Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1407 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. lav., 22/01/2021, (ud. 28/10/2020, dep. 22/01/2021), n.1407

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – rel. Presidente –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19335-2015 proposto da:

D.S.E., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA R. RODRIGUEZ PEREIRA n. 142, presso lo

studio dell’avvocato ELIO RIPOLI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANTONIO D’ALOIA;

– ricorrenti –

contro

SEGRETARIATO GENERALE DELLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA, in persona

del Segretario Generale pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– controricorrente –

avverso la decisione n. 2/2015 COLLEGIO DI APPELLO istituito con D.P.

30/12/2008 N. 34/N c/o il Segretariato Generale della Presidenza

della Repubblica di ROMA, depositata il 25/05/2015 REG. RIC. N.

2/2014/A;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/10/2020 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

viste le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. FRESA MARIO.

 

Fatto

RILEVATO

1. D.S.E. e gli altri litisconsorti indicati nell’epigrafe di questa ordinanza, dipendenti del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, hanno proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7 per l’annullamento della decisione del 25 maggio 2015 n. 2 resa dal Collegio di Appello istituito presso il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, nell’ambito di un giudizio relativo a controversia di lavoro, avente ad oggetto il D.P. 19 luglio 2013, n. 2/N, recante “Provvedimenti per ridurre il costo complessivo del Segretariato Generale e conseguire il riequilibrio strutturale del bilancio interno, mantenendo inalterata la dotazione a carico del bilancio dello Stato per l’intero triennio 2014-2016 al livello del 2013” nella parte in cui dispone all’art. 2 la modifica della tabella “P” relativa all’indennità di rendimento.

2. il Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, ha resistito con controricorso, deducendo l’inammissibilità della proposta impugnazione, stante l’autodichia della Presidenza della Repubblica;

3. il P.M. ha rappresentato conclusioni scritte ed ha chiesto che si dichiari l’inammissibilità del ricorso; i ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

4. in via preliminare il Collegio è delegato a trattare la questione di giurisdizione in virtù del Decreto del Primo Presidente in data 10 settembre 2018 in quanto essa rientra, nell’ambito delle materie di competenza della sezione lavoro, tra le questioni indicate nel richiamato Decreto sulle quali (infra p. n. 13 e p. n. 19 di questa ordinanza) si è consolidata la giurisprudenza delle Sezioni Unite di Questa Corte;

esame del ricorso.

5. i ricorrenti formulano cinque motivi di ricorso con i quali denunciano: violazione e falsa applicazione dell’art. 7 c.p.a. e del D.P. 30 dicembre 2018, n. 34/N art. 16 recante la disciplina concernente i procedimenti di fronte al Collegio giudicante di primo grado e al Collegio di Appello (primo motivo); violazione degli artt. 111 e 24 Cost., violazione dell’obbligo costituzionale di motivazione della sentenza, violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 5, 25 e 27 del Regolamento sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale dei ruolo del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica contenuto nel D.P. 18 aprile 2013, n. 108 e delle tabelle “B”, “C” “D” ed “E” all. al D.P. 18 giugno 1985, n. 174 e succ modd. e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (secondo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 36 Cost. in ordine al carattere non eccezionale, transeunte e temporalmente limitato degli interventi riduttivi dell’indennità di rendimento e violazione del principio costituzionale di uguaglianza inteso come principio di ragionevolezza (terzo motivo); violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui all’art. 2103 c.c. e all’art. 36 Cost. in relazione al principio di inderogabilità in peius del trattamento economico e, in particolare, di quelle parti della retribuzione che non hanno carattere meramente accessorio o aggiuntivo (quarto motivo); omessa pronuncia su un motivo dell’appello incidentale, violazione dell’art. 112 c.p.c. contestuale trascrizione del motivo di appello, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (quinto motivo);

6. le prospettazioni difensive che illustrano i cinque motivi sono precedute da una premessa nella quale i ricorrenti richiamano l’ordinanza delle Sezioni Unite n. 710 (recte n. 740) del 19.1.2015, con la quale è stato sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, con riferimento alla normativa che disciplina l’autodichia della Presidenza della Repubblica;

7. i ricorrenti asseriscono che le regole che disciplinano la giurisdizione interna della Presidenza della Repubblica in forma di autodichia non escludono il sindacato di legittimità della Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7 e chiedono che, in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale, siano esaminate le censure formulate nei confronti della decisione del Collegio di appello n. 1 del 2015 (recte n. 2 del 2015), ovvero, che il giudizio sia sospeso fino alla decisione della Corte Costituzionale;

8. il ricorso è inammissibile;

9. con le ordinanze n. 26934 e n. 740 rispettivamente del 19 dicembre 2014 e del 19 gennaio 2015, le Sezioni Unite Civili di questa Corte hanno sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica e del Presidente della Repubblica, in relazione alle rispettive disposizioni regolamentari che disciplinano la tutela giurisdizionale nelle controversie di lavoro dei propri dipendenti;

