Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14061 del 11/06/2010

Cassazione civile sez. I, 11/06/2010, (ud. 20/05/2010, dep. 11/06/2010), n.14061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31026-2006 proposto da:

C.C. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA C. LINATI 75, presso l’avvocato D’AIUTO

GERARDO, rappresentato e difeso dall’avvocato D’AIUTO LORETO, giusta

mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.G. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 51, presso l’avvocato ITRI

GIUSEPPE, rappresentata e difesa dall’avvocato CROCAMO STEFANO,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 460/2006 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 26/05/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/05/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato S. CROCAMO che ha chiesto

il rigetto o inammissibilità del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI PIETRO che ha concluso per l’inammissibilità o rigetto del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 7.07.2004, il Tribunale di Vallo della Lucania dichiarava la separazione personale dei coniugi C.C. e I.G., ricorrente (ricorso del 10.08.1998), sposatisi il 24.02.1994, respingeva le reciproche domande di addebito, affidava il figlio minore della coppia (nato il (OMISSIS)) alla madre, alla quale attribuiva l’assegno mensile di Euro 619,74, annualmente rivalutabile, per il mantenimento suo e del bambino, compensando le spese processuali.

Con sentenza del 21.03-26.05.2006, la Corte di appello di Salerno respingeva l’appello incidentale del C. ed in accoglimento dell’impugnazione principale della I.. addebitava la separazione al primo, confermando nel resto la pronuncia di primo grado e condannando l’appellato al pagamento delle spese dei due gradi di merito.

La Corte territoriale osservava e riteneva tra l’altro ed in sintesi:

– che in effetti le risultanze istruttorie emerse in primo grado dimostravano puntualmente che, come affermato dalla I., la prosecuzione della convivenza coniugale era stata resa impossibile dal comportamento violento e manesco del C.;

– che in particolare dalle deposizioni rese dai testi M. A., madre dell’appellante, e da F.C. non emergevano solo un paio di episodi insufficienti a giustificare la rottura del rapporto, ma un quadro sistematico di maltrattamenti, peraltro di notevole gravita (si consideri che alcuni di essi si erano verificati allorchè la I. era in gravidanza), che rendevano evidente come la vita coniugale fosse diventata fonte di sofferenza e paura per la moglie;

– che l’assetto probatorio scaturito dalla prova testimoniale era stato ulteriormente suffragato dalle risultanze emerse nel corso del procedimento penale svoltosi nei confronti del C. e conclusosi con sentenza di condanna ad un anno di reclusione per i reati di maltrattamenti e percosse;

– che di contro non si evinceva alcun elemento di prova dell’asserito comportamento colposo della I., la quale, contrariamente a quanto asserito dal marito, non poteva nemmeno ritenersi affetta da patologie psichiatriche o da disturbi della sfera cognitiva e/o affettiva relazionale, atteso l’esito dell’indagine medico legale eseguita nel giudizio penale;

– che, dunque, il comportamento del C., violento, lesivo dell’onore e della dignità di sposa e di madre della I., protrattosi nel tempo, aveva determinato il deterioramento irreversibile del rapporto coniugale ed integrando la violazione dei doveri derivanti dal matrimonio, giustificava la pronuncia di addebito a lui della separazione.

Avverso questa sentenza notificatagli il 24.07.2006, il C. ha proposto ricorso per cassazione notificato il 7.11.2006, fondato su due motivi. La I. ha resistito con controricorso notificato a mezzo posta (invio 14.12.2006) e depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente in rito, va disattesa l’eccezione della I., di difetto di rappresentanza processuale del ricorrente, giacchè il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione, essendo per sua natura speciale, non richiede ai fini della sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso, sicchè risultano irrilevanti sia la mancanza di uno specifico richiamo al giudizio di legittimità sia il fatto che la formula adottata faccia cenno a poteri e facoltà solitamente rapportabili al giudizio di merito (tra le numerose altre, cfr. Cass. 200926504; 200915692; 200708060).

Con il ricorso il C. denunzia:

1. “Insufficiente motivazione circa un fatto controverso, decisivo per la decisione del giudizio autonomo di addebito”, dolendosi per vizio argomentativo dell’addebito a sè della separazione;

2. “Difetto di motivazione, contraddittorietà delle disposizioni adottate e violazione di legge in ordine al comportamento colposo della I.”.

Entrambi i motivi sono inammissibili, giacchè le dedotte censure di omissione insufficienza e contraddittorietà della motivazione non risultano contenere, in violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ., un successivo momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) dei rilievi, che ne circoscriva puntualmente i limiti (cfr Cass. SS.UU. 200720603; 200811652; 200816528).

Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del C. al pagamento, in favore della I., delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il C. a rimborsare alla I. le spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2010

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