Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14067 del 04/06/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14067 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 3644-2008 proposto da:
AZIENDA TRASPORTI MILANESI (A.T.M.) S.P.A. (97230720159), in
persona del Presidente e legale rappresentante dott. BRUNO
ROTA, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA SALLUSTIO 9,
presso lo studio dell’avvocato SPALLINA BARTOLO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato RHO ALBERTO
giusta procura speciale del Dott. Notaio ORESTE CIRILLO in
MILANO 15/4/2013, rep. N. 27.526;
– ricorrente contro
FORESTI
020A3

GIOVANNI

(FRSGNN36P13F218F),

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA APPIO CLAUDIO 289, presso lo studio

A.041- dell’avvocato GERMANI GIANCARLO, che lo rappresenta e difende
giusta delega in atti;
controri corrente avverso la sentenza n. 3192/2007 della CORTE D’APPELLO di
MILANO, depositata il 29/11/2007, R.G.N. 5156/04;
1

Data pubblicazione: 04/06/2013

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 10/05/2013 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito l’Avvocato LORENZO SPALLINA per delega;
udito l’Avvocato GIANCARLO GERMANI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. TOMMASO BASILE, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

l. – Giovanni Foresti conveniva in giudizio, dinanzi al
Tribunale di Milano, l’Azienda Trasporti Milanese (A.T.M.)
S.p.A. per sentirla condannare al risarcimento dei danni
patiti (nella misura di euro 39.075,13) a titolo di omessa
custodia dell’autovettura Audi A6 di sua proprietà, la quale,
in data 12 aprile 2000, era stata oggetto di furto allorché
sostava presso il parcheggio multipiano di Cascina Gobba, in
Milano, gestito dall’A.T.M.
Nel contraddittorio delle parti, il Tribunale respingeva
la domanda attrice, reputando che oggetto del contratto fosse
soltanto il godimento dello spazio di sosta e non già la
custodia dell’autovettura.
2.- Il gravame del Foresti avverso tale sentenza veniva
accolto dalla Corte di appello di Milano con sentenza resa
pubblica il 29 novembre 2007.
2.1. – La Corte territoriale riteneva che, nella specie,
rilevasse un contratto atipico di parcheggio, per il quale
era da farsi riferimento alla disciplina del deposito, con
conseguente individuazione dell’oggetto del contratto nella
messa a disposizione di uno spazio per il parcheggio e la
custodia del veicolo, risultando “irrilevanti eventuali
condizioni generali di contratto dell’impresa che gestisce il
parcheggio, che escludono un obbligo di custodia poiché – per
il modo rapidissimo con cui il contratto si conclude – è
legittimo ritenere che tale conoscenza sfugga all’utente”.
2.2. – A tal fine, il giudice di appello osservava che
il parcheggio utilizzato dal Foresti, chiamato di
2

RITENUTO IN FATTO

”corrispondenza” in quanto posto nelle vicinanze della
metropolitana milanese di Cascina Gobba, risultava segnalato
sia sulla tangenziale EST di Milano, sia sulla via Palmanova,
senza che in nessuno di detti cartelli si facesse cenno al
fatto che fosse incustodito. Né, peraltro, risultava
“sufficientemente provato” che all’entrata del parcheggio
fossero affisse “particolari condizioni generali di contratto