10. successivamente alla proposizione del ricorso in esame è intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza 13 dicembre 2017 n. 262, che ha respinto entrambi i conflitti di attribuzione sollevati dalle Sezioni Unite di questa Corte con le ordinanze innanzi richiamate in relazione alla normativa che disciplina l’autodichia della Presidenza della Repubblica e, in genere, degli organi costituzionali;

12. la Corte Costituzionale ha affermato che l’autodichia costituisce manifestazione tradizionale della sfera di autonomia riconosciuta agli organi costituzionali, a quest’ultima strettamente legata nella concreta esperienza costituzionale;

13. come già rilevato da questa Corte (Cass. Sez. Un. 25211/2020, Cass. Sez. Un. 7220/2020, Cass. Sez. Un. 1720/2020, Cass. Sez. Un. 18265/2019, Cass. Sez. Un. 18266/2019, Cass. Sez.Un. N. 10775/2018; Cass. sez. lav. n. 21972/2018), nella citata sentenza della Corte costituzionale n. 262 del 2017 sono altresì contenute le seguenti significative precisazioni:

14. l’affidamento ai collegi interni non appartenenti all’organizzazione giudiziaria del compito di interpretare e applicare le norme relative al rapporto di lavoro dei dipendenti degli organi costituzionali è finalizzato alla migliore garanzia dell’autonomia degli stessi ed è rispettosa della “grande regola” del diritto al giudice e alla tutela giurisdizionale effettiva dei diritti, perchè detta tutela è comunque assicurata;

15. gli organi di autodichia, benchè interni ed estranei all’organizzazione della giurisdizione, risultano costituiti secondo regole volte a garantire la loro indipendenza ed imparzialità e sono, pertanto, chiamati a svolgere funzioni obiettivamente giurisdizionali per la decisione delle controversie in cui siano coinvolte le posizioni giuridiche soggettive dei dipendenti;

16. presso la Camera dei Deputati e presso la Presidenza della Repubblica, i giudizi si svolgono, in primo e in secondo grado, secondo moduli procedimentali di natura sostanzialmente giurisdizionale idonei a garantire il diritto di difesa e un effettivo contraddittorio;

17. è da escludere che tali collegi siano stati configurati quali i giudici speciali ex art. 102 Cost., sicchè avverso le loro decisioni non è neppure ipotizzabile il ricorso ex art. 111 Cost., comma 7, essendo la sottrazione delle decisioni stesse al controllo della giurisdizione comune un riflesso dell’autonomia degli organi costituzionali in cui sono inseriti;

18. il carattere oggettivamente giurisdizionale dell’attività degli organi di autodichia li rende giudici ai fini della loro legittimazione a sollevare questioni di legittimità costituzionale delle norme di legge cui le fonti di autonomia effettuino rinvio;

19. sulla base dei principi affermati dalla Corte Costituzionale questa Corte ha escluso che le decisioni degli organi di autodichia possano essere sottoposte al controllo del giudice ordinario, privo di giurisdizione, ed hanno aggiunto che eventuali dubbi di legittimità costituzionale delle norme di legge cui i regolamenti parlamentari e le fonti di autonomia in genere fanno rinvio, possono essere evidenziati davanti agli organi dell’autodichia stessa (Cass.Sez.Un. 7220/2020, Cass. Sez.Un. 1720/2020, Cass. Sez.Un. 18266/2019, Cass.Sez.Un. 18265/2019, Cass.Sez.Un. 16153/2018, Cass. Sez.Un. 12570/2018, Cass.Sez.Un. 10775/2018, Cass.Sez.Un. 9337/2018; Cass. Sez.lav. n. 21972/2018; con specifico riguardo alla autodichia della Presidenza della Repubblica Cass.Sez.Un. 12570/2018, Cass.Sez.Un. 10775/2018, citt.);

20. il Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati nelle sentenze sopra richiamate perchè ne condivide le ragioni esposte, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c.;

21. le argomentazioni difensive sviluppate dai ricorrenti nella memoria difensiva per prospettare la necessità che questo Collegio promuova nuovamente conflitto di attribuzioni innanzi alla Corte Costituzionale, non apportano argomenti decisivi che impongano la rimeditazione dell’orientamento giurisprudenziale innanzi richiamato e la sussistenza dei presupposti per sollevare nuovamente un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato dinanzi alla Corte costituzionale;

22. esse, infatti, poggiano sul mero auspicio di un mutamento giurisprudenziale della Corte Costituzionale facendo leva unicamente sulla dedotta necessaria dinamicità degli orientamenti della Corte Costituzionale e sulla diversità della attuale sua composizione rispetto a quella che ha pronunciato la sentenza n. 262 del 2017;

23. in conclusione, il ricorso per cassazione avverso la decisione del Collegio di Appello presso la Presidenza della Repubblica va dichiarato inammissibile;

24. le spese del giudizio di legittimità, nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza;

25. ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. Sez.Un. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dai ricorrenti.

P.Q.M.

LA CORTE

Dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 6.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

 

 

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