Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14060 del 04/06/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14060 Anno 2013
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: D’AMICO PAOLO

SENTENZA
sul ricorso 4976-2010 proposto da:
MOTTO ERMANNO MTTRNN55S30E560D, nella qualità di erede
di MOTTO GIULIO DARIO, elettivamente domiciliato in
ROMA,

VIA F.

GRIMALDI

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presso

lo

studio

dell’avvocato PETITTA LEONARDO, rappresentato e difeso
dall’avvocato DEFILIPPI CLAUDIO giusta delega in atti;
– ricorrente contro

A.N.A.S. S.P.A. 80208450587, in persona del Direttore
Centrale Legale e Contenzioso Avvocato GIAN CLAUDIO
PICARDI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE

Data pubblicazione: 04/06/2013

ZEBIO 32, presso lo studio dell’avvocato FIORI PUBLIO,
che la rappresenta e difende giusta procura speciale
del dott. Notaio LEONARDO MILONE in ROMA 1/3/2010,
REP. n. 62935;

controricorrente

di GENOVA, depositata il 24/04/2009, R.G.N. 124/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/04/2013 dal Consigliere Dott. PAOLO
D’AMICO;
udito l’Avvocato CLAUDIO FEDERICO per delega;
udito l’Avvocato PUBLIO FIORI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

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avverso la sentenza n. 465/2009 della CORTE D’APPELLO

Svolgimento del processo

Giulio Dario Motto convenne in giudizio dinanzi al
Tribunale di La Spezia l’Anas esponendo che suo figlio, Remo
Luigi Motto, stava percorrendo, a bordo di una moto, la s.s. 1
Aurelia, quando a causa della presenza di sabbia e detriti

appaltato dei lavori, era caduto urtando un muretto a margine
della stessa strada.
A seguito di tale incidente Remo Luigi Motto aveva subito
lesioni che lo avevano condotto alla morte.
Per tali ragioni l’attore chiese la condanna della
convenuta al risarcimento dei danni, sia

iure proprio che iure

successionis.

L’Anas si costituì negando con vari argomenti la sua
responsabilità.
Il Tribunale rigettò la domanda attrice.
Propose appello il Motto.
L’Anas eccepì la totale infondatezza dell’impugnazione.
Il giudizio venne interrotto per la morte dell’appellante
e venne riassunto dall’erede Ermanno Motto.
La Corte d’Appello di Genova ha respinto l’appello.
Propone ricorso per cassazione Ermanno Motto nella
qualità di erede di Giulio Dario Motto con quattro motivi
assistiti da memoria.
Resiste con controricorso l’Anas.
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provenienti da un cantiere a cui la stessa Anas aveva

Motivi della decisione

Con il primo motivo parte ricorrente denuncia «Violazione
ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione alla violazione e falsa
applicazione dell’art. 61 cpc, art. 134 cpc, 11 e 24 C., vizio
di insufficienza e contraddittorietà nella motivazione quanto

Sostiene parte ricorrente che dal verbale della Polizia
Stradale era rimasta imprecisata e dunque da accertare la
causa della caduta del Motto, mentre la morte per trauma
cranico doveva ritenersi riconducibile al violento urto contro
lo zoccolo di cemento del muro di contenimento non protetto e
posto sul lato destro della carreggiata. Non accertata era
rimasta anche la causa della presenza e del “sollevamento di
detriti”.
Ad avviso del Motto l’accertamento della dinamica del
sinistro non era ricavabile dal verbale della P.S.,
trattandosi di accertamenti tecnici da effettuare con l’uso di
particolari competenze, con apposita Ctu ricostruttiva.
In altri termini, deduce il ricorrente, la decisione
della controversia dipendeva dalla soluzioni di questioni
• tecniche ed i fatti da porre a base del giudizio non potevano
né possono essere altrimenti accertati e provati, se non a
mezzo di Ctu. Ne deriva che la mancata ammissione di
quest’ultima integra violazione della legge processuale,

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all’omessa disposizione di Consulenza Tecnica.»