Corte territoriale non reputava dirimente la deposizione del
teste Bassi, che aveva ritenuto di intravvedere i cartelli
con la dicitura “parcheggio non custodito” ed il regolamento
del parcheggio all’ingresso dello stesso, ma escluso che
detta dicitura fosse presente sui cartelli posti sulla
tangenziale. Peraltro, il giudice del gravame rilevava che
l’area adibita a sosta aveva “tutte le caratteristiche
dell’autorimessa, trattandosi di un parcheggio multipiano
fornito di sbarre sia all’entrata che all’uscita e dotato di
telecamere interne”. Il fatto poi che trattavasi, per
l’appunto, di parcheggio multipiano “meccanizzato” e non già
“di zona cittadina (strada) adibita a parcheggio”, escludeva
che potesse ricorrere la fattispecie del parcheggio con
controllo della durata della sosta a pagamento, ma senza
custodia, di cui agli artt. 15 e 17 della legge 24 marzo
1989, n. 122.
Di qui, pertanto, la necessità dell’approvazione per
iscritto di eventuali clausole di esonero della
responsabilità, come gli avvisi o il regolamento indicanti la
mancanza di custodia sui veicoli parcheggiati; sicché, in
assenza di tale approvazione, la A.T.M. era responsabile, ai
sensi dell’art. 1780 cod. civ., per i danni patiti dal
Foresti a seguito del furto della sua autovettura avvenuto
presso il parcheggio di Cascina Gobba.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre
l’Azienda Trasporti Milanese (A.T.M.) S.p.A. sulla base di
due motivi.

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tali da escludere l’obbligo di custodia”. A tal riguardo, la

Resiste con controricorso Giovanni Foresti.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi
dell’art. 378 cod. proc. civ.
CONSIDERATO IN DIRITTO
l. – Con il primo mezzo è denunciata la violazione e la
falsa applicazione dell’art. 1766 e ss. cod. civ., dell’art.
1571 cod. civ., dell’art. 15 della legge n. 122 del 1989,

285 e dell’art. 1341, secondo comma, cod. civ.; nonché vizio
di motivazione su punti essenziali della controversia.
La società ricorrente assume che l’area di sosta nella
quale si è verificato il furto dell’autovettura del Foresti
risponde alla tipologia di parcheggio che l’art. 15 della
legge n. 122 del 1989, e successivamente l’art. 7, comma l,
lett. f), del d.lgs. n. 285 del 1992, per soddisfare esigenze
di decongestionamento del traffico cittadino, ha consentito
ai Comuni di predisporre in alcune zone cittadine,
attrezzandoli di dispositivi di controllo della durata della
sosta a pagamento, ma senza alcuna custodia da parte degli
addetti comunali o del concessionario del servizio e, dunque,
in deroga alla disciplina generale posta dagli artt. 1766 e
ss. cod. civ., così da non potersi ascrivere l’assenza di
custodia ad una clausola di esonero della responsabilità.
Proprio in attuazione di tale disposto normativo, il Comune
di Milano, con deliberazione di Giunta 24 novembre 1993, n.
1740, ha istituito nel territorio milanese talune aree di
sosta, situate in posizioni “strategica per incentivare l’uso
dei mezzi pubblici e cioè soprattutto in prossimità dei
capolinea delle linee metropolitane”, utilizzando il modello
della struttura multipiano del “silos” (che consente
l’allocazione di un maggior numero di vetture) e del “sistema
a sbarra” (che elimina la necessità di installare un
parchimetro ogni singolo posto auto).
La Corte territoriale avrebbe, dunque, ignorato il dato
normativo di riferimento e siffatte circostanze di fatto,
4

dell’art. 7, comma 1, lett. f), del d.lgs. 30 aprile 1992, n.

errando altresì nel ritenere non dirimente la deposizione del
teste Bassi, che aveva invece riferito sulla presenza del
regolamento del parcheggio e dell’avviso “parcheggio non
custodito” all’ingresso del parcheggio stesso, così dando
riscontro positivo a quanto documentato “dalle fotografie
prodotte dallo stesso attore”. In tal modo, il giudice di
appello non avrebbe tenuto conto del concreto regolamento

del contratto in questione risultava dal regolamento del
parcheggio, “debitamente affisso e portato a conoscenza degli
utenti”, il quale assume valore di proposta contrattuale che
l’utente stesso “accetta nel momento in cui lascia in sosta
l’auto attenendosi alle disposizioni del gestore”.
In conclusione viene formulato il seguente quesito

