Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14070 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 27/06/2011, (ud. 31/05/2011, dep. 27/06/2011), n.14070

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – rel. Presidente –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

WASTE MANAGEMENT ITALIA SPA;

– intimato –

sul ricorso 7773-2006 proposto da:

WASTE ITALIA SPA (GIA’ WASTE MANAGEMENT ITALIA S.P.A.) in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA C. MONTEVERDI 16, presso lo studio dell’avvocato CONSOLO

GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CACCIATO GIUSEPPE, giusta delega in calce;

– controricorrente e ricorrente incidentale condizionato –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4/2005 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 13/01/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/05/2011 dal Presidente e Relatore Dott. MARCO PIVETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

del ricorso incidentale, assorbito il resto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La s.p.a. Waste Management Italia calcolava in L. 206.543.000 l’acconto IVA dovuto al dicembre 1995 ai sensi della L. 29 dicembre 1990, n. 405, art. 6, utilizzando a tal fine il cd. metodo storico – e cioè l’88 per cento di quanto versato per il dicembre 1994 – e compensava l’importo così calcolato con una parte dello speciale credito di imposta concesso per l’anno 1994 alle imprese di autotrasporto del D.L. n. 81 del 1995, ex art. 1 e D.L. n. 501 del 1995. Se l’acconto fosse stato invece calcolato dalla società con gli altri due metodi consentiti – quello previsionale e quello delle operazioni effettuate al 20 dicembre – nessun importo sarebbe stato dovuto a tale titolo di acconto. Conseguentemente l’acconto corrisposto per il 1995, sia pure mediante la suddetta compensazione, era andato ad aumentare il credito di imposta nella dichiarazione per il 1995.

In tale situazione (pacifica tra le parti), l’Agenzia delle entrate aveva iscritto a ruolo, D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 60, comma 5 bis, con interessi e sanzioni, l’importo dell’anticipo 1995, ritenendo insussistente il credito di imposta che la contribuente ne aveva derivato. Secondo l’ufficio l’acconto non era dovuto (a nulla rilevando che il metodo usato per la determinazione di esso fosse legittimo) ed era quindi invalida l’operata compensazione con una parte dello speciale credito di imposta concesso per l’anno 1994 alle imprese di autotrasporto: il credito speciale per gli autotrasportatori serve infatti esclusivamente per il pagamento di imposte effettivamente dovute e non può mai valere (pena il contrasto con norme comunitarie) a generare un credito di imposta da computarsi nell’anno successivo o di cui richiedere il rimborso (D.M. 16 dicembre 1995 in GU 20 dicembre 1995).

La s.p.a. Waste Management Italia propose ricorso alla Commissione tributaria provinciale nei confronti dell’Agenzia delle entrate e del Concessionario della riscossione di Milano deducendo, a quanto si legge nel controricorso, la nullità della cartella per mancanza di motivazione e per mancanza degli elementi di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2, lett. a) e b), la illegittimità della iscrizione a ruolo perchè la rettifica non era basata su alcun errore materiale o di calcolo. Poichè peraltro dall’importo della rettificata effettuata, coincidente con quello dell’acconto del dicembre 1995, appariva che la rettifica si era basata proprio sul disconoscimento dell’acconto stesso, la società deduceva la piena legittimità della scelta da essa operata per la determinazione di esso.

Si costituiva davanti alla Commissione tributaria provinciale l’Agenzia delle entrate sostenendo la legittimità del proprio operato e la fondatezza della pretesa erariale. Si costituiva anche il concessionario contestando la sussistenza dei vizi ascrivibili alla cartella di pagamento. In sede di replica la società contribuente sosteneva, tra l’altro, che le ragioni sostanziali della rettifica esplicitate dall’ufficio solo con le sue controdeduzioni in giudizio rendevano palese che non vi erano i presupposti per la diretta iscrizione a ruolo della rettifica stessa senza un previo accertamento e che comunque nella motivazione della cartella era assente qualunque riferimento a tali ragioni.

La Commissione tributaria provinciale accolse il ricorso ed annullò il ruolo con compensazione delle spese, ritenendo che la rettifica operata non riguardava errori materiali o di calcolo e che quindi la procedura di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, comma 6, era inapplicabile. Nel merito la sentenza aggiunse che era stata legittima la compensazione operata tra il credito di imposta previsto per gli autotrasportatori e il debito conseguente alla determinazione dell’acconto con il cd. metodo storico.

Contro tale pronunzia l’Agenzia delle entrate propose appello solo nei confronti della società contribuente e non anche nei confronti del concessionario, ribadendo che la compensazione attuata dalla società era illegittima e che nella specie si era trattato della correzione di un errore materiale.

La s.p.a. Waste Management Italia si è costituita in quel giudizio proponendo appello incidentale sulla compensazione delle spese e riproponendo – a quanto si legge nella sentenza impugnata – la domanda di accertamento della correttezza della compensazione operata e di illegittimità della rettifica operata direttamente in sede di iscrizione a ruolo.

