Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14062 del 21/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 21/05/2021, (ud. 03/12/2020, dep. 21/05/2021), n.14062

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 886-2016 proposto da:

FIDEURAM – INTESA SANPAOLO PRIVATE BANKING S.P.A., già BANCA

FIDEURAM S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 326,

presso lo studio degli Avvocati CLAUDIO SCOGNAMIGLIO e RENATO

SCOGNAMIGLIO, che la rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL CORSO,

160, presso lo STUDIO ALESSANDRINI – AVVOCATI ASSOCIATI,

rappresentato e difeso dall’Avvocato RAFFAELO ALESSANDRINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4096/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 29/06/2015 R.G.N. 2087/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2020 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per: accoglimento primo motivo,

assorbimento nel resto;

udito l’Avvocato CLAUDIO SCOGNAMIGLIO;

udito l’Avvocato MARCO ALESSANDRINI per delega verbale Avvocato

RAFFAELLO ALESSANDRINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sent. n. 4096/2015, depositata il 29 giugno 2015, la Corte di appello di Napoli, in parziale accoglimento del gravame di M.A. ed in riforma della sentenza del Tribunale della medesima sede, ha condannato Banca Fideuram S.p.A. al pagamento, in favore dell’appellante, dell’indennità ex art. 1750 c.c., ritenuto che il diritto alla stessa (come anche il diritto all’indennità ex art. 1751 c.c., di cui peraltro ha escluso, nel merito, la sussistenza) fosse soggetto al termine di prescrizione decennale e che tale termine, decorrente dalla risoluzione del rapporto nel giugno 1992, fosse stato interrotto prima con lettera dell’agente ricevuta dalla società in data 24/12/1993 e successivamente con il ricorso in riassunzione depositato in data 13 novembre 2003.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Fideuram – Intesa SanPaolo Private Banking S.p.A. (già Banca Fideuram S.p.A.) con sei motivi, cui ha resistito il M. con controricorso.

3. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

4. Il ricorso, presentato all’adunanza camerale del 27 febbraio 2020, è stato rinviato a nuovo ruolo per consentirne la trattazione in pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, deducendo violazione o falsa applicazione dell’art. 2948 c.c., n. 5 anche in relazione all’art. 2946 c.c., la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto applicabile, all’indennità sostitutiva del preavviso e all’indennità ex art. 1751 c.c., il termine di prescrizione ordinario in luogo del termine quinquennale.

2. Con il secondo e con il terzo motivo la ricorrente si duole dell’omessa pronuncia sulla eccezione di decadenza del M. dal diritto all’indennità di cui all’art. 1751 c.c..

3. Con il quarto motivo, deducendo violazione o falsa applicazione dell’art. 2943 c.c., la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere erroneamente attribuito efficacia interruttiva della prescrizione al deposito dell’atto di riassunzione del giudizio in precedenza introdotto da Fideuram avanti al Tribunale civile di Napoli e non alla sua notifica.

4. Con il quinto motivo, deducendo violazione o falsa applicazione dell’art. 1750 c.c., la ricorrente censura la sentenza per avere erroneamente ritenuto irrilevante, al fine di escludere il diritto all’indennità sostitutiva del preavviso, la circostanza che il recesso in tronco di Fideuram fosse intervenuto dopo la dichiarazione di recesso con preavviso dell’agente.

5. Con il sesto motivo, infine, la ricorrente lamenta l’omesso esame delle risultanze di fatto, emerse in altro procedimento e suscettibili di essere valutate come prove atipiche, tali da dimostrare la sussistenza di fatti idonei a fondare la giusta causa di recesso di Fideuram dal rapporto di agenzia.

6. Premesso che non risulta proposta impugnazione nei confronti della statuizione di rigetto della domanda relativa all’indennità ex art. 1751 c.c., è da ritenersi fondato il primo motivo di ricorso, (Ndr: testo originale non comprensibile).