ex

art. 366-bis cod. proc. civ.: “Se il rapporto giuridico che
si instaura tra colui che immette un autoveicolo in una area
di interscambio disciplinata dall’art. 7, comma l, lett. I)
del d.lgs. 285/1992 e concretizzata nella delibera n. 1740/93
del 24.11.1993 della Giunta Comunale di Milano, nonostante
l’avviso ben visibile che nell’area è escluso ogni obbligo di
custodia, debba essere considerato comunque un contratto di
deposito con obbligo di custodia da parte del depositario,
ovvero debba essere ricondotto nel contratto atipico di
parcheggio incustodito, definibile come locazione di area,
per essere normativamente prevista dal citato art. 7 d.lgs.
n. 285/92 l’ipotesi di parcheggio senza custodia del
veicolo”.
1.1. – Il motivo, nella parte in cui è ammissibile, è
fondato.
E’, infatti, da ritenersi ammissibile la sola denuncia
del vizio di violazione e falsa applicazione di legge,
giacché assistita da congruo quesito di diritto, mentre è
inammissibile la denuncia del vizio di motivazione, privo del
quesito cd. di “fatto” o di “sintesi” imposto dall’art. 366bis cod. pro. civ., applicabile ratione temporis
5

(in quanto

negoziale cui le parti erano tenute, posto che il contenuto

la sentenza impugnata è stata resa pubblica il 29 novembre
2007, nella vigenza della anzidetta norma processuale).
Ciò in forza di quanto affermato da Cass., sez. un., 9
marzo 2009, n. 5624: “In caso di proposizione di motivi di
ricorso per cassazione formalmente unici, ma in effetti
articolati in profili autonomi e differenziati di violazioni
di legge diverse, sostanziandosi tale prospettazione nella

elusa la ratio dell’art. 366-bis cod. proc. civ., deve
ritenersi che tali motivi cumulativi debbano concludersi con
la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili
fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati, con la
conseguenza che, ove il quesito o i quesiti formulati
rispecchino solo parzialmente le censure proposte, devono
qualificarsi come ammissibili solo quelle che abbiano trovato
idoneo riscontro nel quesito o nei quesiti prospettati,
dovendo la decisione della Corte di cassazione essere
limitata all’oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente
formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce
l’illustrazione”.
1.2. – Come detto, è fondata la censura di violazione di
legge.
Nella specie deve, infatti, trovare applicazione il
principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa
Corte con la sentenza n. 14319 del 28 giugno 2011 – resa a
composizione di un contrasto di giurisprudenza insorto nella
materia ed in una controversia nella quale veniva in rilievo
proprio il parcheggio milanese di Cascina Gobba – in forza
del quale: «l’istituzione da parte dei Comuni, previa
deliberazione della Giunta, di aree di sosta a pagamento ai
sensi dell’art. 7, comma l, lettera f), del d.lgs. 30 aprile
1992, n. 285 (codice della strada), non comporta l’assunzione
dell’obbligo del gestore di custodire i veicoli su di esse
parcheggiati se l’avviso “parcheggio incustodito” è esposto
in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del
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proposizione cumulativa di più motivi, affinché non risulti

contratto (artt. 1326, primo comma, e 1327 cod. civ.), perché
l’esclusione attiene all’oggetto dell’offerta al pubblico ex
art. 1336 cod. civ. (senza che sia necessaria l’approvazione
per iscritto della relativa clausola, ai sensi dell’art.
1341, secondo comma, cod. civ., non potendo presumersene la
vessatorietà), e l’univoca qualificazione contrattuale del
servizio, reso per finalità di pubblico interesse,

