Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1406 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. lav., 22/01/2021, (ud. 27/10/2020, dep. 22/01/2021), n.1406

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30007-2017 proposto da:

P.E., M.I., M.C., M.R.,

tutte elettivamente domiciliate in ROMA, VIA FUCINI N. 63, presso lo

studio dell’avvocato CARLA MONTANARO, rappresentate e difese dagli

avvocati FRANCO VERDE, GIUSEPPE MENALE;

– ricorrenti –

contro

ANSALDOBREDA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OVIDIO n. 20, presso

lo studio dell’avvocato LUCA DI PAOLO, rappresentata e difesa

dall’avvocato FRANCESCO CASTIGLIONE;

– controricorrente –

e contro

ALLIANZ S.P.A., (già RAS S.p.A.), UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A.

già denominata Fondiaria-Sai S.p.A. quale incorporante di Unipol

Assicurazioni S.p.A., COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI DI MILANO S.P.A.,

GENERALI ITALIA S.P.A. già Assicurazioni Generali S.p.A.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 4915/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 19/07/2017 R.G.N. 1368/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/10/2020 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – Con sentenza n. 4915 depositata il 19.7.2017 la Corte di appello di Napoli, in sede di rinvio a seguito della pronuncia di questa Corte n. 3074 del 2016, liquidava a P.E., M.C., M.I., M.R. (quali eredi di Mo.Ca.), la somma di Euro 42.800,00 a titolo di danno biologico e di Euro 21.400,00 a titolo di danno morale, per il pregiudizio subito dal congiunto deceduto il (OMISSIS) per neoplasia peritoneale insorta in correlazione all’attività lavorativa di “conduttore elettrico” e poi “cabinista elettrico” svolta dal 1960 al 1992, da ultimo presso la società Ansaldobreda s.p.a.;

2. La Corte territoriale – effettuato il richiamo dei presupposti di fatto così come allegati nel ricorso introduttivo del giudizio proposto iure hereditatis dagli aventi causa ed accertati in via definitiva nella fase di merito – ha rilevato l’erroneo richiamo, nei conteggi depositati dai ricorrenti, delle tabelle “da invalidità permanente” del Tribunale di Milano, anzichè di quelle per “l’invalidità temporanea assoluta e totale” (trattandosi di lavoratore deceduto 7 mesi dopo la diagnosi), ed ha, quindi, proceduto alla liquidazione del danno biologico e del danno morale; ha, infine, compensato per metà le spese di lite e condannato la società Ansaldobreda al pagamento delle spese di lite con riguardo a tutte le fase del giudizio, liquidando Euro 1.500,00 per il primo grado, Euro 2.000,00 per il secondo grado, Euro 1.500,00 per il giudizio di Cassazione ed Euro 2.000,00 per il giudizio di rinvio;

3. Avverso la sentenza, P.E., M.C., M.I., M.R. propongono ricorso per Cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati da memoria. La società Ansaldobreda s.p.a. resiste con controricorso. Le società Allianz s.p.a., Milano Assicurazioni s.p.a., UnipolSai s.p.a. e Generali Assicurazioni s.p.a. sono rimaste intimate.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo ed il secondo motivo, le ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione degli artt. 2 e 32 Cost.artt. 1223,1226,2043,2053,2056,2059,2087,2697 c.c., art. 1 Carta di Nizza, nonchè della L. n. 290 del 2001 dovendo, la Corte territoriale, calcolare il danno biologico sulla base delle tabelle del Tribunale di Milano per “l’invalidità permanente” e, ove si ritenesse corretto il calcolo effettuato dal giudice di merito, il periodo di invalidità temporanea, assoluta e totale, dovrebbe decorrere dalla data di cessazione del rapporto di lavoro (16.6.1992), rappresentando – la diagnosi di carcinoma effettuata il (OMISSIS) – solamente il momento dell’aggravamento della patologia;

2. con il terzo motivo di ricorso si deduce omessa esame e valutazione di un fatto storico decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo, la Corte territoriale, trascurato, con riguardo al danno morale, la sovrumana sofferenza psichica a cui è stato sottoposto il de cuius nella consapevolezza dell’approssimarsi della morte;