7. E’ stato invero affermato che “In caso di cessazione del rapporto di lavoro, le indennità spettanti sono assoggettate alla prescrizione quinquennale ex art. 2948 c.c., n. 5 e non all’ordinario termine decennale, a prescindere dalla natura, retributiva o previdenziale, dell’indennità medesima, ovvero dal tipo di rapporto, subordinato o parasubordinato, in essere, in ragione dell’esigenza di evitare le difficoltà probatorie derivanti dall’eccessiva sopravvivenza dei diritti sorti nel momento della chiusura del rapporto” (Cass. n. 15798/2008).

7.1. In motivazione la pronuncia richiamata precisa che l’art. 2948 c.c., n. 5, disponendo prescriversi in cinque anni le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro, trova la sua ragione giustificativa nell’opportunità di sottoporre a prescrizione breve i diritti del lavoratore che sopravvivano al rapporto di lavoro, in quanto nati nel momento della sua cessazione, e di evitare in tal modo le difficoltà probatorie derivanti dall’esercizio delle relative azioni troppo ritardate rispetto all’estinzione del rapporto sostanziale; che tale ratio legis sussiste per qualsiasi tipo di indennità, sia di natura retributiva sia previdenziale (Cass. n. 4415/1983; n. 3410/1985; n. 7040/1986) ed anche nel caso in cui si tratti di rapporto parasubordinato (Cass. n. 10923/1994; n. 10526/1997), quando, come nella specie, sia a carico del datore di lavoro; che l’assenza di distinzioni nell’art. 2948 c.c., n. 5 induce ad includere nella sua previsione qualsiasi credito del prestatore di lavoro purchè esso trovi causa nella cessazione del rapporto, e quindi anche l’indennità sostitutiva del preavviso, contrariamente a quanto ritenuto da Cass. n. 9438/2000 e n. 9636/2003.

7.2. Già Cass. n. 10923/1994 aveva chiaramente escluso che l’art. 2948 c.c., n. 5 potesse essere interpretato in senso restrittivo, nel senso della sua applicabilità unicamente ai crediti sorti nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato.

Al riguardo aveva osservato, da un lato e sotto un profilo sistematico, che il Libro V del Codice Civile (Del Lavoro) regola varie forme di attività lavorative e, in particolare, il lavoro subordinato (Titolo II), il lavoro autonomo (Titolo III) ed il lavoro subordinato in particolari rapporti (Titolo IV); da altro lato, aveva sottolineato la genericità della formula usata dal legislatore nell’art. 2948 c.c., n. 5 (“le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro”), genericità ritenuta tanto più rilevante nella considerazione che le indennità di fine rapporto non sono previste solo nel rapporto di lavoro subordinato ma anche in altre forme contrattuali, che pure prevedono il regolamento di un’attività lavorativa (v. art. 1751 c.c.): premesse, di ordine sistematico e logico, sulle quali ha concluso che l’art. 2948, n. 5 dovesse essere interpretato nel senso che la prescrizione quinquennale riguarda tutte “le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro”, senza la limitazione – non prevista dal legislatore – a quelle relative al rapporto di lavoro subordinato.

7.3. Tale orientamento è stato di recente, e nei medesimi termini, ribadito da Cass. n. 16139/2018 (“Le indennità spettanti al lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro sono assoggettate alla prescrizione quinquennale ex art. 2948 c.c., n. 5 a prescindere dalla loro natura, retributiva o previdenziale, in ragione dell’esigenza di evitare le difficoltà probatorie derivanti dall’eccessiva sopravvivenza dei diritti sorti in occasione della chiusura del rapporto”), così da essere del tutto prevalente nella giurisprudenza di questa Corte.

Ad esso, e per tutte le considerazioni riportate, ritiene il Collegio di dover dare continuità.

8. L’impugnata sentenza n. 4096/2015 della Corte di appello di Napoli deve, pertanto, essere cassata e la causa rinviata, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla medesima Corte in diversa composizione, la quale provvederà a fare applicazione del principio di diritto sopra richiamato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2021

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