Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14062 del 11/06/2010

Cassazione civile sez. I, 11/06/2010, (ud. 26/05/2010, dep. 11/06/2010), n.14062

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29921/2005 proposto da:

F.A. (c.f. (OMISSIS)), F.M.P. (c.f.

(OMISSIS)), F.G. (c.f. (OMISSIS)),

elettivamente domiciliate in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 46 (PAL. 4^ –

SC. B), presso GREZ GIAN MARCO, rappresentate e difese dall’avvocato

DALLARI Marzio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CENTO;

– intimato –

sul ricorso 1450/2006 proposto da:

COMUNE DI CENTO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, L.RE FLAMINIO 46, presso il Dott. GREZ GIAN

MARCO, rappresentato e difeso dall’avvocato DANI FABIO, giusta

procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

F.A., F.M.P., F.G.,

elettivamente domiciliate in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 46, presso

GREZ GIAN MARCO, rappresentate e difese dall’avvocato DALLARI MARZIO,

giusta procura in calce al controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 787/2005 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 05/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

26/05/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito, per le ricorrenti, l’Avvocato DALLARI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale, rigetto del ricorso

incidentale;

udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

DANI che ha chiesto il rigetto del ricorso principale, accoglimento

del ricorso incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, rigetto del ricorso incidentale.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso del 28 novembre 2005, F.A.M.P. e G. hanno impugnato per cassazione – deducendo due motivi di censura, illustrati con memoria -, nei confronti del Comune di Cento, la sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 787/05 del 5 luglio 2005, con la quale la Corte adita, nel respingere l’appello proposto dal Comune di Cento, ha confermato la sentenza del Tribunale di Ferrara n. 385/2002 del 7 maggio 2002;

che resiste, con controricorso, il Comune di Cento, il quale ha anche proposto ricorso incidentale fondato su un solo motivo illustrato con memoria, al quale resistono, con controricorso, le ricorrenti principali;

che la menzionata sentenza di primo grado aveva affermato che un’area di proprietà delle ricorrenti aveva formato oggetto di occupazione cosiddetta “usurpativa” per effetto della sopravvenuta dichiarazione di illegittimità degli atti dichiarativi della pubblica utilità e della conseguente occupazione d’urgenza della stessa area ad opera del Consiglio di Stato – ed aveva condannato il Comune di Cento al risarcimento dei danni, liquidati in L. 2.136.000.000 (al netto di quanto precedentemente versato a titolo di indennità di occupazione e di espropriazione), oltre rivalutazione ed interessi a far data dal 1 luglio 1988, data in cui si era verificata l’irreversibile trasformazione dell’area;

che, nel giudizio di appello, le odierne ricorrenti avevano proposto appello incidentale, chiedendo che la decorrenza degli interessi fosse stabilita a far data dal 15 dicembre 1985, data dell’occupazione dell’area;

che i Giudici a quibus hanno respinto tale appello incidentale, osservando che – vertendosi in fattispecie di occupazione usurpativa – “nell’ipotesi in cui il proprietario opti per il risarcimento del danno, e lo stesso venga commisurato al valore del fondo al momento in cui si è verificata la sua irreversibile trasformazione, non vi è luogo per distinguere fra occupazione e trasformazione, essendo la prima finalizzata alla realizzazione della seconda. In altri termini, mentre nell’occupazione appropriativa appariva agevole distinguere fra occupazione e trasformazione, stante il carattere legittimo della prima, nell’occupazione usurpativa la progressiva consumazione dell’illecito, dalla privazione del possesso alla distruzione della cosa oggetto del diritto, non è scindibile viene richiamata la sentenza della Corte di cassazione n. 1814 del 2000. L’impugnata decisione deve quindi essere interamente confermata, anche in relazione alla decorrenza degli interessi”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo (con cui deducono: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., e dei principi generali in tema di illecito, nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”), le ricorrenti principali criticano la sentenza impugnata – nella parte in cui ha confermato la decorrenza degli interessi dal 1 luglio 1988 (data della irreversibile trasformazione dell’area), anzichè dal 18 dicembre 1985 (data coincidente con l’inizio della condotta illecita realizzata mediante la presa di possesso dell’area stessa) -, sostenendo che, in ipotesi di occupazione usurpativa – quale quella di specie -, l’ammontare dei danni si compone di due elementi: il primo, conseguente alla perdita del bene, rappresentato dal valore dell’area al momento della irreversibile trasformazione (nella specie, 1 luglio 1988), il secondo, conseguente alla perdita del godimento del bene fino alla realizzazione dell’opera pubblica, costituito dai relativi interessi decorrenti dall’occupazione (nella specie, 18 dicembre 1985) fino al momento della irreversibile trasformazione, interessi che, rappresentando un debito di valore, vanno anch’essi rivalutati all’attualità;

