Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14058 del 11/06/2010

Cassazione civile sez. I, 11/06/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 11/06/2010), n.14058

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12592-2006 proposto da:

B.T. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente in caso di

diffusione del domiciliato in ROMA, VIA SALARIA 227, presso

l’avvocato IASONNA STEFANIA, rappresentato e difeso dall’avvocato

PROCACCINI ERNESTO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.P. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA PORTUENSE 104, presso DE ANGELIS ANTONIA, rappresentata

e difesa dagli avvocati VIOLANTE RUGGI D’ARAGONA GIANCARLO, AMOROSO

STEFANIA, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 153/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/01/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’11/05/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FELICETTI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato SABATO PERNA, con delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato GIANCARLO VIOLANTE che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA AURELIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. C.P. con ricorso al tribunale di Napoli chiedeva che fosse pronunciata la separazione dal marito, B.T., con addebito a suo carico, l’attribuzione di un assegno di mantenimento per le figlie e l’assegnazione della casa coniugale. Il B. si costituiva, chiedendo che la separazione fosse pronunciata con addebito a carico della moglie ed il rigetto delle altre domande, essendo le figlie economicamente autonome. Il tribunale, con sentenza del febbraio 2005, pronunciava la separazione con addebito a carico del B., stabiliva un assegno di mantenimento per due delle tre figlie di Euro 400,00 mensili e assegnava alla moglie la casa coniugale. Il B. proponeva appello, che veniva rigettato con sentenza della Corte d’appello di Napoli notificata al B. il 15 febbraio 2006. Avverso tale sentenza il B. ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato il 10 aprile 2006 formulando due motivi. La C. resiste con controricorso notificato il 15 maggio 2006. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denunciano la violazione degli artt. 100, 116, 244, 246, 251 e segg. c.p.c., artt. 151 e ss. e art. 2697 cod. civ. e vizi motivazionali. Si deduce: a) che la pronuncia di addebito si fonda sulle dichiarazioni della figlia C. ed erroneamente la Corte d’appello non avrebbe dato rilievo alla circostanza che essa era stata ascoltata senza che avesse prestato la prescritta formula d’impegno e che essa, avendo un interesse alla causa, non poteva essere considerata attendibile; b) che a integrazione di tale testimonianza la Corte di merito fa riferimento unicamente a due testimoni “de relato actoris”, che secondo la giurisprudenza non hanno alcun valore probatorio; c) che la Corte d’appello contraddittoriamente non avrebbe dato rilievo alle deposizioni “de relato” dei testi indicati da esso ricorrente, anche sulla relazione extraconiugale della moglie, omettendo anche di dare una valutazione complessiva ai reciproci comportamenti dei coniugi.

Il motivo è infondato.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte l’omissione del giuramento previsto dal testo originario dell’art. 251 c.p.c. – ed ora della formula d’impegno da esso prevista dopo la dichiarazione d’incostituzionalità pronunciata dalla sentenza n. 149 del 1995 della Corte costituzionale – da parte dei testimoni non implica la nullità della prova testimoniale (da ultimo Cass. 24 ottobre 2007, n. 22330). Inoltre le testimonianze “de relato ex parte actoris” nelle cause matrimoniali possono concorrere a formare il convincimento del giudice, in correlazione ad altre risultanze probatorie, ove le risultanze riguardino comportamenti intimi o riservati che, svolgendosi in ambito familiare, siano difficilmente suscettibili di prova diretta (Cass. 14 febbraio 2008, n. 3709; 8 febbraio 2006, n. 2815). Ne deriva l’infondatezza del motivo per la parte con la quale si deducono vizi di diritto. Mentre il motivo deve essere dichiarato inammissibile per il profilo attinente alla valutazione della prova e dell’attendibilità dei testi da parte della Corte d’appello, insindacabile in questa sede.

2. Con il secondo motivo si denunciano la violazione degli artt. 149, 151, 155 e 156 cod. civ., artt. 99 e 116 c.p.c., nonchè vizi motivazionali, deducendosi che la Corte d’appello, nell’assegnare la casa coniugale alla moglie, avrebbe omesso di valutare le condizioni economiche e di salute di esso ricorrente, mentre le figlie sarebbero economicamente autosufficienti,- risultando che esse danno lezioni private ed avendo la figlia M. conseguito la laurea.

Quanto al rigetto della domanda di assegnazione della casa coniugale, di proprietà della moglie, il motivo è infondato, poichè secondo la previsione normativa sia dell’art. 155 cod. civ., sia del sopravvenuto art. 155 quater cod. civ. non poteva essere assegnata al marito, con il quale non vivono nè figli minori nè figli maggiorenni economicamente non autosufficienti (Cass. 23 novembre 2007, n. 24407; 24 luglio 2007, n. 16398; 22 marzo 2007, n. 6979), escludendolo espressamente entrambe tali norme. Mentre è inammissibile la censura relativa alla non autosufficienza economica delle due figlie per le quali è stato previsto un assegno di mantenimento, sostanziandosi nella critica della valutazione della Corte di merito, incensurabile in questa sede, secondo la quale la circostanza che dessero lezioni private di per sè non è prova di autosufficienza economica.

Il ricorso deve quindi essere respinto con la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida nella misura di Euro duemiladuecento, di cui Euro duecento per spese vive, oltre spese generali e accessori come per legge. In caso di divulgazione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri elementi identificativi delle parti e delle figlie menzionate in motivazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2010

 

 

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