nonché vizio di insufficienza e contraddittorietà della
motivazione.
Il motivo è infondato.
È infatti giurisprudenza consolidata di questa Corte che
la consulenza tecnica di ufficio, non essendo qualificabile

il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella
soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze, è
sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al
prudente apprezzamento del giudice di merito (Cass., 13 marzo
2009, n. 6155).
Il suddetto mezzo d’indagine non può pertanto essere
utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova
di quanto assume e può essere legittimamente negato qualora la
parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie
allegazioni od offerte di prova, ovvero di compiere
un’indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o
circostanze non provate (Cass., 8 febbraio 2011, n. 3130).
In altri termini, la parte che deve provare i fatti
costitutivi del suo diritto non può pretendere di fornire la
prova attraverso la consulenza tecnica.
Nel caso in esame la Corte d’Appello di Genova ha
ritenuto che sono emersi in giudizio elementi probatori
significativi, come il rapporto della polizia stradale

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come mezzo di prova in senso proprio, perché volta ad aiutare

confermato dai verbalizzanti, che consentono la ricostruzione
dei fatti ed escludono la necessità della consulenza tecnica.
Tale ricostruzione dei fatti è insindacabile in sede di
legittimità.
Con il secondo motivo si denuncia «Violazione ex art. 360

degli artt. 210-213 cpc, entrambi quanto all’omessa
acquisizione della documentazione afferente le concessioni
edilizie e/o le autorizzazioni necessarie alla costruzione del
muretto di giudiziale rilievo.»
Parte ricorrente critica l’impugnata sentenza nel punto
in cui quest’ultima ha ritenuto che l’acquisizione da parte
dell’Anas dei documenti relativi al muretto, rivelatosi causa
di morte, non possa essere accolta data la mancata, precisa
indicazione del documento richiesto e la non necessità della
sua acquisizione ex art. 210 cpc.
Secondo il Motto

invece evidente la necessità

dell’acquisizione di documenti in quanto gli stessi erano
precisamente indicati e consistevano nelle concessioni
edilizie e nelle autorizzazioni necessarie alla costruzione
del detto stesso.
Il motivo è infondato.
Il rigetto da parte del giudice di merito dell’istanza di
disporre l’ordine di esibizione al fine di acquisire al
giudizio documenti ritenuti indispensabili dalla parte non è
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n. 3 c.p.c. in relazione alla violazione e falsa applicazione

infatti sindacabile in cassazione perché si tratta di
strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando
la prova del fatto non sia acquisibile

aliunde e l’iniziativa

non presenti finalità esplorative, ravvisabili allorquando
neppure la parte istante deduca elementi sulla effettiva

rilevanza nel giudizio. La valutazione della relativa
indispensabilità è rimessa al potere discrezionale del giudice
di merito e non necessita neppure di essere esplicitato nella
motivazione, il mancato esercizio di tale potere non essendo
sindacabile neppure sotto il profilo del difetto di
motivazione (Cass., 16 novembre 2010, n. 23120).
Emerge dall’impugnata sentenza: a) che la richiesta della
parte avente ad oggetto la documentazione relativa al muretto
ed in possesso dell’Anas non fa riferimento ad uno specifico
documento oggetto d’istanza di esibizione; b) che non ricorre
la necessità dell’acquisizione di detto documento.
Per

le

ragioni

sopra

esposte tale decisione è

insindacabile in sede di legittimità.
Con il terzo motivo si denuncia «Violazione ex art. 360
n. -5 c.p.c. in relazione alla omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della
controversia, quanto alla presenza di insidie sulla
carreggiata.»