costituire l’obbligo di custodia, il ricorso al sussidiario
criterio della buona fede ovvero al principio della tutela
dell’affidamento incolpevole sulle modalità di offerta del
servizio stesso (quali, ad esempio, l’adozione di recinzioni,
di speciali modalità di accesso ed uscita, di dispositivi o
di personale di controllo), potendo queste ascriversi
all’organizzazione della sosta. Ne consegue che il gestore
concessionario del Comune di un parcheggio senza custodia non
è responsabile del furto del veicolo in sosta nell’area
all’uopo predisposta>>.
La decisione assunta dalla Corte territoriale si
discosta dal richiamato principio di diritto, rispetto al
quale appare all’evidenza distonico l’apprezzamento del
complesso delle circostanze fattuali da cui si è fatto
scaturire l’inquadramento della fattispecie controversa nel
contratto atipico di parcheggio con obbligo di custodia, così
da escludere la sussistenza di un area di sosta a pagamento
ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 285
del 1992.
In tale prospettiva si pone, anzitutto, l’erroneo
rilievo ascritto alle caratteristiche del parcheggio in
questione sito in prossimità della linea della
metropolitana milanese Cascina Gobba e per ciò stesso, come
affermato dallo stesso giudice di appello, denominato
“parcheggio di corrispondenza” – ritenute consone di
un’autorimessa, in quanto strutturato come multipiano e
fornito di sbarre all’entrata e all’uscita, nonché dotato di
7

normativamente disciplinate, non consente, al fine di

telecamere interne. E proprio in ragione di siffatta
struttura multipiano, con caratteristiche di “parcheggio
meccanizzato”, che il giudice del gravame ha modulato il
proprio fallace convincimento sulla qualificazione del
contratto come “messa a disposizione di uno spazio insieme
alla custodia del veicolo”, così da escludere che, nella
specie, si potesse invece ravvisare “una zona cittadina

la tipologia contrattuale discendente dal citato art. 7 del
d.lgs. n. 285 del 1992.
Peraltro, la Corte milanese ha corroborato il
ragionamento decisorio in forza della circostanza, non
decisiva, della assenza di cartelli con la dicitura di
parcheggio incustodito sulle strade (tangenziale Est e via
Palmanova) di avvicinamento al parcheggio e in prossimità
della fermata della metropolitana Cascina Gobba presso cui il
parcheggio stesso era situato. Là dove, invece, in ordine al
fatto, rilevante, della presenza di avvisi escludenti
l’obbligo di custodia (così come del regolamento dell’area di
sosta) all’ingresso del medesimo parcheggio, il giudice di
appello lo ha ritenuto non “sufficientemente provato”,
correlando, tuttavia, un siffatto apprezzamento anche alla
predetta mancanza di cartelli sulla sede autostradale e così
reputando non dirimente la deposizione del teste escusso in
istruttoria, il quale, però, – come riportato per esteso
nella stessa sentenza impugnata ha, invero,
significativamente riferito che «il regolamento, il cui
testo mi viene mostrato è esposto sia all’ingresso, sia in
ogni piano, sia nel piano Cassa>> e, dopo aver visionato le
fotografie “prodotte dall’attore”, che gli sembrava «di
poter dire che il regolamento e l’avviso “parcheggio non
custodito” sono quelli che si intravvedono in due delle foto,
posizionati proprio al di sopra dell’immagine indicante il
posto dei disabili, situato all’ingresso del parcheggio>>.

8

adibita a parcheggio”, cui sarebbe stato possibile ricondurre

Risulta, quindi, evidente come il giudizio di
sussunzione, operato dalla Corte territoriale, non sia
rispondente alle anzidette coordinate di diritto, tracciate,
per l’appunto, dalla citata pronuncia delle Sezioni Unite.
2. – Con il secondo mezzo è dedotto vizio di motivazione
“sulla prova dell’accadimento materiale del fatto”.
La Corte territoriale non avrebbe sufficientemente

relazione alla prova, che il Foresti avrebbe dovuto fornire,
sulla effettiva verificazione del furto della sua auto in
sosta presso il parcheggio di Cascina Gobba.
2.1. – Il motivo è inammissibile perché non assistito
dal quesito cd. di “fatto” o di “sintesi” imposto dall’art.
366-bis cod. proc. civ. e ciò alla stregua di quanto
affermato dal “diritto vivente” (di recente Cass., 18
novembre 2011, n. 24255; in precedenza anche Cass., sez. un.,
l ° ottobre 2007, n. 20603), secondo il quale:

