Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14069 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 27/06/2011, (ud. 31/05/2011, dep. 27/06/2011), n.14069

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

fallimento della srl Società Edilizia Sarda (SES), elettivamente

domiciliato in Roma, Via Luigi Luciani 1, presso lo studio dell’avv.

Daniele Manca-Bitti, rappresentato e difeso giusta delega in atti

dall’avv. Lai Giuseppe;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze ed Agenzia delle Entrate,

domiciliati in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di

Cagliari, n. 86/4/05 del 13/10-14/10/2005.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/5/2011 dal Relatore Cons. Dr. Francesco Tirelli;

Udito l’avvocato;

Sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo

del ricorso, assorbiti gli altri;

La Corte:

Fatto

OSSERVA

quanto segue:

Con atto notificato il 12-22/6/2006, il fallimento della Società Edilizia Sarda (d’ora in avanti SES) ha proposto ricorso contro la sentenza in epigrafe indicata, chiedendone la cassazione con ogni consequenziale statuizione.

Il Ministero dell’Economia e dello Finanze e l’Agenzia delle Entrate hanno resistito con controricorso e la controversia è stata decisa all’esito della pubblica udienza del 31/5/2011.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Dalla lettura della sentenza impugnata, del ricorso e del controricorso emerge in fatto che in data 14/10/2003, il fallimento della SES ha reiterato la domanda già presentata il 29/11/2005 al fine di ottenere il rimborso di un credito IVA espostone la dichiarazione per l’anno 1981.

L’Amministrazione non ha riscontrato l’istanza ed il fallimento si e rivolto alla Commissione Tributaria Provinciale di Cagliari, sostenendo che oramai non sussisteva più nessun motivo per ritardare il pagamento, dato che il 20/11/2001 l’Ufficio aveva provveduto ad annullare in autotutela l’avviso de rettifica del 1983, in vista del quale era stato disposto il fermo dell’importo da restituire.

Costituitosi il convenuto, il giudice adito ha rigettato il ricorso per intervenuta prescrizione ed il fallimento si è gravato alla Commissione Regionale che ha, però, cornei uso nel senso che “la omessa presentazione della documentazione a suo tempo richiesta dall’Ufficio per il rimborso ed il decorrere del termine decennale di prescrizione, rendeva(no) inesigibile” il credito azionato dal fallimento.

Quest’ultimo aveva, per la verità, sostenuto che la prescrizione era stata rinunciata dall’Ufficio con atto del 2/7/2002, ma l’assunto non poteva essere condiviso in quanto non ci si poteva “affidare ad espressioni generiche che evidentemente non esplicita(va)no con chiarezza la volontà dell’Amministrazione, anche perchè il rapporto tributario si manifesta(va) ed e(ra) disponibile e, quindi, riconoscibile solo nelle forme tipiche previste dai la legge, al di fuori delle quali” doveva considerarsi nulla qualsiasi abdicazione “alle pretese dell’erario”.

Il fallimento ha proposto ricorso per cassazione, deducendo con il primo motivo la violazione e falsa applicazione degli artt . 2934 e 2935 cod. civ., nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30 e 38 bis, perchè la necessità di produrre i documenti era stata, superala dal fatto che con l’avviso – di rettifica del 1983, l’Ufficio aveva riconosciuto espressamente l’esistenza del credito che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, non si era mai osi i rito per prescrizione perchè il fermo disposto dall’Amministrazione ne aveva sospeso il corso fino alla data della sua revoca, intervenuta il 20/11/2001.

Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 2937 cod. civ., in quanto la Commissione Regionale avrebbe dovuto riconoscere valore di rinuncia alla nota del 2/7/2002 con cui all’esito di una lunghissima vicenda giudiziaria conclusasi con il provvedimento di autotutela del 20/11/2001, l’Ufficio aveva richiesto documentazione al Tribunale di Cagliari al fine specifico “di liquidare i rimborsi IVA dovuti al Fallimento SES”.

Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto l’omessa motivazione su punto decisivo della controversia, in quanto la Commissione Regionale non si era pronunciata sulla questione riguardante la effettiva sottoposizione del credito a fermo amministrativo, negata dall’Agenzia, ma espressamente affermata dalla Direzione Regionale in una nota del 9/1/1996.

Con il quarto motivo, il fallimento ha infine dedotto l’omissione della motivazione anche in ordine al punto relativo alla possibilità di farsi luogo ad un constructive trust ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1/7/1985, ratificata dall’Italia con L. 16 ottobre 1989, n. 364.

Così riassunto il contenuto del ricorso e cominciando con l’esame delle doglianze attinenti la prescrizione, che vanno scrutinate per prime in ragione della loro priorità logico-giuridica, osserva il Collegio che i giudici di merito l’hanno dichiarata perchè il diritto non era stato azionato per più di dieci anni.

Il fallimento ha contestato l’esattezza di simile conclusione non perchè vi fossero stati medio tempore degli atti informativi, ma perchè la imposizione del fermo sul credito, ne aveva comportato l’impossibilità di farlo valere in giudizio fino alla data della sua rimozione.

La tesi non può essere condivisa perchè per giurisprudenza consolidata, il ermo amministrativo è un istituto destinato ad esplicare i suoi effetti sul piano della compensazione, nel senso che non impedisce al creditore di azionare il suo diritto per ottenerne il pagamento dall’Amministrazione, ma consente a quest’ultima di sottrarsi ai la condanna mediante l’allegazione e la dimostrazione del proprio controcredito benchè non ancora liquido ed esigibile (C. cass. 2003/7945 e 2009/555).

Alla luce di tali principi, che il Collegio condivide e ribadisce, non occorre perciò accertare se nel caso di specie l’Amministrazione abbia davvero sottoposto a fermo il credito della SES, perchè anche in caso di risposta positiva al quesito dovrebbe pur sempre concludersi per la sua inidoneità ad impedire l’azione della contribuente e, conseguentemente, per la sua in influenza ai fini della decorrenza della prescrizione.

Il ricorrente ha peraltro insistito nel sostenere che l’Ufficio vi aveva, rinunciato con la nota del 2/7/2002, ma invece di riportarne testualmente il contenuto (come pure avrebbe dovuto fare in virtù del principio di autosufficienza del ricorso), si è limitato ad affermare che con essa l’Amministrazione aveva richiesto al Tribunale di Cagliari e, dunque, ad un soggetto diverso dal creditore, dei non meglio precisati documenti al fine di procedere alla liquidazione del rimborso.

Anche ammettendo che sia stato proprio questo il tenore sostanziale del documento, si tratterebbe comunque di una dichiarazione troppo vaga e generica per far dubitare della congruità del giudizio espresso dalla Commissione Regionale, che a seguito di una valutazione non sindacabile in questa sede perchè immune da vizi logici o giuridici, l’ha ritenuta insufficiente a dimostrare che l’Ufficio fosse certo dell’avvenuta estinzione del diritto per prescrizione e volesse, malgrado ciò, procedere ugualmente al pagamento del credito.

Tenuto conto di quanto sopra nonchè del la genericità e, dunque, della inammissibilità del quarto motivo.

A proposito del quale non sembra comunque inutile precisare che la Convenzione invocata dal fallimento non consente affatto d’imporre all’obbligato il conferimento del debito prescritto in un constructive trust, il ricorso di cui si discute dev’essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro 3.700,00, 200,00 dei quali per esborsi, oltre le spese prenotate a debito.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro 3.700,00, 200,00 dei quali per esborsi, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 31 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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