Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14071 del 21/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 21/05/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 21/05/2021), n.14071

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21878/2018 proposto da:

S.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VITO GIUSEPPE

GALATI 100/C, presso lo studio dell’avvocato ENZO GIARDIELLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE BARRASSO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MONTECALVO IRPINO (AV), L.C.M.,

I.B., C.N.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 291/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 13/02/2018 R.G.N. 3023/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/02/2021 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE.

 

Fatto

RILEVATO

1. questa Corte con la sentenza 28 luglio 2017 n. 18835, pronunciando sul ricorso proposto da S.N. nei confronti del Comune di Montecalvo Irpino e dei controinteressati, rimasti intimati, L.C.M., I.B., C.N., in accoglimento del primo e del secondo motivo, assorbito il terzo, ha cassato la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 1560 del 2015 e ha rinviato, anche in ordine alle spese, alla Corte di appello di Napoli per l’applicazione del seguente principio di diritto “In tema di eccedenze di personale e di mobilità collettiva tra amministrazioni pubbliche, regolate dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 33 (nella vigenza della disciplina anteriore alle modifiche introdotte, a decorrere dal 1 gennaio 2012, dalla L. 12 novembre 2011, n. 183 e dal D.L. 6 luglio 2012, n. 95, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 135), in caso di collocazione in disponibilità in violazione dei criteri di scelta da cui sia conseguita la risoluzione del rapporto alla scadenza del periodo di sospensione, il lavoratore che denunzia l’illegittimità della condotta della P.A. facendo valere la suddetta violazione ha diritto al ripristino della funzionalità del rapporto; in tale caso, trova applicazione il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 2, che attribuisce al giudice del lavoro anche il potere di adottare nei confronti della P.A. qualsiasi tipo di sentenza, ivi compresa la sentenza di condanna ad un facere”;

2. pronunciando in sede di rinvio, la Corte di Appello di Napoli, con la sentenza indicata in epigrafe, ha così statuito: in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Benevento n. 68 del 2014, ordina al Comune di Montecalvo Irpino di ripristinare la funzionalità del rapporto del rapporto di lavoro di S.N. nel posto occupato all’epoca della collocazione in disponibilità (14.02.2011); condanna il Comune di Montecalvo al pagamento di un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto percepita al 14.02.2011, calcolata dal 15.2.2013 al 30.11.2017; compensa le spese di lite di tutti i gradi del giudizio ivi compreso quello di Cassazione;

3. per quanto oggi rileva, la Corte territoriale ha ritenuto che al S. doveva essere corrisposta, dal 15.2.2013 al 30.11.2017, la retribuzione globale di fatto percepita fino all’epoca del collocamento in disponibilità, oltre accessori e oneri consequenziali e che la complessità delle questioni giuridiche affrontate nei giudizi di rinvio e di Cassazione giustificava la integrale compensazione delle spese;

4. avverso questa sentenza S.N. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi; il Comune di Montecalvo Irpino L.C.M., I.B., C.N. sono rimasti intimati.

Diritto

CONSIDERATO

5. il ricorrente denuncia: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 91 e 92 c.p.c. – inammissibilità della motivazione concernente la statuizione sulle spese (primo motivo); ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 91 e 92 c.p.c. (vigente prima della novella del 2014) – insussistenza della “complessità delle questioni giuridiche affrontate nei giudizi di rinvio e di Cassazione” (secondo motivo); ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè dell’art. 24 Cost., sussistono “altre gravi ragioni” a sostegno della richiesta di condanna del Comune di Montecalvo Irpino alle spese di lite (terzo motivo); contrasto tra motivazione e dispositivo in tema di interessi legali e contributi previdenziali ed assistenziali (quinto motivo); con il quarto motivo il ricorrente non formula alcuna censura ma richiama, riproducendolo, il contenuto delle note spese depositate nel giudizio di rinvio;

6. asserisce che: in sede di giudizio di rinvio nella regolazione delle spese giudiziali occorre condannare alle spese la parte rimasta definitivamente soccombente e che l’art. 92, nel testo vigente al tempo di pubblicazione della sentenza impugnata, consente la compensazione delle spese tra le parti, parzialmente o per intero, se vi è soccombenza reciproca ovvero in caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti (primo motivo); nella sentenza impugnata non vi è alcuna motivazione in relazione alle ragioni della disposta compensazione delle spese relative ai giudizi di primo e di secondo grado, ma solo in relazione alle spese del giudizio di cassazione e del giudizio di rinvio; la affermata complessità dei giudizi di cassazione e di rinvio non rientra tra le “altre gravi ed eccezionali ragioni” di cui all’art. 92 c.p.c., nel testo previgente alle modifiche apportate dal legislatore nel 2014 (secondo motivo); il comportamento e le scelte dolosamente errate ed illegittime del Comune avevano reso indispensabile l’intervento del giudice nei vari gradi del giudizio, con la conseguenza che le spese affrontate da esso ricorrente, per la difesa in giudizio, non possono che ricadere sul Comune (terzo motivo);

7. sostiene, inoltre, che la Corte territoriale, pur avendo affermato, nella motivazione, che il parametro di valutazione del danno era costituito dalla retribuzione globale di fatto percepita sino all’epoca della collocazione in disponibilità (14.2.2011) calcolata dal 15.2.2013 al 30.11.2017, oltre accessori e oneri consequenziali, nel dispositivo aveva condannato il Comune al pagamento di un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto percepita al 14.2.2011 calcolata dal 15.2.2013 al 30.11.2017, omettendo di condannare il Comune al pagamento anche degli accessori e degli oneri consequenziali; prospetta, al riguardo, la possibilità per questa Corte di integrare il dispositivo della sentenza impugnata, in ragione della prevalenza da attribuire alla motivazione; in via subordinata, impugna il dispositivo della sentenza nella parte in cui manca la specificazione “oltre accessori e oneri consequenziali” e chiede la riformulazione del dispositivo della sentenza impugnata (quarto motivo);

