Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14063 del 07/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 07/06/2017, (ud. 23/09/2016, dep.07/06/2017),  n. 14063

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. GRILLO Renato – rel. Consigliere –

Dott. PICCIALLI Patrizia – Consigliere –

Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere –

Dott. MANCUSO L. Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17314-2010 proposto da:

F.C., elettivamente domiciliata in ROMA V.LE DELLE MILIZIE

34, presso lo studio dell’avvocato ROCCO AGOSTINO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO LOGOZZO

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI (OMISSIS), EQUITALIA ESATRI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 131/2009 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 14/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/09/2016 dal Consigliere Dott. GRILLO RENATO;

udito per il ricorrente l’Avvocato AGOSTINO ROCCO che si riporta agli

atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato COLELLI che si riporta agli

atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine il rigetto del ricorso, assorbiti gli altri motivi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 14 dicembre 2009 la Commissione Tributaria Regionale di Milano dichiarava inammissibile il ricorso per revocazione proposto da F.C. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Milano emessa il 18 marzo 2008 e depositata il 16 aprile successivo. Affermava la CTR che la ragione della inammissibilità derivava dalla mancata allegazione al ricorso per revocazione del documento del quale si assumeva il mancato esame, rilevando ulteriormente che con l’allegazione al ricorso della certificazione relativa alla società PRO.FO.MIC, avente sede in Lussemburgo, appariva ancor più evidente la mancanza dei presupposti per farsi luogo al giudizio di revocazione, in quanto le censure della ricorrente in realtà miravano a far valere un errore di giudizio eventualmente censurabile con l’impugnazione della sentenza.

Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione F.C. affidandolo a tre motivi. Resisteva con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La ricorrente dopo aver premesso: a) di avere proposto ricorso dinnanzi alla Commissione Tributaria di Milano avverso l’iscrizione a ruolo e la relativa cartella di pagamento n. (OMISSIS) con la quale Equitalia Esatri s.p.a. aveva chiesto il pagamento dell’importo di Euro 23.475,72 conseguente ad omesso/carente versamento dell’Imposta IRPEF relativa all’anno 2002; b) che la adita Commissione Tributaria di Milano, con sentenza depositata il 27 giugno 2007, aveva rigettato il ricorso per mancato assolvimento da parte di essa ricorrente dell’onere della prova ex art. 2697 c.c., non avendo la ricorrente fornito la dimostrazione dell’avvenuta tassazione da parte dello Stato Estero (Lussemburgo) dei dividendi percepiti, circostanza che aveva dato luogo alla imposizione fiscale da parte dello Stato Italiano; c) che anche la Commissione Regionale Tributaria di Milano, con sentenza depositata il 16 aprile 2008 aveva respinto per le medesime ragioni l’appello proposto avverso la sentenza di primo grado; d) che il ricorso per revocazione proposto dinnanzi alla Commissione Tributaria di Milano sul rilievo che il giudizio espresso nella sentenza impugnata era basato su una serie di presupposti di fatto radicalmente erronei, era stato dichiarato inammissibile con la sentenza oggi impugnata, deduce a sostegno del ricorso per cassazione tre specifici motivi.

Con il primo parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 64, n. 4, e art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4 dal primo richiamato: sostiene, in particolare, la ricorrente che l’avvenuta esposizione nella dichiarazione fiscale dei redditi di partecipazione di società straniera era corredata da documenti che avrebbero dovuto indurre i giudici di merito di prima e seconda istanza a ritenere assolto l’obbligo tributario. L’avere, invece, ritenuto che la documentazione comprovante l’assolvimento dell’obbligo, contrariamente al vero, mancasse, costituisce il presupposto della revocazione per errore sul fatto della esistenza di un documento. Da tale documento emergeva che i redditi di partecipazione erano stati dichiarati tanto in Italia che in Lussemburgo venendo così tassati con differenti aliquote in violazione dell’art. 10 della Convenzione Europea contro la doppia imposizione.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, consistente nella negata produzione di un documento in realtà esistente agli atti sin dal giudizio di primo grado. Segnala la ricorrente che la Commissione Tributaria Regionale si sarebbe pronunciata su una censura da essa non sollevata (il presunto errore di giudizio) in quanto oggetto della censura era, invece, l’errore di fatto derivante dalla ritenuta mancata produzione di un documento in realtà prodotto. Segnala anche la contraddittorietà della decisione impugnata nella parte in cui si afferma che la Commissione Tributaria Provinciale non avrebbe preso in considerazione un documento già prodotto in primo grado, per poi concludere che il documento di cui si afferma l’esistenza e la mancata valutazione non risultava allegato al ricorso.