La sentenza della Commissione tributaria regionale ha respinto l’appello dell’amministrazione finanziaria affermando che la cartella impugnata non si riferiva ad una iscrizione a ruolo per un errore rilevato nella dichiarazione nè ad un errore di calcolo ma alla contestazione di una compensazione operata dalla contribuente e ritenuta illegittima per una serie di motivi che l’amministrazione finanziaria aveva illustrato solo in memoria di costituzione. Era del tutto pacifico – afferma la Commissione tributaria regionale – che la contribuente poteva optare in sede di versamento dell’acconto di dicembre 1995 per uno qualsiasi dei criteri di calcolo previsti dalla norma relativa all’acconto. Pertanto la cartella esattoriale era stata emessa fuori dei casi previsti dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, mentre qualsiasi controversia sulla spettanza o meno del contributo in favore degli autotrasportatori non poteva essere discussa senza un preventivo accertamento che avesse contestato la spettanza del contributo stesso.

Contro tale pronunzia ha proposto ricorso l’Agenzia delle entrate, cui ha resistito la società contribuente proponendo a sua volta ricorso incidentale condizionato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso denunzia la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60 del D.L. n. 21 del 1995, art. 1 della D.L. n. 501 del 1985, art. 1 del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 56 e del combinato disposto di tali norme, nonchè carenza e contraddittorietà della motivazione.

Quest’ultima censura è inammissibile in quanto non riferita ad un accertamento di fatto.

La denunzia di violazione dell’art. 60 citato è infondata e ciò assorbe le altre lamentate violazioni di legge.

Secondo il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60 “l’imposta non versata, risultante dalla dichiarazione annuale, è iscritta direttamente nei ruoli a titolo definitivo unitamente ai relativi interessi e alla sopratassa di cui all’art. 44. La stessa procedura deve intendersi applicabile per la maggiore imposta determinata a seguito della correzione di errori materiali o di calcolo rilevati dall’ufficio in sede di controllo della dichiarazione. L’ufficio, prima dell’iscrizione a ruolo, invita il contribuente a versare le somme dovute entro trenta giorni dal ricevimento dell’avviso, con applicazione della soprattassa pari al 60 per cento della somma non versata o versata in meno “.

La Corte di Cassazione ha già avuto l’occasione di precisare che il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 60, comma 6 (ora comma 2) introdotto dal D.L. 20 giugno 1996, n. 323, art. 10, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 8 agosto 1996, n. 425, il quale attribuisce all’Ufficio il potere di iscrivere direttamente a ruolo la maggiore imposta determinata a seguito della correzione di errori materiali o di calcolo rilevati dall’Ufficio in sede di controllo della dichiarazione, detta una disciplina che ricalca quella prevista in materia di imposte sui redditi dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis: tale disciplina, in quanto volta ad evitare l’attività di rettifica, quando l’imposta dovuta sia determinata sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente o di una mera correzione di errori materiali o di calcolo degli stessi dati, giustifica la diretta iscrizione ruolo della maggiore imposta dovuta sulla base di un controllo meramente cartolare della dichiarazione, ma non attribuisce all’Ufficio il potere di risolvere questioni giuridiche o di esaminare atti diversi dalla dichiarazione stessa (senza previamente contestare al contribuente il relativo accertamento con il prescritto avviso) (Cass. 12762 del 2006).

Nella specie la rettifica che l’amministrazione finanziaria ha ritenuto di operare con la diretta iscrizione a ruolo non derivava dalla correzione di errori materiali o di calcolo in cui fosse incorsa la contribuente nella dichiarazione ma dalla contestazione della possibilità, per la stessa, di operare la compensazione tra le somme che la contribuente doveva pagare a titolo di acconto in base al sistema di determinazione dell’acconto stesso da essa prescelto e il contributo previsto in favore degli autotrasportatori dal D.L. n. 21 del 1995, art. 1. La tesi sostenuta dall’amministrazione finanziaria secondo cui tale credito di imposta vale – e cioè può essere utilizzato in compensazione – solo ai fini del pagamento di imposte effettivamente dovute e non ai fini del pagamento di anticipazioni o acconti non corrispondenti ad effettivi debiti fiscali è ovviamente corretta e risponde ad evidenti criteri antifrode” ma essa non poteva essere fatta valere in una sede nella quale sono possibili solo le correzioni di errori materiali o di calcolo (vi è solo da osservare – per fugare equivoci – che la sentenza impugnata ha ritenuto legittimo il ricorso al cd. criterio storico per la determinazione dell’acconto, ma, a differenza di quanto sostiene la parte controricorrente, non ha affermato la legittima della compensazione da essa operata: non vi è quindi necessità di correggerne la motivazione).

La sentenza impugnata ha quindi statuito in maniera immune da censure ed il ricorso deve conseguentemente essere respinto, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

Le spese di questo grado possono essere compensate: il carattere esclusivamente procedimentale delle ragioni della decisione rappresenta un giusto motivo ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ., comma 2.

P.Q.M.

– rigetta il ricorso principale;

– compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 31 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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