Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14062 del 07/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/07/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 07/07/2020), n.14062

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2044-2019 proposto da:

V.P., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO TRIESTE 85,

presso lo studio dell’avvocato TIZIANA AJELLO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

contro

EQUITALIA SUD SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4343/11/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 22/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DILLI PRISCOLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso della parte contribuente avverso una cartella di pagamento relativa ad IRPEF 2004;

la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello della parte contribuente ritenendo che la cartella di pagamento deriva da un avviso di accertamento divenuto definitivo a seguito del passaggio in giudicato di una sentenza della CTP avente ad oggetto tale avviso, cosicchè oltretutto il contribuente aveva piena conoscenza della pretesa impositiva dell’Ufficio;

la parte contribuente proponeva ricorso affidato a due motivi e in prossimità dell’udienza depositava memoria insistendo per l’accoglimento del ricorso, mentre l’Agenzia delle entrate si costituiva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte contribuente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e della L. n. 212 del 2000, artt. 6,7 e 10, per non avere l’Ufficio fatto precedere la cartella di pagamento relativa ad una sentenza passata in giudicato da un avviso di accertamento;

considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la parte contribuente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, per non avere assegnato alcun rilievo alle contestazioni formulate dal ricorrente;

considerato, quanto al primo motivo, che, secondo questa Corte:

la cartella esattoriale fondata su una sentenza passata in giudicato non deve essere preceduta da un avviso di accertamento purchè sia motivata nella parte in cui mediante la stessa venga anche richiesto per la prima volta il pagamento di crediti diversi da quelli oggetto dell’atto impositivo oggetto del giudizio, come quelli afferenti gli interessi per i quali deve essere indicato, pertanto, il criterio di calcolo seguito (Cass. n. 21851 del 2018); la cartella di pagamento degli interessi maturati su un debito tributario deve essere motivata, senza necessità che sia preceduta da un avviso di accertamento, non rilevando che il debito sia stato riconosciuto in una sentenza passata in giudicato, dal momento che il contribuente deve essere messo in grado di verificare la correttezza del calcolo degli interessi, tanto più che alle cartelle di pagamento notificate dopo l’entrata in vigore della L. n. 212 del 2000, deve allegarsi la sentenza (Cass. n. 15554 del 2017; n. 16730 del 2016);

ritenuto che il motivo è infondato in quanto la CTR si è attenuta ai suddetti principi laddove ha ritenuto che dopo un avviso di accertamento sul quale si sia pronunciata per la sua legittimità una sentenza passata in giudicato non fosse necessaria l’emanazione di un altro avviso di accertamento ma fosse sufficiente direttamente l’emanazione della cartella di pagamento;

considerato, quanto al secondo motivo, che, secondo questa Corte:

nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5, (applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo riformulato dal D.L. n. 83 cit., art. 54, comma 3, ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 26774 del 2016; n. 20994 del 2019);

considerato che il ricorrente non ha messo in risalto la diversità delle ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, cosicchè tale motivo deve ritenersi inammissibile, anche perchè diretto a prospettare una diversa valutazione degli accertamenti in fatto, riservati al giudice di merito ed insindacabili in sede di legittimità se, come nella specie, sorretti da argomentata motivazione (Cass. n. 5811 del 2019);

ritenuto pertanto infondato il primo motivo di impugnazione e inammissibile il secondo, il ricorso della parte contribuente va respinto;

la condanna alle spese segue la soccombenza.

PQM

rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 3.000, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2020

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