Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14060 del 11/06/2010

Cassazione civile sez. I, 11/06/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 11/06/2010), n.14060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27864-2006 proposto da:

L.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso l’avvocato NARDONE LORENZO,

rappresentato e difeso dall’avvocato LA SPINA GIUSEPPE, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.E., PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO

DI PERUGIA, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE;

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA depositato il

13/09/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’11/05/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FELICETTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA AURELIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L.G., con ricorso depositato il 6 aprile 2006, proponeva reclamo alla Corte d’appello di Perugia avverso il decreto del presidente del tribunale di Spoleto depositato il 14 marzo 2006, reso in sede di giudizio di separazione personale nei confronti della moglie T.E.. La Corte d’appello di Perugia, con decreto depositato il 13 settembre 2006, dichiarava inammissibile il reclamo per non essere il provvedimento impugnato reclamabile. Il L. ha proposto ricorso avverso tale decreto, con atto notificato alla T. ed alla procura della Repubblica presso la Corte d’appello di Perugia in data 10 ottobre 2006. La parte intimata non ha depositato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il ricorso si denuncia la violazione dell’art. 708 c.p.c., u.c., deducendo che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere l’inammissibilità del reclamo, non avendo tenuto conto della sopravvenuta modifica del testo dell’art. 708 c.p.c. ad opera della L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 2, comma 1, che ha previsto la reclamabilità dei provvedimenti presidenziali adottati in sede di comparizione personale nel giudizio di separazione.

Si deduce che il provvedimento della Corte d’appello, contenente anche la condanna alle spese, avrebbe valore di sentenza, definendo il giudizio dinanzi alla Corte e sarebbe pertanto ricorribile in cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. Quanto all’applicabilità della normativa sopravvenuta, si deduce che essa sarebbe applicabile in base al principio “tempus regit actum” in difetto di norme transitorie e non essendosi maturato, al momento della sua entrata in vigore, il termine per la proposizione del reclamo, stabilito dall’art. 708 in dieci giorni dalla notificazione del provvedimento.

Il provvedimento impugnato è stato, infatti, comunicato il 29 marzo 2006 e il reclamo è stato depositato il 6 aprile 2006.

Il ricorso è inammissibile.

L’art. 708 c.p.c. è stato modificato dalla L. n. 54 del 2006 con effetto dalla data della sua entrata in vigore e cioè dal 16 marzo 2006, con l’introduzione di un testo del quarto comma a norma del quale contro i provvedimenti presidenziali emanati ai sensi del precedente terzo comma “si può proporre reclamo con ricorso alla Corte d’appello che si pronuncia in camera di consiglio”.

In precedenza l’art. 708 c.p.c., nel testo originario, prevedeva all’ultimo comma, in materia di provvedimenti temporanei ed urgenti adottati (ai sensi del comma 3) dal Presidente del Tribunale in materia di separazione personale, che se si verificavano “mutamenti nelle circostanze, l’ordinanza del presidente” potesse “essere revocata o modificata dal giudice istruttore a norma dell’art. 177 c.p.c.”. Successivamente, con l’entrata in vigore della L. n. 74 del 1987, in forza dell’art. 23 di tale legge – il quale ha disposto che “fino all’entrata in vigore del nuovo testo del codice di procedura civile, ai giudizi di separazione personale dei coniugi si applicano, in quanto compatibili, le regole di alla L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 4 come sostituito dall’art. 8 della presente legge” – anche in materia di separazione personale era entrata in vigore la regola secondo la quale “l’ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore”: senza – quindi esplicito riferimento alla condizione che sì fosse verificato un mutamento delle circostanze.

Per le ordinanze presidenziali su dette, pertanto, prima dell’entrata in vigore della L. n. 54 del 2006, non era previsto alcun mezzo d’impugnazione, ma solo la loro revocabilità e modificabilità da parte del giudice istruttore. Nel caso di specie, secondo quanto risulta dal decreto della Corte d’appello oggetto del ricorso a questa Corte, il provvedimento presidenziale fu depositato il 14 marzo 2006 ed è a tale data che occorre fare riferimento per stabilirle il regime procedurale al quale esso è sottoposto, in quanto la regola “tempus regit actum”, alla quale il ricorrente fa riferimento nel motivo, contrariamente a quanto da lui sostenuto, va riferita a tale data ed al provvedimento su detto, essendo esso l’atto del cui regime d’impugnazione si controverte. Ne consegue che, non essendo a tale data ancora entrata in vigore la L. n. 54 del 2006 che ha introdotto il reclamo alla Corte d’appello, in mancanza di una disciplina transitoria che deroghi alla regola su detta, il provvedimento non era reclamatale.

Il ricorso, peraltro, deve essere dichiarato inammissibile (Cass. 6 novembre 2008, n. 26631) in applicazione assorbente del principio secondo il quale, essendo il provvedimento reclamato insuscettibile di acquistare carattere di definitività in senso sostanziale, avendo carattere provvisorio, avverso il provvedimento che abbia dichiarato inammissibile il reclamo non è proponibile il ricorso straordinario per cassazione di cui all’art. 111 Cost., neppure ove si lamenti la lesione di situazioni aventi rilievo processuale, e in particolare del diritto al riesame. Infatti la pronunzia sull’osservanza delle norme che regolano il processo, disciplinando i presupposti, i modi e i tempi con i quali la domanda può essere portata all’esame del giudice, ha la medesima natura dell’atto giurisdizionale cui il processo è preordinato e, pertanto, non può avere autonoma valenza di provvedimento decisorio e definitivo, se di tali caratteri quell’atto sia privo, stante la natura strumentale della problematica processuale e la sua idoneità a costituire oggetto di dibattito soltanto nella sede, e nei limiti, in cui sìa aperta o possa essere riaperta la discussione sul merito (Cass. SS.UU. 15 luglio 2003, n. 11026).

Nè d’altro canto il ricorso – che non avendo ad oggetto la condanna alle spese escludeva che dovesse affrontarsi tale specifica problematica – avrebbe potuto avere esito diverso ove alla fattispecie fosse stato applicabile il nuovo testo dell’art. 708 c.p.c., essendo il provvedimento emesso dalla Corte di appello in base alla nuova normativa, a sua volta, inidoneo ad acquistare carattere definitivo in senso sostanziale, ed essendo perciò inidoneo a passare in giudicato.

Nulla va statuito sulle spese non avendo la parte intimata depositato difese.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2010

 

 

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