in via giudiziaria, di dimostrare la sussistenza di specifiche condizioni concretizzanti l’applicabilità della regola “de minimis”; hanno poi evidenziato che l’effetto retroattivo delle decisioni comunitarie era connesso con la natura delle stessa decisione finalizzata a disporre la restituzione di quanto indebitamente non pagato; hanno, inoltre, precisato che, pur riconoscendo la buona fede dei singoli beneficiari, tale atteggiamento non integrava un affidamento giuridicamente tutelabile.

7. Avverso tale pronuncia la CISA spa ha proposto ricorso per la cassazione sulla base di sei motivi cui ha resistito con controricorso l’INPS.

8. Equitalia Marche non ha svolto attività difensiva.

9. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.

10. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere omesso la Corte territoriale di pronunciare su eccezioni preliminari idonee a definire il giudizio di rinvio in rito e a precludere qualsiasi decisione in merito, nonchè dell’omessa, insufficiente, illogica o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per l’eventualità che il silenzio sulle eccezioni preliminari venisse interpretato quale implicito rigetto di tali eccezioni. Rileva la ricorrente che, con la memoria di costituzione nel giudizio di rinvio era stata eccepita la inesistenza della notificazione del ricorso in riassunzione in quanto eseguita in un luogo che non aveva nulla a che vedere con il giudizio di merito, a fronte della disposizione che prevede che il ricorso per riassunzione vada notificato alla parte personalmente; in via subordinata era stata eccepita anche la nullità della notifica con impossibilità del suo rinnovo per essere spirato il termine annuale per la riassunzione; era stata infine eccepita l’inammissibilità del ricorso per essere stato sottoscritto da soggetto investito in modo idoneo dal mandato difensivo, in quanto non era stata indicata nè richiamata nessuna procura alla lite. Rileva, altresì, la ricorrente che la Corte di merito non si era pronunciata sulle suddette eccezioni.

3. Con il secondo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere omesso la Corte territoriale di pronunciare sulla eccezione proposta dalla società di ammissibilità dell’appello dell’INPS in conseguenza della formazione del giudicato interno dovuto ad omessa impugnazione della assorbente statuizione della sentenza di 1 grado, confermata sul punto da quella di appello n. 220/09 e non cassata sul punto, che aveva confermato la nullità della iscrizione a ruolo, della cartella di pagamento e della notifica compiute nei confronti della sola società già estinta in quanto fusa per incorporazione nell’anno 2000, nonchè la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di merito accolto una pretesa restitutoria in favore dell’INPS pur in mancanza della proposizione della relativa domanda mai introdotta nel processo e tanto meno nei confronti della CISA spa, nonchè infine la omessa, insufficiente, illogica o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

4. Con il terzo motivo la ricorrente censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere omesso la Corte territoriale di decidere sulla eccezione di prescrizione decennale e di mancanza di una valida ed opponibile interruzione del relativo termine, nonchè l’omessa, insufficiente, illogica o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere omesso la Corte di merito di valutare, ai fini del decidere, che risultava decorso il termine di prescrizione decennale per mancata proposizione entro tale termine nei confronti della CISA spa di nessuna richiesta di restituzione stragiudiziale, nè di domanda giudiziale.

5. Con il quarto motivo la società lamenta l’omessa, insufficiente, illogica o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la Corte territoriale omesso di valutare, ai fini del decidere, entro quali limiti la decisione della Corte di Giustizia Europea poteva essere applicata nell’ordinamento nazionale rispetto a rapporti giuridici già definitivamente esauriti e in relazione a diritti acquisiti prima della sentenza della Corte di Giustizia Europea e della decisione della Commissione Europea, ed omettendo di valutare i limiti alla retroattività delle sentenze comunitarie e gli effetti rispetto alla fattispecie in oggetto del principio di “conservazione delle leggi interne” e della certezza del diritto nazionale.