Con il terzo motivo la ricorrente lamenta violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 61, e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 comma 2, per avere la Commissione Tributaria Regionale omesso di esporre i fatti di causa relativi alle precedenti fasi di giudizio incorrendo così nella nullità per violazione dell’art. 132 c.p.c..

Il ricorso è infondato in ogni sua parte.

Con riferimento al primo motivo di ricorso, come peraltro eccepito dalla Agenzia delle Entrate nel suo controricorso, le censure sollevate dalla ricorrente sono inidonee a modificare il giudizio di inammissibilità espresso dalla Commissione Tributaria Regionale nella sentenza impugnata in quanto ripropongono una questione già affrontata in modo esaustivo e corretto dal giudice di merito.

Come da ultimo affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di revocazione, integra errore revocatorio di fatto legittimante, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, la revocazione della sentenza per asserito omesso esame di un motivo di ricorso, non già la semplice carenza, nella motivazione della sentenza, di qualsiasi giustificazione “in iure” circa il mancato esame di un motivo pur presente nel ricorso (ciò che integra mera dimenticanza), bensì l’erronea supposizione dell’inesistenza del motivo stesso, ovvero di un fatto processuale, invece, esistente (Sez. 6 – 3 6.6.2016 n. 11530, Rv. 640209). E’ quindi da escludere che la sentenza impugnata sia incorsa – così come sostenuto dalla ricorrente – nel denunciato vizio di motivazione in quanto insufficiente e contraddittoria in ordine alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per revocazione. Come emerge dal testo della sentenza impugnata, la ragione della inammissibilità risiede nella mancata allegazione al ricorso per revocazione della copia del documento del quale si lamentava la mancata valutazione.

Corretta, poi, la decisione impugnata anche nel punto relativo alla irrilevanza in quella sede della certificazione relativa alla società PRO.FO.MIC avente sede in Lussemburgo prodotta nel giudizio di revocazione dalla ricorrente, in quanto con tale produzione si intendeva in realtà censurare un errore di giudizio che, come tale, sarebbe stato censurabile con l’impugnazione nel merito della sentenza e non certo con la procedura prevista dall’art. 395 c.p.c., n. 4.

Invero, presupposto per farsi luogo alla revocazione, secondo il par. 4) dell’art. 395 c.p.c., è che la sentenza sia l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa: errore che ricorre o quando la decisione sia fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, ovvero quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e sempre che tanto nell’uno quanto nell’altro caso il fatto non costituisse un punto controverso sul quale la sentenza oggetto del ricorso per la revocazione si sia pronunciata.

Anche l’ultimo motivo, basato su una presunta inosservanza dell’art. 132 c.p.c., non è fondato in quanto come precisato in passato dalla giurisprudenza di questa Corte “La mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti di causa e l’estrema concisione della motivazione in diritto danno luogo a nullità della sentenza allorquando rendono impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni che stanno a fondamento del dispositivo” (Cfr. Sez. 2 3.4.1999 n. 3282, Rv. 524945).

Stante la soccombenza la ricorrente va condannata ex art. 91 c.p.c., a rifondere alla Agenzia delle Entrate resistente le spese processuali del giudizio di legittimità liquidate come da dispositivo – nella misura di Euro 3.000,00 per onorari oltre a spese prenotate a debito.

PQM

 

Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della resistente liquidate in complessivi Euro 3.000,00 per onorari oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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