8. il primo, il secondo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente perchè censurano la statuizione sulle spese, sono fondati;

9. il giudizio di rinvio conseguente a cassazione, pur dotato di autonomia, non dà vita ad un nuovo procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore di quello originario, da ritenersi unico ed unitario (Cass. Sez. Un. 11844/2016), sicchè tale giudizio, ove mutino le regole del processo, resta soggetto, se non diversamente previsto, alla legge processuale vigente al momento in cui venne introdotto il processo di primo grado (Cass. n. 29125/2019, Cass. n. 6018/2018, Cass. n. 1301/2017), con la conseguenza che il giudice del rinvio è tenuto ad applicare, in materia di spese del giudizio, l’art. 92 c.p.c., nel testo vigente al tempo di proposizione del ricorso di primo grado;

10. nella specie il ricorso di primo grado è stato proposto l’8 luglio 2011;

11. trova, pertanto, applicazione, ratione temporis, l’art. 92 c.p.c., comma 2, che, nel testo risultante dalle modifiche apportate dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, dispone: “Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”;

12. la disposizione consente la compensazione, ove non sussista la reciproca soccombenza, solo in presenza di gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere indicate esplicitamente nella motivazione;

13. queste ragioni, diversamente da quanto affermato dalla Corte territoriale, in modo generico e tautologico, non possono essere ravvisate nella “complessità delle questioni giuridiche affrontate nei giudizi di rinvio e di cassazione”;

14. ciò perchè la precisa individuazione del significato di un testo normativo, in relazione alla fattispecie concreta a cui deve essere applicato, costituisce il nucleo della funzione giudiziaria; in altri termini, l’esegesi della norma non può essere valutato come evento inusuale, salvo che “non siano specificamente identificate le ragioni per le quali la soluzione assegnata al dubbio interpretativo assurga (per la sua contrarietà alla consolidata prassi applicativa, ovvero per la del tutto insolita connotazione lessicale e sintattica del tessuto letterale della norma) a livello di eccezionale gravità” (Cass. n. 25976/2017, Cass. n. 1521/2016, Cass. n. 319/2014, Cass. n. 1521/2016);

15. non sussistendo nella fattispecie in esame nè soccombenza reciproca, posto che il ricorrente è risultato vittorioso all’esito globale del processo, nè alcuna delle altre gravi ed eccezionali ragioni, che giustifichino la compensazione delle spese del giudizio, la sentenza impugnata va cassata nella parte in cui ha dichiarato compensate le spese dell’intero giudizio;

16. non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con la condanna del solo Comune Comune di Montecalvo Irpino (i controinteressati non hanno resistito alle domande proposte dal ricorrente) al pagamento delle spese di tutti i gradi del giudizio, nella misura liquidata in dispositivo, con distrazione in favore del difensore del ricorrente Avvocato Giuseppe Barraso, dichiaratosi antistatario.

17. il quarto motivo è inammissibile;

18. è pur vero che nel dispositivo della sentenza impugnativa manca la condanna al pagamento degli accessori e degli oneri previdenziali, che, come evidenziato, nella motivazione, la Corte territoriale ha ritenuto dovuti sulle retribuzioni maturate dal 15.2.2013 al 30.11.2017, nondimeno, tra dispositivo e motivazione non sussiste alcun contrasto irriducibile, tale da escludere l’interpretazione del primo mediante la seconda e da determinare la nullità della sentenza, da far valere mediante impugnazione, in difetto della quale prevale il dispositivo;

19. al riguardo, va anche considerato che gli accessori costituiscono un’integrazione del credito base di lavoro (art. 429 u.c. c.p.c.), e che gli oneri previdenziali sono strettamente correlati al rapporto di lavoro, una volta che ne sia stato disposto il ripristino;

in conclusione:

20. il primo, il secondo ed il terzo motivo del ricorso devono essere accolti e il quarto motivo deve essere dichiarato inammissibile;

21. in relazione ai motivi accolti la sentenza impugnata deve essere cassata nella parte in cui la Corte territoriale ha dichiarato la compensazione delle spese di tutti i gradi del giudizio e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con la condanna del Comune di Montecalvo Irpino al pagamento delle spese di tutti i gradi del giudizio, nella misura liquidata in dispositivo, con distrazione in favore del difensore del ricorrente Avvocato Giuseppe Barraso, dichiaratosi antistatario.

PQM

La Corte;

Accoglie il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso.

Dichiara inammissibile il quarto motivo di ricorso.

Cassa la sentenza impugnata in ordine ai motivi accolti e, decidendo nel merito, condanna il Comune di Montecalvo Irpino al pagamento delle spese di tutti i gradi del giudizio, con distrazione in favore del difensore del ricorrente avvocato Giuseppe Barrasso, dichiaratosi antistatario, così liquidate: quanto al primo grado Euro 6.000,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi; quanto al grado di appello Euro 6.500,00 per compensi professionali, oltre Euro 200,00 per esborsi, quanto al giudizio di rinvio Euro 5.000,00 compensi professionali, oltre Euro 200,00 per esborsi; quanto al primo giudizio di legittimità Euro 4.500,00 per compensi ed 200,00 per esborsi, quanto al presente giudizio di legittimità Euro 4.500,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre, per ciascun grado di giudizio, al 15% per rimborso spese generali forfetarie, oltre IVA e CPA.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2021

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