6. Con il quinto motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè l’omessa, insufficiente, illogica o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la Corte territoriale omesso di valutare, o per avere valutato erroneamente, la prova del mancato superamento dell’importo cd. “de minimis” che era desumibile dall’importo indicato nella stessa cartella opposta, e per avere immotivatamente addossato alla appellata l’onere di fornire la prova negativa del mancato percepimento di altri aiuti diversi dagli sgravi contributivi costituenti aiuti di Stato.

7. Con il sesto motivo si sostiene la violazione del principio di diritto del “legittimo affidamento” sulla legittimità delle agevolazioni contributive che sono state riconosciute in forza di legge valida ed efficace al tempo della sua applicazione e violazione dell’ulteriore principio di “autoresponsabilità” nonchè l’omesso, insufficiente, illogica o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

8. Il primo motivo è infondato.

9. E’ opportuno precisare che, avendo il giudice del rinvio accolto le domande di merito dell’originario appello, in relazione alle istanze relative al ricorso in riassunzione rispetto alle quali erano state formulate le eccezioni di inammissibilità, giammai potrebbe configurarsi un vizio di omessa pronuncia o di omessa motivazione, dovendo considerarsi implicite le reiezioni di quelle eccezioni (cfr. Cass. n. 17956/2015 in tema di giudizio di appello).

10. Sotto altro aspetto si osserva, comunque, che quando viene denunciata la violazione di una norma processuale che comporti invalidità, il giudizio di legittimità non ha per oggetto la giustificazione della decisione impugnata bensì ha sempre per oggetto direttamente l’invalidità denunciata.

11. Sicchè, se il giudice del merito omette di pronunciarsi su una eccezione di inammissibilità, la sentenza di merito non è impugnabile per l’omessa pronuncia o per la carenza di motivazione, ma solo per l’invalidità già vanamente eccepita, perchè ciò che rileva non è il tenore della pronuncia impugnata, bensì l’eventuale esistenza della invalidità dedotta (cfr. Cass. n. 13425/2016; Cass. n. 15843/2015; Cass. n. 10073/2003).

12. Ciò premesso, nella fattispecie in esame osserva il Collegio che il ricorso in riassunzione è stato notificato anche presso la sede legale della società per cui non si verte in ipotesi di inesistenza della notifica. Circa la eventuale dedotta nullità della notifica stessa, va poi rilevato che la società si è costituita, difendendosi nel merito, e quindi ha sanato ogni possibile vizio (cfr. Cass. 28.3.2018 n. 7703; Cass. 7.6.2018 n. 14840); nè del resto la società ha evidenziato quali lesioni del diritto alla difesa avrebbe nello specifico patito. In ordine, infine, alla denunciata carenza di investitura dei procuratori dell’Istituto che hanno provveduto alla riassunzione del giudizio, deve darsi atto che era stata indicata la procura generale notarile alle liti (per Notar C. di Roma del 23.12.2011 Rep. 77778/19476, regolarmente registrata) in virtù della quale essi avevano agito, per cui la doglianza anche su tale punto non trova alcun riscontro.

13. Il secondo e terzo motivo, da trattarsi congiuntamente per connessione logico-giuridica, non sono meritevoli di accoglimento.

14. In ordine alla questione della prescrizione, i giudici del rinvio si sono pronunciati, ritenendo applicabile il termine ordinario decennale, conformemente a quanto ritenuto dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 125 del 2009.

15. Quanto, invece, alla questione della operatività del termine nei confronti della CISA spa, nei cui confronti non era stata avanzata alcuna richiesta, deve rilevarsi che il tema controverso era stato già deciso con la sentenza di rinvio n. 14385 del 2012 di questa Corte, ove ai punti 1.2 e 1.3 (pag. 6) era stato sottolineato che, avendo la CISA spa (già Sofer srl) incorporato la IMT spa nei cui confronti era stata emessa la cartella opposta, essa era succeduta sotto il profilo sostanziale nella posizione di quest’ultima e non era necessaria una formale proposizione di distinta domanda da parte dell’Istituto nei confronti della società incorporante.