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esistenza del documento e del suo contenuto per verificarne la

Sostiene parte ricorrente che era ed è in atti solo la
prova della presenza di un muro, con spigolo in asfalto
sporgente sulla carreggiata, così come di una frana sulla
medesima carreggiata alla cui rimozione non era seguito alcun
controllo dell’Anas, prima del sinistro. Né alcun dubbio è

cranico seguito al contatto fra il Motto e lo spigolo in
asfalto sporgente sulla carreggiata.
Il motivo è infondato.
La Corte infatti, sulla scorta del materiale probatorio,
ha rilevato che il fondo stradale era in buone condizioni,
privo di anomalie e di sostanze che potessero rendere lo
stesso scivoloso, mentre la curva in cui si è verificato
l’incidente era preceduta da un cartello che indicava il
pericolo di strada sdrucciolevole in caso di pioggia o neve.
Il muretto inoltre si trovava sul margine della strada,
al di là della linea bianca delimitante la corsia ed oltre il
ciglio erboso, non sporgente sulla strada stessa.
La moto su cui viaggiava la vittima presentava la
pedivella di sinistra spezzata a causa dell’eccessiva
inclinazione del mezzo e di una velocità non adeguata allo
stato dei luoghi.
Tale ricostruzione della fattispecie concreta operata
dall’impugnata sentenza congruamente motivata e non si
presta alle critiche di parte ricorrente che tende invece a
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emerso circa la riconducibilità della morte al grave trauma

proporne una diversa, senza tuttavia dimostrare un effettivo
difetto di motivazione
Con il quarto motivo si denuncia «Violazione ex art.360
n. 3 c.p.c. in relazione alla violazione degli artt. 2043 e
2051 c.c. D.M. LL.PP. 4 maggio 1990, D.M. 18 febbraio 1992, n.

Trasporti – GU n.182 del 5-8-2004), artt. 40 e 41 cp, quanto
alla presenza di insidie sulla carreggiata.»
Sostiene parte ricorrente che sussistono nella specie sia
gli elementi costitutivi della responsabilità ex art. 2043
c.c., sia quelli costitutivi della responsabilità ex art. 2051
c.c.
In particolare, secondo il Motto, l’Anas ha omesso la
manutenzione e controllo della strada nel giorno del sinistro
e non ha adottato alcun dispositivo di sicurezza in relazione
alla pericolosità in sé del muro, talché deve essere
considerata responsabile.
Il motivo è infondato.
La disciplina di cui all’art. 2051 c.c. è applicabile
agli enti pubblici proprietari o manutentori di strade aperte
al pubblico transito in riferimento a situazioni di pericolo
derivanti da una non prevedibile alterazione dello stato della
cosa; detta norma non dispensa il danneggiato dall’onere di
provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia
di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza
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223, DM 21 giugno 2004 (Ministero delle Infrastrutture e dei

normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva
posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode
offrire la prova contraria alla presunzione

iurís tantum della

sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del
caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di

imprevedibilità e di assoluta eccezionalità (Cass., 13 luglio
2011, n. 15389).
Nel caso in esame la Corte d’Appello, con indagine di
merito non sindacabile in questa sede, ha accertato: che
nell’immediatezza del luogo del sinistro non vi era alcun
cantiere; che i detriti presenti sul manto stradale erano i
frammenti di muro scagliati dall’urto della vittima contro il
muretto al margine della carreggiata; che la velocità tenuta
dal Motto non era adeguata alle caratteristiche della strada.
Manca dunque il nesso causale fra la presenza di detriti
provenienti da un cantiere e il sinistro.
Né la presenza del muretto può essere considerata una
insidia in quanto emerge dalla sentenza che lo stesso, come
risulta dalle foto e dal verbale di accertamento della polizia
stradale, si trova sul margine della strada, oltre la linea
bianca delimitante la corsia ed oltre il ciglio erboso per cui
difettano i requisiti della non prevedibilità e non
visibilità, necessari per l’applicazione dell’art. 2043 c.c.

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custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di

Il

giudice

di

merito

ha

pertanto

correttamente

considerato che la situazione di pericolo era prevedibile e
superabile con le normali cautele da parte del danneggiato, e
che lo stesso teneva una velocità non consona allo stato dei
luoghi.

le oggettive difficoltà di accertamento in fatto, tali da
incidere sulla esatta conoscibilità

a priori delle rispettive

ragioni delle parti, giustificano la compensazione delle spese
di lite del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del
giudizio di cassazione.
Roma, 9 aprile 2013

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, mentre

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