che, con il secondo motivo (con cui deducono: “Violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”), le ricorrenti principali deducono che, con l’accoglimento del primo motivo, le spese dell’intero giudizio dovranno far carico al Comune soccombente;

che, con l’unico motivo, il ricorrente incidentale deduce l’inammissibilità del primo motivo del ricorso principale, in quanto le ricorrenti principali non hanno specificato nè nel giudizio di merito nè in sede di ricorso per cassazione a quale titolo esse chiedano gli interessi a far data dallo spossessamento dell’area;

che, preliminarmente, il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile;

che infatti, con esso, il ricorrente incidentale non muove alcuna critica alla sentenza impugnata, nella parte in cui ha respinto l’appello incidentale delle odierne ricorrenti principali, in punto decorrenza degli interessi il cui decisum, anzi, mostra inequivocabilmente di condividere -, limitandosi invece a dedurre ragioni di inammissibilità del primo motivo del ricorso principale;

che conseguentemente, la mancanza di censure specificamente attinenti al decisum della sentenza impugnata, assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 4, comporta l’inammissibilità del ricorso incidentale (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 21490 del 2005);

che, invece, il primo motivo del ricorso principale merita accoglimento;

che questa Corte, fin dalla sentenza n. 1814 del 2000, con giurisprudenza costante, ha affermato il principio secondo cui, qualora – com’è pacifico nella specie – la Pubblica Amministrazione apprenda sine titulo un immobile privato e, dopo un periodo di occupazione abusiva, vi realizzi l’opera pubblica, il pregiudizio per il proprietario consta di due distinte componenti: una, di carattere permanente, corrispondente al mancato godimento dell’immobile stesso durante il periodo anzidetto (in cui il privato ne ha conservato la proprietà), compreso tra la data dell’illegittimo impossessamento e quella della irreversibile trasformazione; l’altra, di carattere istantaneo con effetti permanenti, collegata a tale ultima vicenda estintivo-acquisitiva, che comporta la perdita definitiva della proprietà; con la conseguenza che, a seguito di tali eventi, il proprietario ha diritto al controvalore del bene, determinato secondo i criteri di legge, al quale, però, deve essere aggiunto il danno sofferto per la sua occupazione senza titolo, meramente detentiva, prima che il fondo venisse trasformato, in teoria corrispondente ai frutti e ad ogni altra utilità che il proprietario stesso dimostri di avere perduto durante il periodo in questione, ma suscettibile di liquidazione in via equitativa mediante commisurazione ai cosiddetti frutti civili, ovvero agli interessi legali, per ogni anno di occupazione, calcolati sul controvalore del bene determinato all’epoca della sua irreversibile trasformazione e, cioè, in concreto, sulla somma spettante al proprietario per la perdita del suo diritto reale, così da moltiplicare il relativo importo, in tal modo ottenuto, per il numero complessivo delle annualità (o delle frazioni di anno) in cui si è protratta l’occupazione (cfr. le sentenze nn. 9361 del 2005, 13585 del 2006, 7206 del 2009);

che, dunque, i Giudici dell’appello, nel confermare la decorrenza degli interessi dalla data dell’irreversibile trasformazione dell’area di proprietà delle odierne ricorrenti (1 luglio 1988), anzichè dalla data dello spossessamento della stessa area (15 dicembre 1985), non si sono conformate al suddetto e qui ribadito principio di diritto;

che, pertanto, la sentenza impugnata – nella parte in cui, rigettando l’appello incidentale proposto dalle odierne ricorrenti, ha confermato la sentenza del Tribunale di Ferrara n. 385/2002 del 7 maggio 2002, in punto decorrenza degli interessi sulla somma di L. 2.136.000.000 dal 1 luglio 1988 – deve essere annullata;

che il secondo motivo del ricorso principale resta, conseguentemente, assorbito;

che peraltro, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – posto che la predetta data di effettivo spossessamento dell’area è incontestata tra le parti -, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 1;

che, sulla base delle considerazioni che precedono, va stabilito che gli interessi spettanti alle odierne ricorrenti principali sulla somma di L. 2.136.000.000 (Euro 1.103.152,00) decorrono dal 18 dicembre 1985, data dell’effettivo spossessamento dell’area di loro proprietà;

che le spese dei precedenti e del presente grado del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

PQM

Riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, accoglie il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata nella parte di cui in motivazione e, decidendo la causa nel merito, condanna il Comune di Cento a corrispondere ad F.A., M.P. e G., sulla somma di Euro 1.103.152,00 (L. 2.136.000.000), gli interessi dal 18 dicembre 1985 al saldo, condannandolo altresì al rimborso, in favore delle ricorrenti principali, delle spese dell’intero giudizio, che determina: per il giudizio di primo grado, in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.000,00 per diritti ed Euro 6.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge;

per il giudizio di appello, in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, Euro 1.500,00 per diritti ed Euro 5.500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge;

per il giudizio di legittimità, in complessivi Euro 9.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 26 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2010

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