3. con il quarto motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza per omessa pronuncia su questioni sollevate in giudizio e per motivazione inesistente o apparente, ai sensi degli artt. 112 e 132 c.p.c. e in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo, la Corte territoriale, trascurato di procedere alla personalizzazione del danno non patrimoniale parametrata alla specificità del caso;

4. con il quinto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.M. 8 aprile 2004, del D.M. n. 55 del 2014 e dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo, la Corte territoriale, proceduto a liquidare le spese di lite a carico del soccombente (una volta compensato per metà le spese per tutti i gradi di giudizio) trascurando le tariffe minime e medie delle tariffe professionali “in relazione al valore della causa, alla complessità e,a tutte le fasi e gradi di giudizio espletati”, avuto riguardo ai giudizi di valore indeterminabile, anche se di bassa complessità;

5. i primi tre motivi di ricorso sono in parte inammissibili e in parte infondati;

6. il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito; ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata mediante mera contrapposizione del parametro di liquidazione che si lamenta essere stato violato (cfr., in particolare, primo e terzo motivo);

7. in ordine ai criteri di liquidazione applicati, la Corte territoriale – che ha considerato il periodo temporale intercorrente tra la data della diagnosi nefasta e quella della mote, applicando il valore massimo dell’indennità giornaliera previsto dalle tabelle del Tribunale di Milano, equitativamente aumentato di un importo aggiuntivo (convenzionalmente denominato “fattore 4”) – si è conformata all’orientamento consolidato di questa Corte che ha affermato come il danno subito dalla vittima, nell’ipotesi in cui la morte sopravvenga dopo apprezzabile lasso di tempo dall’evento lesivo, è configurabile e trasmissibile agli eredi nella duplice componente di danno biologico “terminale”, cioè di danno biologico da invalidità temporanea assoluta, e di danno morale consistente nella sofferenza patita dal danneggiato che lucidamente e coscientemente assiste allo spegnersi della propria vita; la liquidazione equitativa del danno in questione va effettuata commisurando la componente del danno biologico all’indennizzo da invalidità temporanea assoluta e valutando la componente morale del danno non patrimoniale mediante una personalizzazione che tenga conto dell’entità e dell’intensità delle conseguenze derivanti dalla lesione della salute in vista del prevedibile “exitus” (cfr. da ultimo, Cass. n. 17577 del 2019);

8. invero, esclusa da Cass. SS.UU. n. 15350 del 2015 la risarcibilità iure hereditatis di un danno da perdita della vita, questa Corte ha ritenuto configurabile e trasmissibile il danno subito dalla vittima nell’ipotesi in cui la morte sopravvenga dopo apprezzabile lasso di tempo dall’evento lesivo nella duplice componente di danno biologico “terminale”, cioè di danno biologico da invalidità temporanea assoluta (Cass. n. 26727 del 2018; Cass. n. 21060 del 2016; Cass. n. 23183 del 2014; Cass. n. 22218 del 2014), e di danno morale consistente nella sofferenza patita dalla vittima che lucidamente e coscientemente assiste allo spegnersi della propria vita (Cass. n. 13537 del 2014; Cass. n. 7126 del 2013; Cass. n. 2564 del 2012);

9. errano, pertanto, le parti ricorrenti allorquando lamentano che la Corte territoriale avrebbe parametrato la liquidazione del danno all’invalidità tempornea assoluta nonchè all’intervallo temporale tra la manifestazione della malattia e la morte ed avrebbe trascurato il danno morale; infatti la decisione, da un lato, è conforme all’indirizzo di questa Corte che commisura la componente del danno biologico “terminale” all’indennizzo da invalidità temporanea assoluta e, dall’altro, ha provveduto a valutare la componente morale del danno non patrimoniale mediante una personalizzazione che ha espressamente tenuto conto della evoluzione della patologia e (del) grado di sofferenza patita, quindi scevra da automatismi e correlata alle circostanze del caso concreto, con criterio equitativo ragionevole la cui misura non è suscettibile di sindacato ad opera di questa Corte senza sconfinare in una sostituzione nell’apprezzamento riservato ai giudici del merito;

10. il quarto motivo di ricorso è inammissibile in quanto prospettato con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere (anche in estratto) nel ricorso il contenuto dell’atto introduttivo del giudizio ove erano (o avrebbero dovuto essere tempestivamente) evidenziate le specifiche circostanze peculiari che avevano connotato la patologia e la sofferenza del de cuius, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4;

