Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14070 del 21/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 21/05/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 21/05/2021), n.14070

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14380/2017 proposto da:

L.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO ANTONINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato PIERGIOVANNI ALLEVA;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CATTOLICA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE FORNACI 38, presso lo

studio dell’avvocato FABIO ALBERICI, rappresentato e difeso

dall’avvocato ROBERTO ARPINATI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1054/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 24/11/2016 R.G.N. 644/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/02/2021 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE.

 

Fatto

CONSIDERATO

1. all’esito della sottoscrizione di una proposta definitiva di conciliazione sottoscritta il 5.3.2007, il Comune di Cattolica e L.M. avevano formalizzato tale atto dinanzi alla D.P.L. di Rimini sottoscrivendo un verbale di conciliazione che aveva previsto: a) il riconoscimento al lavoratore di una progressione economica orizzontale in posizione D5 con decorrenza dall’1.1.2007; b) l’attribuzione di un incarico di posizione organizzativa “stabile” con relativa indennità di posizione massima e indennità di risultato nella misura del 25% della retribuzione di posizione con la medesima decorrenza; c) il riconoscimento di un assegno ad personam, di valore pari al differenziale economico lordo tra la retribuzione percepita nel ruolo dirigenziale alla data del 31.12.2006 e la retribuzione globale percepibile dal dipendente per effetto del riconoscimento dei benefici economici di cui ai punti a) e b) con decorrenza dall’1.1.2007; d) il riconoscimento, con decorrenza dall’1.1.2007, di un importo pari a Euro 8.000,00 a titolo di compensazione di ferie non godute sino al 31.12.2005; e) la rinuncia del lavoratore ad ogni pretesa risarcitoria nei confronti del Comune in relazione al concorso dichiarato illegittimo;

2. intervenuta la condanna della Corte dei Conti per responsabilità amministrativo-contabile a carico degli amministratori e del dirigente, perchè l’accordo era in contrasto con le norme della contrattazione collettiva nazionale e decentrata, il Comune agì in giudizio innanzi al giudice del lavoro del Tribunale di Rimini per far dichiarare la nullità dell’accordo transattivo, nullità dichiarata dal giudice adito con sentenza parziale;

3. la Corte di Appello di Bologna, con la sentenza “indicata in epigrafe, per quanto oggi rileva, ha confermato la predetta sentenza, sulla scorta delle argomentazioni motivazionali che seguono: la pubblica amministrazione non può riconoscere inquadramenti e trattamenti economici in contrasto con la le norme della contrattazione collettiva, fonte chiamata per legge (D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 2,3,45) a disciplinare i rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici privatizzati; anche nei casi di accordo stipulato ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 66, trova applicazione l’art. 1418 c.c.; il regime di tendenziale stabilità delle conciliazione, di cui all’art. 2113 c.c., non elimina l’esperibilità delle azioni ordinarie di nullità e di annullabilità; ai sensi dell’art. 1966 c.c., le parti devono avere, a pena di nullità, la capacità di disporre dei diritti che formano oggetto della lite; la questione posta con riguardo alli art. 1972 c.c., comma 2, oltrechè inammissibile, perchè proposta per la prima volta nel giudizio di appello, era infondata perchè l’art. 1972 c.c., comma 2, fa riferimento alle transazioni sul titolo (cioè sullo stesso fatto costitutivo della situazione giuridica), mentre nella fattispecie dedotta in giudizio non si faceva questione di nullità del titolo dal quale era conseguito l’accordo transattivo (le varie delibere di annullamento della nomina dirigenziale e di inquadramento del L. nella antecedente categoria D1 ed economica D3); la valutazione sull’assetto degli interessi, che conseguiva al richiesto annullamento, esulava dall’esame del giudizio sulla validità/nullità dell’accordo transattivo e, comunque, il L. avrebbe potuto agire in giudizio a tutela dei diritti asseritamente lesi;

4. per la cassazione di questa sentenza L.M. ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo al quale ha resistito con controricorso il Comune di Cattolica.

Diritto

RILEVATO

5. con l’unico motivo il ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 66, in relazione al contenuto di atti transattivi tra pubblici impiegati e amministrazioni datrici di lavoro in relazione alle previsioni della contrattazione collettiva”;

6. asserisce che, a fronte della disposizione contenuta nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 66, vigente all’epoca della sottoscrizione dell’accordo transattivo, che prevede anche l’esonero del rappresentante della PA da responsabilità amministrativa, non potrebbe porsi alcun limite all’accordo transattivo ed alla sua validità; sostiene che nella materia dell’impiego pubblico all’autonomia individuale deve. essere riconosciuta la possibilità di confezionare “abiti su misura”, pena lo svuotamento del senso e della portata della privatizzazione del rapporto di impiego pubblico;

7. il motivo è inammissibile perchè il ricorrente, nel denunciare la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2021, art. 66, non ha ottemperato all’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), che impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), a pena d’inammissibilità della censura, non solo di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, ma anche di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi (demandare alla Corte nè il compito di individuare la norma violata nè le affermazioni della sentenza impugnata che si pongono in contrasto con essa (Cass. Sez. Un. 23745/2020);

8, nessuna delle prospettazioni difensive esposte a corredo del motivo consente di individuare in che modo e come la norma richiamata nella rubrica è stata violata dalla Corte territoriale e quali sono i principi di principi di diritto asseritamente trasgrediti;

9, il ricorrente, facendo leva sulla disposizione contenuta nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 66, si limita a prospettare l’opportunità di superare il dato normativo, costituito dalle disposizioni di legge, richiamate nella sentenza impugnata, e i principi di diritto affermati da questa Corte, al fine di valorizzare la contrattazione individuale nella materia dell’impiego pubblico contrattualizzato;

10. in conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso;

11. le spese del giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo, seguono la soccombenza;

12. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. Sez. Un. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal ricorrente.

P.Q.M.

La Corte:

Dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfetarie, oltre IVA e CPA.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2021

 

 

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