16. Analogamente vi era stato un esame, nella suddetta pronuncia di questa Corte, in ordine alle questioni della nullità dell’iscrizione a ruolo, della cartella esattoriale e della relativa notifica ritenute, sebbene su di esse si fosse formato un giudicato interno, ininfluenti ai fini di valutare la fondatezza nel merito della pretesa dell’INPS.

17. Trattandosi, pertanto, di punti già decisi dalla sentenza di cassazione, non vi era spazio nè alcuna necessità di procedere a nuovi accertamenti da parte dei giudici di rinvio i quali, tra l’altro, hanno comunque evidenziato, nell’ultimo capoverso a pag. 5 della gravata decisione, che la “reiezione” dell’opposizione atteneva esclusivamente al merito, rimanendo ferma la declaratoria di nullità e, quindi, di inefficacia della cartella.

18. Il quarto motivo, come proposto in relazione al vizio di omessa, insufficiente, illogica o contraddittoria motivazione, è inammissibile.

19. Giova premettere che il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile in causa ratione temporis, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Al compito assegnato alla Corte di Cassazione resta dunque estranea una verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti che implichi un raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito, nonchè i profili di illogicità, insufficiente e contraddittoria motivazione se non nei casi di violazione del cd. “minimo costituzionale” (per tutte Cass. n. 8053 del 2014).

20. Orbene, osserva il Collegio che la Corte territoriale ha esaminato adeguatamente la questione denunciata e, pertanto, la doglianza non rientra nel perimetro della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come sopra delineata. In particolare, va evidenziato che la Corte territoriale si è chiaramente pronunciata sulla questione della irretroattività degli effetti della decisione della Commissione dell’Unione Europea dell’11.5.99 e tanto basta ai fini di ritenere inammissibile la censura formulata ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

21. Il quinto motivo presenta profili di inammissibilità e di infondatezza.

22. Sull’ambito applicativo del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e sulla sua insussistenza, si richiama quanto già detto.

23. In ordine alla denunciata violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., deve osservarsi che una violazione delle predette disposizioni non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma rispettivamente, solo allorchè si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n. 13960): ipotesi, queste, non ravvisabili nè denunciate nel caso in esame.

24. Sotto i due suindicati aspetti le censure sono quindi inammissibili.

25. Il motivo, inoltre, è anche infondato, in relazione alla dedotta

violazione dell’art. 2697 c.c., perchè la Corte territoriale ha correttamente applicato il principio (Cass. n. 14574/2017) in virtù del quale si è statuito che il diritto a beneficiare dello sgravio contributivo, anche con riferimento all’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria “de minimis” in un periodo di tre anni a decorrere dal primo aiuto, comprendendovi qualsiasi aiuto pubblico accordato, sotto qualsiasi forma, deve essere provato dal soggetto che lo invoca.

26. Il sesto motivo, infine, non è fondato.

27. Questo Collegio intende dare continuità al principio, statuito in sede di legittimità (Cass. n. 13479/2016; Cass. n. 6756/2012), secondo cui, in tema di recuperi di aiuti di Stato, pur in presenza nell’ordinamento italiano di norme istitutive di esenzioni analoghe a quelle ritenute contrastanti con il diritto comunitario e nella conseguente difficoltà di comprendere quali in concreto possano costituire aiuti di Stato illegittimi, le imprese che ne siano beneficiarie non possono fare affidamento sulla loro fruizione ove gli stessi siano stati concessi senza previa notifica della Commissione, rientrando nella diligenza dell’operatore economico accertare che la procedura prevista per il controllo di regolarità degli aiuti da parte della Commissione sia stata rispettata.

28. La dedotta violazione dei principi di “legittimo affidamento” e di “autoresponsabilità” non è quindi ravvisabile.

29. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

30. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, nei confronti dell’INPS, che si liquidano come da dispositivo; nulla va disposto per quelle relative all’altra intimata che non ha svolto attività difensiva.

31. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’INPS, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsì liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2020

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