11. invero, secondo consolidato orientamento di questa Corte, nella liquidazione del danno non patrimoniale, in difetto di diverse previsioni normative e salvo che ricorrano circostanze affatto peculiari, devono trovare applicazione i parametri tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano successivamente all’esit o delle pronunzie delle Sezioni Unite del 2008, in quanto determinano il valore finale del punto utile al calcolo del danno biologico da invalidità permanente tenendo conto di tutte le componenti non patrimoniali, compresa quella già qualificata in termini di “danno morale” la quale, nei sistemi tabellari precedenti veniva invece liquidata separatamente, mentre nella versione tabellare successiva all’anno 2011 viene inclusa nel punto base, così da operare non sulla percentuale di invalidità, bensì con aumento equitativo della corrispondente quantificazione; il giudice, in presenza di specifiche circostanze di fatto, che valgano a superare le conseguenze ordinarie già previste e compensate nella liquidazione forfettaria assicurata dalle previsioni tabellari, può procedere alla personalizzazione del danno entro le percentuali massime di aumento previste nelle stesse tabelle, dando adeguatamente conto nella motivazione della sussistenza di peculiari ragioni di apprezzamento meritevoli di tradursi in una differente (più ricca, e dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari (Cass. n. 11754 del 2018);

12. il ricorso non indica nè richiama quelle circostanze di fatto collegate alla “irripetibile singolarità dell’esperienza di vita individuale caratterizzata da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore o all’uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per sè tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento” (Cass. n. 11754 del 2018) e meritevoli, dunque, di tradursi in una differente (più ampia) considerazione in termini monetari;

13. il quinto motivo di ricorso merita accoglimento posto che la censura, anche facendo riferimento all’invocato (minor) scaglione tariffario delle cause di valore indeterminato (rispetto al criterio della somma concretamente attribuita alla parte vincitrice, come sancito dal D.M. n. 55 del 2014, art. 5, comma 1, terzo periodo) e alla compensazione per metà delle spese di lite (come indicato nel dispositivo della sentenza impugnata), ha liquidato somme che si collocano al di sotto dei minimi professionali, anche volendo utilizzare il potere discrezionale del giudice di diminuire del 50% i valori medi delle tabelle tariffarie (previsto dall’art. 4, comma 1, secondo periodo medesimo D.M.);

14. all’uopo, in sintonia con la censura avanzata dal ricorrente (che ha chiesto l’applicazione del D.M. n. 55 del 2014), va rammentato l’approdo delle Sezioni Unite di questa Corte di Cassazione (sentenza n. 17405 del 2012) in base al quale le disposizioni del D.M. n. 140 del 2012 (che ha determinato i parametri ai quali devono esser commisurati i compensi dei professionisti, in luogo delle abrogate tariffe professionali) sono destinate a trovare applicazione quando la liquidazione sia operata da un organo giurisdizionale in epoca successiva all’entrata in vigore del medesimo decreto; tale principio, del tutto condivisibile e confermato, tra le altre, da Cass. nn. 13628 del 2015, 10520 del 2018, n. 12093 del 2018 e 27237 del 2018, va applicato anche alla fattispecie in esame ove si tratta di individuare il regime applicabile in caso di liquidazione effettuata, a seguito di riforma della sentenza di secondo grado, successivamente alla entrata in vigore del D.M. n. 55 del 2014 e, quindi, in ipotesi in cui l’attività del professionista (seppure iniziata e svoltasi, in parte, prima del mese di marzo del 2014) non era ancora cessata al momento della liquidazione;

15. a ciò consegue che il giudice di rinvio, posto che la sentenza ora impugnata è stata pronunciata il 4.6.2017 ed è successiva all’entrata in vigore del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, dovrà liquidare le spese di lite oggetto del giudizio di primo grado, di appello, e di legittimità secondo i parametri introdotti dal suddetto decreto n. 55;

16. in conclusione, va accolto il quinto motivo di ricorso, rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione, che provvederà altresì alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso e rigetta tutti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà alla liquidazione delle spese di lite relative a tutti i gradi di giudizio.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

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