“è

inammissibile, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ.,
per le cause ancora ad esso soggette, il motivo di ricorso
per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
qualora non sia stato formulato il c.d. quesito di fatto,
mancando la conclusione a mezzo di apposito momento di
sintesi, anche quando l’indicazione del fatto decisivo
controverso sia rilevabile dal complesso della formulata
censura, attesa la ratio che sottende la disposizione
indicata, associata alle esigenze deflattive del filtro di
accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione
di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia
l’errore commesso dal giudice di merito”.
3.

– All’accoglimento del primo motivo segue la

cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari
ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa
nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma secondo, cod. proc.
civ. Difatti, il thema

probandum

risulta esaurito con il

giudizio di appello e nei termini dell’accertamento fattuale
9

motivato o, comunque, lo avrebbe fatto in modo inidoneo in

complessivo

delineato

nella

sentenza

della

Corte

territoriale, che le parti (e tanto più il controricorrente)
non hanno messo in discussione, né contestato, come tale, in
questa sede. Può trovare, dunque, applicazione l’anzidetto
secondo comma dell’art. 384, giacché tale norma – come
condivisibilmente affermato da Cass., 10 settembre 2010, n.
19301) – “preclude alla Corte di cassazione di pervenire alla

accertare, ma non ne inibisce la valutazione quando i fatti
siano stati già tutti accertati o non siano contestati e non
ve ne siano altri, ancora da accertare, suscettibili di poter
essere apprezzati o perché mancano o perché la facoltà di
domandarne l’accertamento è impedita alle parti dalle
preclusioni in cui siano incorse”.
Sicché, secondo quanto in precedenza rilevato, gli
elementi fattuali accertati nel corso del giudizio di merito
(compreso quello della presenza delle indicazioni all’interno
del parcheggio circa l’assenza di custodia dei veicoli ivi in
sosta, come chiaramente riferito dal teste escusso)
convergono nel far ritenere, in sintonia con il principio
enunciato dalle Sezioni Unite nel 2011, che il parcheggio di
“corrispondenza” sito in prossimità della metropolitana
milanese Cascina Gobba, allorquando ebbe a verificarsi il
furto dell’autovettura di proprietà del Foresti, era un area
di sosta a pagamento ai sensi dell’art. 7, comma l, lettera
f), del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada),
non comportante l’assunzione, da parte del gestore,
dell’obbligo di custodire i veicoli su di esso parcheggiati;
di qui, l’assenza di responsabilità in capo al gestore
medesimo per il furto del veicolo in sosta nell’area
appositamente predisposta.
La domanda proposta dal Foresti, per conseguire, nei
confronti della A.T.M. S.p.A., il risarcimento del danno per
il furto della propria autovettura in sosta presso il
parcheggio di cascina Gobba, va, dunque, rigettata.
10

decisione nel merito allorché vi siano ulteriori fatti da

4. – Le oscillazioni della giurisprudenza sulla tematica
giuridica fulcro della presente controversia, venute meno a
seguito della richiamata sentenza delle Sezioni Unite del
2011, successiva alla proposizione del ricorso per cassazione
qui scrutinato, consentono di disporre la totale
compensazione, tra le parti in causa, delle spese processuali
dei gradi di merito e del presente giudizio di legittimità.

LA CORTE
accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara
inammissibile il secondo motivo;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda
risarcitoria proposta da Giovanni Foresti nei confronti della
Azienda Trasporti Milanese (A.T.M.) S.p.A.;
dichiara interamente compensate tra le parti le spese
processuali dei gradi di merito e del presente giudizio di
legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Terza civile della Corte suprema di Cas
data 10 maggio 2013.

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